I modelli di previsione utilizzati da banche centrali, dai grandi organismi internazionali e dagli uffici statistici nazionali, si basano, nella maggior pate dei casi, su assunti neo-keynesiani. Il ciclo economico sarebbe guidato dal gap esistente fra prodotto potenziale ed effettivo. Durante una recessione questo gap non sarebbe pienamente assorbito dal sistema di prezzi, fra cui i salari nominali rigidi, per cui la disoccupazione involontaria sarebbe un effetto della debolezza della domanda aggregata. Nei modelli più semplici, secondo tale paradigma nel lungo periodo, tramite azione della politica monetaria accomodante, il tasso di crescita dovrebbe però ritornare al suo potenziale di lungo periodo, a meno che l’alta disoccupazione o un shock alla produttività di lungo periodo non provochi un contestuale rallentamento della crescita potenziale.
Il modello di previsione dell’Ocse da questo punto di vista è un buon esempio di come trimestre dopo trimestre, in assenza del ritorno ai tassi di crescita pre-crisi, siano state le stime del potenziale ad avvicinarsi ai valori effettivi di crescita. Tale rilievo vale per i Paesi più colpiti, i famosi Piigs, ma anche per Regno Unito e Stati Uniti (qui non mostrati ma i cui dati sono reperibili sul sito di John Cochrane).
In Italia la situazione è addirittura drammatica. Il potenziale di crescita è in pratica non crescente, quasi un potenziale di non crescita! Si prenda come paragone la Germania; l’Italia aveva lo stesso, scarso, trend di crescita nel periodo pre-crisi. Si noti come la linea rossa termini nel 2015 per entrambi i paesi a un livello di 120. Ciò significa che in 15 anni avremmo assistito a una crescita, non certo eccezionale, del 20%. Ebbene la Germania, con questi dati, sta semplicemente seguendo il suo percorso potenziale (che, come abbiamo detto non è certo eccezionale). Chi critica i governi della Merkel per aver fatto poco in termini di riforme strutturali, troverà in queste stime una chiara corroborazione alle propire tesi. Per quanto riguarda il nostro paese, il declino è scritto a caratteri di fuoco. Al netto dei problemi ciclici, in Italia esistono e sono innegabili seri problemi dal lato dell’offerta, risolvibili solo con profonde riforme strutturali.