Province, dopo l’abolizione il problema dei dipendenti

Incerto il futuro dei tanti precari

Sì ai prepensionamenti, no alla stabilizzazione dei precari. Potrebbe succedere nei prossimi mesi alla Provincia de La Spezia, e – secondo la Funzione Pubblica Cgil – anche nelle tante altre province appena abolite. Questo mentre il governo si divide sulla necessità di far uscire i lavoratori più anziani dalla pubblica amministrazione per far entrare i giovani. Nella città ligure i primi dovrebbero andarsene, ma i secondi rischiano di restare fuori.

Un altro caso significativo riguarda il Comune di Novara, che ha già iniziato a prepensionare. I primi dipendenti interessati sono rimasti senza assegno, perché l’Inps starebbe aspettando istruzioni dal governo. Per ora ricevono somme mensili dal municipio, in attesa che a Roma la situazione si sblocchi. In ogni caso il loro posto non dovrebbe essere preso dai lavoratori a tempo determinato, insomma: niente staffetta neppure nella città piemontese.

Negli ultimi anni la pubblica amministrazione italiana ha perso centinaia di migliaia di addetti, e centinaia di migliaia sono i precari in forza attualmente. Limitandosi alle province, al momento 12mila dei loro 58mila dipendenti avrebbero i requisiti per essere pre-pensionati, a fronte di 3mila lavoratori a tempo determinato che sembrano avere un futuro incerto. Molti sono impegnati in centri per l’impiego e formazione: in quei settori si è formato anche un coordinamento nazionale di precari, nato quando è iniziato il percorso di riforma che ha portato alla legge Delrio. Per queste persone, come per tutte quelle che gravitano attorno al lavoro pubblico, lo scenario rischia di essere diverso da quelli accennati dalle ministre Madia e Giannini. Schematizzando, la prima dice «anziani a casa, dentro i giovani»; la seconda «dentro i giovani senza far uscire gli anziani». E se restassero fuori sia gli uni che gli altri?

Tra Liguria e Piemonte
Nicola Cecchini è segretario della Cisl Funzione Pubblica de La Spezia. «Trentacinque dipendenti provinciali dovrebbero essere prepensionati entro fine 2016», dice. Dall’altra parte ci sono decine di precari che rischiano non solo di non essere stabilizzati, ma addirittura di rimanere a casa. «Parliamo di 53 persone», dice Giorgio Raso, responsabile Enti Locali per la sezione territoriale del sindacato. «La maggioranza di questi lavoratori è assunta in centri per l’impiego e formazione. Credo che i più “anziani” abbiano firmato il primo contratto nel 2007». Viene da chiedersi perché non vadano a sostituire chi andrà in pensione. «Si tratta di due rivoli di finanziamento diversi, che non possono confluire in un fiume unico», spiega Cecchini. «I prepensionamenti sono legati alla scarsità di risorse ordinarie. I precari invece sono sostenuti da fondi europei, non utilizzabili per il personale di ruolo». Che fine faranno i lavoratori a termine con lo “svuotamento” delle province? «Serve una norma nazionale per stabilizzarli. Al momento c’è grande incertezza».

Duecentocinquanta chilometri più a nord, i prepensionamenti progettati sono 111. «In tutto i dipendenti del Comune di Novara sono circa 800», dice Stefano De Grandis, sindacalista della Uil Federazione Poteri Locali. «Dieci persone hanno lasciato il lavoro a fine 2013, ma finora l’Inps si è rifiutata di pagare le loro pensioni. Il municipio si è fatto carico della situazione finché non si sbloccherà, e fino ad allora si è impegnato a non procedere con gli altri esuberi programmati». Anche in questo caso non ci dovrebbe essere nessuna staffetta con chi oggi ha un contratto a tempo determinato. «La legge impedisce di sostituire questi lavoratori che se ne vanno».

Il quadro generale
Quali norme permettono i prepensionamenti avviati a La Spezia e Novara? E quali impediscono l’assunzione dei precari? «In entrambi i casi si tratta della spending review», dice Luigino Baldini, coordinatore nazionale Enti Locali per la Funzione Pubblica Cgil. «Da una parte consente di mandar via i più anziani dopo aver stabilito quanti sono gli esuberi. Allo stesso tempo vieta di sostituire chi se ne va, e questo scoraggia le istituzioni che vorrebbero pre-pensionare. Va anche detto che i parametri necessari per dichiarare gli esuberi – popolazione, servizi, numero di dipendenti – non sono mai stati definiti». Non a caso la Uil Federazione Poteri Locali di Novara dice che i 111 addetti “in eccesso” individuati dal Comune sono frutto di un’analisi «unilaterale» del municipio.

«Ciò che succede a La Spezia potrebbe accadere in tantissime province», avverte Rossana Dettori, leader della Funzione Pubblica Cgil. «Da un lato hai le ipotesi di pre-pensionamento, con il rischio enorme di costruire un’altra vicenda esodati. Dall’altro ci sono 130mila precari della pubblica amministrazione, che magari ci lavorano da 15 anni. Quelli impiegati nelle Province non sanno che fine faranno con la riforma Delrio». Dettori precisa che i 130mila precari di cui parla non comprendono quelli della scuola, che secondo la Cgil di categoria sarebbero altrettanti. Insomma, le persone dal futuro incerto sarebbero oltre 250mila, a fronte di 300mila posti che – dice la sindacalista – sono andati persi nel settore pubblico negli ultimi 10 anni. Numeri che suggerirebbero un ingresso di forze fresche per riempire i vuoti.

Anche i numeri delle sole province fanno pensare alla possibilità di una staffetta. Secondo la Funzione Pubblica Cgil, i loro dipendenti sono circa 58mila: più o meno 12mila avrebbero i requisiti per essere pre-pensionati, mentre circa 3mila sono a tempo determinato. A questi ultimi vanno sommati i lavoratori con contratti che offrono ancora meno tutele. Una parte importante degli addetti provinciali è impegnata in centri per l’impiego e formazione, attività per cui a Firenze è nato un coordinamento di precari, prima a livello cittadino, poi regionale e ora nazionale. Al momento ne fanno parte lavoratori di 28 amministrazioni, circa un quarto del totale.

«Ci siamo formati quando si è iniziato a parlare di abolizione dei nostri enti», dice Alfonso Figliuzzi, che lavora nel capoluogo toscano. «Nella mia regione un addetto su due del settore è precario. Nella mia città oltre uno su tre. Nel mio ufficio ci sono due contratti a tempo indeterminato su nove posti». Alfonso racconta di essere entrato 13 anni fa, e il suo caso non sarebbe un’eccezione. «A Firenze i precari meno ‘esperti’ sono in campo dal 2007». Al momento il blog del Coordinamento parla di 1081 lavoratori temporanei sparsi in tutta Italia, a cui andrebbero sommati quelli delle Province non aderenti. «I politici che hanno sostenuto l’abolizione dei nostri enti non ci hanno ancora spiegato con chiarezza a chi andranno le funzioni, e di conseguenza i dipendenti». Alfonso cita indiscrezioni da Roma secondo cui nascerà un’agenzia nazionale su formazione e lavoro. Ma non può sapere se lui e gli altri precari pubblici saranno stabilizzati, né se questo sarà permesso dall’uscita dei lavoratori più anziani.