Tutti pazzi per la carne, non solo a Pasqua e Pasquetta

Tutti pazzi per la carne, non solo a Pasqua e Pasquetta

Per capire come il mondo sta cambiando, basterebbe guardare come cambia il consumo di carne. La fondazione Heinrich Böll a gennaio 2014 ha pubblicato “L’Atlante della carne” sulla produzione e il consumo di carni nel mondo, mostrando come ogni anno diminuiscono gli allevatori e aumentano gli animali allevati. L’industria della carne non produce più per il mercato locale, ma per supermercati lontani anche migliaia di chilometri dagli allevamenti. La macellazione è sempre più industrializzata. I mattatoi sono sempre più delle vere e proprie catene di montaggio.

Così cambiano anche le abitudini alimentari nel mondo: i Paesi più poveri stanno raggiungendo quelli più ricchi per frequenza di bistecche nel piatto, con tutto quello che queste mutate abitudini comportano per la crescita del consumo d’acqua e la produzione di gas serra. La carne più mangiata si attesta quella di pollo, che nei Paesi sviluppati ha sorpassato ormai quella bovina. E anche chi si rifiuta di mangiare manzo o maiale per questioni religiose è ben felice di mangiare un petto di pollo.

L’Italia non fa eccezione, classificandosi tra i maggiori mangiatori di carne al mondo, anche più della Germania. La produzione di carni avicole nel nostro Paese ha raggiunto 1 milione e 200mila tonnellate, al quarto posto in Europa. Nel 2012 ogni italiano ha mangiato, in media, 90 chili di carne, dei quali 19,4 di pollame, oltre 9 chili in più rispetto alla fine degli anni Sessanta. E la nostra filiera è in grado di rispondere a questa domanda, visto che in percentuale il grado di autoapprovvigionamento è di circa il 107 per cento (qui i prezzi mensili).

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Ma quella più consumata nel nostro Paese resta la carne di maiale, che è anche più economica (qui i prezzi mensili), con 36 chilogrammi di consumo pro capite all’anno. In Italia ci sono 8,6 milioni di suini, tra maiali da ingrasso, maiali da riproduzione e scrofe. Nel 2012 le importazioni hanno superato i 2 milioni di euro, mentre il fatturato del comparto sfiora gli 8 miliardi. Al secondo posto la carne bovina, con un consumo di oltre 20 chilogrammi all’anno pro capite. Se si vuole, sul sito dell’Ismea si può anche seguire l’anagrafe delle macellazioni bovine in Italia (qui). Nel 2012, i capi destinati alla macellazione sono stati 1.914, con una concentrazione produttiva nelle regioni del Nord, pianura padana in particolare, per un fatturato complessivo del comparto di 5,9 miliardi di euro (qui i prezzi mensili).

All’ultimo posto, troviamo il consumo di capre e agnelli, che continua a calare, anche in periodi come quello pasquale in cui si concentra il consumo di queste carni. Complice la crisi economica e le campagne animaliste (l’ultima quella di Animal Equality, che ha filmato come vengono macellati gli agnelli), sono calati anche i prezzi: meno 2% e 1%, secondo Federconsumatori, per agnello e abbacchio (qui i prezzi mensili). In dieci anni la macellazione di ovicaprini è diminuita di più della metà, passando da più di 7 milioni di animali macellati nel 2004 ai 3 milioni macellati nel 2013. 

In un Paese in cui in media ciascuno di noi consuma 90 chilogrammi di carne all’anno, sta crescendo però anche il numero di coloro che decidono di non consumare bistecche, hamburger e affini. Secondo gli ultimi dati Eurispes, nel 2013 c’è stato un incremento di vegani e vegetariani in Italia dello 0,6 per cento. In totale, le persone che avrebbero scelto di non toccare prodotti animali sarebbero 4,2 milioni di persone, ovvero il 7,1% della popolazione.

In compenso, le macellerie sparse in tutta Italia sono circa 25mila con 80mila occupati in totale. Ma proprio quello del macellaio sembra uno dei lavori più richiesti e scarsamente coperti: secondo i dati del Sistema Excelsior Unioncamere il 26% delle aziende interpellate reputa la figura del macellaio «difficile da reperire». «Non riusciamo a far passare il messaggio che ci vorrebbe un percorso a sé nelle scuole», dice Maurizio Arosio, presidente di Federcarni. «Ora l’unico modo per un giovane che voglia fare il macellaio è sperare che qualcuno ti prenda a fare l’apprendista». Federcarni per questo ha creato a Padova una scuola privata, l’unica in Italia, che ogni anno ospita circa 20 studenti e costa 2.400 euro. 

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