Sale di livello lo scontro tra i magistrati della procura di Milano, sempre più alle strette dopo la denuncia di Alfredo Robledo al Csm per le “irregolarità” che avrebbe commesso il capo Edmondo Bruti Liberati sull’assegnazione di alcune inchieste, tra cui quella su Sea e il caso Ruby. Nelle prossime settimane — non senza difficoltà per le divisioni anche politiche nelle varie commissioni — saranno sentiti a palazzo dei Marescialli Francesco Greco e Ilda Boccassini, quelli che alcuni considerano nel “cerchio magico” di Bruti Liberati, tra i protagonisti della querelle giudiziaria. Mentre la magistratura affronta una delle campagne elettorali più tese in vista del rinnovo del Consiglio Superiore della Magistratura, mentre il valzer dei capi procuratore non è ancora concluso, nelle prossime due settimane a palazzo dei Marescialli andranno quindi in onda i nuovi capitoli dello scontro tra le toghe del Palazzaccio milanese. La VII Commissione del Csm — quella che verifica «le condizioni di direzione e organizzazione degli uffici giudiziari» — ha infatti deciso di convocare e sentire anche il procuratore aggiunto di Milano Boccassini sulla vicenda che vede Bruti Liberati e Robledo ai ferri corti ormai da quasi tre anni.
Non solo. Il Csm ha convocato pure Nunzia Gatto, a capo dell’Ufficio Esecuzione della stessa Procura, tirata in ballo nei documenti presentati da Robledo al Csm. Le due parleranno il prossimo 12 maggio a palazzo dei Marescialli. Ma c’è una piccola premessa. Perché il 6, la prossima settimana, a essere interrogato dalla VII Commissione sarà pure Filippo Spiezia, della Direzione Nazionale Antimafia, che criticò la Boccassini nella relazione annuale e che adesso non è più a Milano. In sostanza il Csm ha deciso di andare più a fondo, di scavare nella procura resa famosa da Tangentopoli e ormai diventata un crocevia di veleni. Spiezia, fino all’anno scorso, aveva la competenza di occuparsi del tribunale meneghino come consigliere della Dna. Dialogava tutti i giorni con i componenti della Dda. E in quella relazione, oltre agli elogi, scrisse nero su bianco una critica che già due magistrati storici come Francesco Saverio Borrelli e Giancarlo Caselli avevano mosso a Ilda la Rossa: il fatto di non fidarsi di nessuno e di collaborare poco.
Scriveva Spiezia, spiegando la mancata “popolazione” delle banche dati ovvero lo scambio di informazioni e collaborazione: «In tal modo la Direzione Nazionale Antimafia, è posta nell’impossibilità di cogliere tempestivamente ed in modo sostanziale i nessi e i collegamenti investigativi tra le altre indagini in corso sul territorio nazionale presentanti profili di collegamento con quelle condotte dalla Dda di Milano. Ove ciò è accaduto, è stato frutto di evenienze episodiche ed occasionali. Analoghe problematiche riguardano lo scambio informativo all’interno dello stesso ufficio interessato, perché le notizie relative alle indagini dei singoli procedimenti non risultano essere patrimonio comune di tutti i magistrati componenti la Dda». Parole di fuoco che furono spente con la decisione di Franco Roberti, numero uno della Dna, in accordo con Spiezia, di allontanarlo dal capoluogo lombardo. In realtà, come anche i quotidiani raccontarano, fu proprio la Boccassini a lamentarsi della relazione, di fronte appunto a Bruti Liberati. A faide si aggiungono nuove faide. Non è stato semplice far passare nelle commissioni del governo autonomo della magistratura la richiesta delle varie audizioni. Sono tutte passate sul filo di lana. L’audizione di Francesco Greco è passata per un soffio in I commissione, con tre voti a favore, due contrari e un’astensione.
Il Csm, per cercare di dirimere la situazione, anche se sarà difficile dato che è in scadenza, segue in pratica i documenti presentati da Robledo. Nella lettera che fu depositata durante l’audizione, il procuratore parlava dello scontro con Robledo, facendo riferimento all’incontro del 14 marzo del 2010 con Greco e la Boccassini e alle scelte “politiche” di Bruti Liberati. «Gli ho fatto presente» scriveva Robledo «che tale suddivisioni di compiti non mi vedeva d’accordo e il collega Bruti, cambiando tono, mi ha detto: “Ricordati che sei stato nominato aggiunto per un solo voto di scarto e che questo è un voto di Magistratura Democratica. Avrei potuto dire a uno dei miei colleghi al Csm che Robledo mi rompeva i coglioni e di andare a fare la pipì al momento del voto, così sarebbe stata nominata la Gatto (Nunzia, ndr), che poi avremmo sbattuto all’esecuzione”». Prosegue la lettera di Robledo: «Sono rimasto esterrefatto per tali affermazioni e ho detto che non capivo che c’entrava un discorso correntizio con gli argomenti in discussione, facendo presente che io non ero iscritto ad alcuna corrente e che questo non poteva significare che dovessi subire imposizioni… In risposta, mi ha detto: “Questo è il mondo, e tutti sappiamo che va così”». Ora sarà il Csm a decidere.