Serie mon amourSilicon Valley, la rivincita dei veri nerd

Silicon Valley, la rivincita dei veri nerd

Steve Jobs era uno sbruffone. Un millantatore. Un pallone gonfiato. Un borioso. Insomma, traducete come meglio credete il termine inglese poser, il succo non cambia. Silicon Valley sa che la satira e l’ironia (e — direbbe un buon nerd — anche la mera verità) vanno ben oltre la morte. Basta elogi smisurati dell’icona e cofondatore della Apple, morto nell’ottobre del 2011: lui, di fatto, era «uno che non aveva mai scritto un codice in vita sua». Una battuta del genere, appare subito chiaro, la può fare solo un nerd: che ci sarà di tanto interessante in un codice?, risponderebbero le persone normali, tanto di cappello a quel sacro mostro della tecnologia che ha conquistato il mondo a suon di motti. Il primo, think different, ma soprattutto il secondo: stay hungry, stay foolish. Ed è proprio un Nerd (uno di quelli con la N maiuscola) che la pronuncia, Richard Hendrix, nuovo protagonista di una serie HBO che già dal titolo e dalla locandina rende palese il suo intento. Il nome è Silicon Valley, appunto, ovvero la Mecca dell’industria High Tech, quell’area metropolitana californiana a sud della baia di San Francisco che rappresenta il fulcro dell’alta tecnologia, grazie alla presenza dei quartieri generali di migliaia di aziende del calibro di Apple, Facebook, Linkedin, Yahoo!, Google e Microsoft. Quell’area che, dietro la facciata all’avanguardia, vive di un falso mito: noi ce li immaginiamo tutti lì, ben vestiti, che vanno al lavoro in bicicletta (viva lo stile di vita green), che hanno uffici splendenti e lucenti e che guadagnano fior fiori di quattrini. L’esplosione dell’area tecnologica però, secondo una recentissima inchiesta lanciata da The Wall Street Journal, ha avuto conseguenze terribili sulla zona, creando un numero sempre maggiore di senza tetto (anche tra ex dipendenti dei colossi del web), a causa dei prezzi delle case diventati insostenibili. Dalla serie non è tutto oro ciò che luccica

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Torniamo indietro: titolo e locandina, dicevamo. Neanche l’immagine promozionale nasconde gli scopi dello show ideato da Mike Judge di Beavis & Butt-head. In bella mostra ci sono 5 giovani, dolcevita nero e sguardo in camera. Non ci vuole molto per capire che riproducono la celebre posa di Steve Jobs nello scatto per il magazine Time. Insomma, che lo sfottò abbia inizio.

Che il nerd vada di moda lo si sa già da tempo. The Big Bang Theory ci ha abituato alle stranezze dei ricercatori universitari con il QI più alto della media, maniaci dei videogame, sempre pronti a fare una battuta su Star Trek. Silicon Valley però va ben oltre ciò che Sheldon e compagni ci hanno sempre mostrato: il quintetto nerd protagonista si sbilancia in battute che capiscono tre o quattro utenti (gli altri restano in silenzio, allibiti). È HBO, gente, quindi l’intellettualismo è qui di casa: anche il nerdismo si veste di sofisticatezza diventando meno comico (dimenticatevi le risate pre-registrate) e più realistico. Insomma se Sheldon è l’emblema del nerd che piace alla massa (che ride puntualmente ogni volta che pronuncia “coito” invece di parlare banalmente di “sesso”), Richard si presenta come il nerd nel quale si riconosco i nerd. Forse non conquisterà il nome di un asteroide né sarà di ispirazione per nuova specie di ape (per chi non lo sapesse, la comunità scientifica ha reso omaggio allo strambo protagonista di The Big Bang Theory chiamando l’asteroide 246247 Sheldoncooper e un biologo ha soprannominato un’ape Euglossa Bazinga), però sembra riportare la categoria dei tipi solitari con la fissa per la scienza sui binari del realismo.

E tutto lo show segue questa linea: pensate che nell’episodio pilota a far la comparsa c’è pure il presidente di Google, Eric Schmidt, nei panni di se stesso. Più documentario che serie, più dramedy che comedy. Del resto la storia è quella che è: la scoperta da parte di un trentenne di un logaritmo sensazionale conteso da due investitori miliardari e la nascita di una start-up. Geek a parte nessuno si entusiasmerebbe per questo. Ma il successo dei signor nessuno pronti a trasformarsi nei signor qualcuno piace ed è questo il punto di forza di Silicon Valley. È la fiaba moderna. La fiaba 2.0. E, suvvia, chi non ama le fiabe?

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