La recente visita in Crimea del primo ministro russo Dmitry Medvedev ha mostrato a tutti che la Russia rimarrà ferma sulle sue posizioni, ma il fatto che sia stato il membro “più giovane” del tandem ad andare nelle terre “storicamente russe” acquisite di recente sembra lasciare spazio alla negoziazione.
Mentre a livello internazionale l’annessione della Crimea pone più domande che risposte, per i russi tutto è chiaro come il sole. La maggioranza della popolazione ha accolto favorevolmente l’annessione, considerandola una restaurazione della giustizia storica e una sorta di ricostruzione della madre patria. È interessante notare che anche quelli che non si considerano fedeli sostenitori di Vladimir Putin sono entusiasti di questo specifico caso di affermazione del potere da parte del leader russo. Il suo atteggiamento fermo nei confronti dell’Occidente in generale, e degli Stati Uniti in particolare, ha fatto percepire al popolo russo ancora una volta di vivere in un Paese forte. La politica di Gorbaciov, molto impopolare in Russia, che mirava a trovare un compromesso con l’Occidente con tutti i mezzi possibili anche contro gli interessi della Russia, è sempre stata considerata una debolezza, e il suo ricordo è ancora forte in Russia.
Gli eventi in Ucraina hanno fatto rivivere ai russi la storica e tradizionale sensazione di essere circondati da nemici diventati, col passare dei secoli, una condizione naturale e una parte della loro identità, che servono come una sorta di fattore di consolidamento e garantiscono la stabilità interna e la legittimità al governo.
I russi preferiscono vivere in questa condizione piuttosto che vedere il loro leader “flirtare” con i poteri occidentali. Così, per quanto attiene la legittimità di Putin all’interno del Paese, non può che essere riaffermata.
Il ritorno del nazionalismo russo ha diviso la società in due parti: la parte di religione cristiano-ortodossa e i nostalgici del passato sovietico. A prima vista sembrano essere opposti, ma i loro interessi coincidono quando si tratta di ambizioni imperialistiche. Per soddisfarle i russi sono pronti a pagare un prezzo elevato. Come ha dichiarato Alexey Kudrin, ex ministro delle Finanze, «il costo della politica estera indipendente che la Russia sta conducendo sarà una crescita zero del Pil nel 2014, ma è importante capire che questa decisione non può essere valutata solo dal punto di vista economico», afferma Kudrin, «questa mossa vanta un enorme supporto della popolazione, che è pronta a pagarne il prezzo finché non vede il taglio reale del reddito pro capite».