Il vinile non è meglio del CD. E il CD non è meglio del vinile. Sono due formati molto diversi e difficili da paragonare, ognuno con le proprie forze e debolezze. Eppure il mito della superiorità assoluta del vinile come formato esiste, senza però che ci siano prove a sostegno di questa teoria.
Per celebrare il Record Store Day, il giorno in cui in tutto il mondo si festeggiano i negozi di dischi e i dischi in generale, Vox (il nuovo sito di informazione del gruppo che pubblica The Verge e SB Nation) ha messo insieme un articolo in cui cerca di sfatare una volta per tutte questa leggenda. Ne abbiamo ripreso alcuni ragionamenti, aggiungendo un po’ di altre informazioni rilevanti.
Analogico e digitale, un breve riassunto
Da dove arriva la leggenda della superiorità del vinile? Da una differenza fondamentale tra i metodi di registrazione del suono sul supporto fisico. Da una parte abbiamo un suono analogico, e dall’altra un suono digitale. Ma cosa vuol dire?
Come funziona un vinile? Il suono registrato sul vinile è analogico, esattamente come quello che viene suonato nello studio di registrazione. Semplificando molto, una puntina particolare scava in una membrana (che poi diventa il disco master, che fa da punto di partenza per tutte le copie del vinile) un solco che rappresenta il suono. Senza approssimazioni.
Come si sente? La puntina del giradischi passa nei solchi del vinile che, a seconda della forma che hanno, producono delle vibrazioni che vengono ritrasformate in suono. A occhio nudo tutti i vinili sembrano simili ma, in realtà, ogni cerchio del disco è scavato in modo diverso e ogni curva o increspatura del solco in cui corre la puntina è un pezzetto di una canzone.
I solchi dei vinili visti al microscopio da Tim Sanders per il suo progetto Microscopic Vinyl Record Grooves
Come funziona un Compact Disc? Il suono registrato sui Compact Disc è digitale. Per ogni secondo di suono vengono registrati 44.100 campioni e ogni campione è a 16-bit, ovvero il suono di quel campione viene scelto tra 65.536 possibili valori. Il suono viene spezzettato in tante piccolissime parti che messe una dietro l’altra danno al nostro orecchio la stessa sensazione che dà il suono vero — che è analogico. Un paragone sensato potrebbe essere quello della stampa digitale: se guardiamo molto da vicino un’immagine stampata ci accorgiamo che è fatta di una serie di puntini messi così vicini gli uni agli altri che il nostro occhio non riesce a distinguerli.
Come si sente? Il lettore ottico del lettore CD legge i dati salvati sul disco e li converte in un segnale audio analogico. C’è quindi un doppio passaggio: l’audio analogico suonato nello studio di registrazione viene trasformato in audio digitale su CD, che poi viene ritrasformato in audio analogico quando viene riprodotto.
Insomma, almeno sulla carta il vinile vince. Se da una parte eliminiamo anche solo pochissime informazioni sul suono e dall’altra abbiamo tutto quanto il suono, allora il vinile è chiaramente migliore. Non proprio. I 44.100 campioni dei Compact Disc non sono lì a caso: sono il doppio delle frequenze che l’orecchio umano è in grado di sentire. E secondo il teorema del campionamento di Nyquist-Shannon, con questa quantità di informazioni, il digitale e l’analogico sono matematicamente equivalenti.
In più, un studio giapponese ha dimostrato che in una prova alla cieca, non riusciamo a cogliere la differenza tra suoni che superano i 22.000 Hertz e quelli che ne hanno esattamente 22.000. Per intenderci: quando parliamo di suoni sopra i 20.000 Herz, parliamo di ultrasuoni. Forse un cane potrebbe sentire la differenza tra un CD e vinile, ma pare che noi umani non ce la facciamo.
Nonostante questo, molti continuano ad associare al vinile l’idea di miglior suono possibile, anche se è stato dimostrato che è un supporto, almeno in parte, più limitato del CD.
I problemi del vinile
Il più grosso problema che ha il vinile è con la gamma dinamica, ovvero la distanza in decibel (dB) tra il suono più basso e il suono più alto che può riprodurre. Su uno dei più grandi forum di audiofili del mondo, hydrogenaudio, spiegano che in condizioni normali la distanza tra il suono più basso e il suono più alto di una registrazione su vinile è di 80 dB e che in condizioni ideali potrebbe arrivare al massimo 120 dB. Sul CD, questa distanza è di 150 dB. Vuol dire che un suono particolarmente basso e un suono particolarmente alto non possono essere registrati su vinile, nemmeno volendo.
I motivi di questa limitazione sono molto molto semplici e hanno a che fare con come è fatto fisicamente il disco. I suoni troppo bassi hanno un problema su vinile: per inciderli bisogna allargare molto il solco dentro cui si muove la puntina, riducendo così di parecchio la quantità di musica sul disco. E anche i suoni troppo alti hanno un problema, perché per suonarli la puntina rischia di muoversi troppo velocemente e di causare distorsioni nel modo in cui viene riprodotto il suono (che, ricordiamolo, su vinile è tutta una questione di vibrazioni). Così, l’associazione americana dell’industria discografica ha creato uno standard (l’equalizzazione RIAA) che impone la riduzione della gamma dinamica per non causare problemi né con la riproduzione, né con la quantità di musica che si può registrare su un disco.
E poi c’è il grande aspetto di come suona il vinile. Spesso si sente dire che il vinile ha un suono più “caldo” e “morbido” rispetto a quello del CD. Mark Richardson di Pitchfork dice che «il “calore” che molte persone associano ai vinili può essere generalmente associato alla minore accuratezza dei suoni bassi» (per i motivi di sopra). Mentre il professor Stanley Lipshitz, che si occupa di elettroacustica all’università di Waterloo, ha detto a PopSci che quello che persone scambiano per “calore” del suono è in realtà la vibrazione del disco causata dalla puntina, che finisce per essere aggiunta alla musica e crea quella “pienezza” del suono che viene spesso associata al vinile. «Alcune persone confondono questa cosa per una virtù», dice Lipshitz.
Una cosa va detta: all’inizio i Compact Disc suonavano veramente peggio rispetto ai vinili. Quando, nella seconda metà degli anni Ottanta, iniziarono a essere pubblicati i primi CD, le tracce che ci venivano registrate sopra erano le stesse che erano state preparate per i vinili. E, ovviamente, su CD suonavano peggio. Ma ora quei tempi sono passati e, semmai, succede il contrario. Capita spesso che le registrazioni (o, meglio, le masterizzazioni) usate per le versioni in vinile di dischi appena usciti siano le stesse usate per i CD, con tutti i problemi descritti sopra.
E con i file audio digitali?
Ora la domanda è: e con i file audio digitali? Qui, finalmente, hanno ragione quelli del vinile. E anche quelli del CD. Entrambi i formati hanno una qualità audio superiore rispetto ai file che di solito scarichiamo dai negozi digitali come iTunes o che ascoltiamo in streaming da servizi come Spotify. Il motivo è semplice: con i file audio digitali come il formato .mp3, è stata fatta una scelta in qui la qualità audio viene sacrificata per ridurre il peso in Megabyte dei file. E quindi la qualità audio è parecchio peggiore, anche se spesso non ce ne accorgiamo nemmeno.
Foto di copertina di Sami Pyylampi da Flickr, pubblicata sotto licenza Creative Commons by-sa 2.0