«In Cina è esplosa una mania per i nostri vini»

«In Cina è esplosa una mania per i nostri vini»

Oggi, tutti a parlare di vino (non di rado, a sproposito) in Cina. Ma c’è qualcuno che ha iniziato trent’anni fa a ragionare su quel mercato, scoperto per altri interessi. Il “qualcuno” si chiama Antonio Moretti Cuseri, imprenditore e gentiluomo, con inflessione e grinta tutta aretina: negli anni d’oro, partendo da un magazzino di abbigliamento, è riuscito a creare un gruppo della moda di lusso con i brand Arfango, Bonora, Pull Love. Un tempo controllava Car Shoe, poi ceduto a Prada dell’amico e compaesano Patrizio Bertelli. È proprio grazie alla moda che Moretti Cuseri inizia a conoscere la Cina.

Poi, a fine anni ’90, trasforma la passione per il vino in vero lavoro: cede il fashion business ai figli e inizia a curare la Tenuta Sette Ponti, proprietà di famiglia. È un progetto mirato sin dall’inizio a ottenere vini di qualità: funziona, in particolare con l’Oreno, rosso di taglio bordolese che ottiene voti elevati nelle guide internazionali. È soprattutto con quel vino che sta puntando al più grande (potenzialmente) mercato del mondo. Non pago, Moretti Cuseri ha acquistato altre due ottime cantine: nel 2000 Feudo Maccari a Noto e nel 2005 Orma a Bolgheri. «Anche in questi casi, il mio obiettivo è produrre vini in grado di sfidarsi con i migliori del mondo: il mercato, mettiamocelo in mente, è globale. Bisogna ragionare per continenti e qui spesso sento ancora discutere sul perchè dei bassi consumi in Italia».

Moretti Cuseri, è vero che lei ha il problema inverso di molti suoi colleghi?
Sì, un piccolo gruppo come il nostro ha una produzione limitata per etichetta. Non dobbiamo forzare troppo le vendite in quanto la domanda risulta sempre superiore all’ offerta e in effetti non riusciamo ad accontentare tutti. Sicuramente stiamo bene sul mercato con prezzi bassi, in rapporto all’alta qualità dei nostri vini.

Detto questo, non esportate un po’ troppo? Siete sopra la media italiana.
Siamo al momento sul 90% di export. In realtà potremmo anche raggiungere la totalità ma vogliamo comunque mantenere un minimo di presenza in Italia. Il problema è che il mercato interno soffre maledettamente per la situazione economica e al di là di quanto dicono, non ci sono affatto segnali di miglioramento. I dati sul consumo di vino nel primo quadrimestre non sono certo incoraggianti.

Parliamo di Cina, allora. Lei andava a piazzare capi d’abbigliamento.
Negli anni ’80. E mi divertivo un sacco a vedere cosa combinavano a tavola. Dei vini italiani ignoravano l’esistenza, c’erano solo quelli francesi: ma li consideravano solo status symbol e facevano disastri. Chateau d’Yquem bevuti con manciate di ghiaccio tanto per intenderci. Quasi quasi preferivo i ricchi cinesi in trasferta a Hong Kong – che è sempre stata zona franca per loro – perché accompagnavano cibi pregiati con litri di whisky, Coca Cola e ghiaccio. Almeno non soffrivo.

Antonio Moretti Cuseri in un evento di presentazione delle etichette in Cina

Trent’anni dopo, la musica è cambiata. Per esempio, lo scorso anno, la Cina ha superato la Francia per il consumo di vino rosso. Oggi è la numero uno.
Devo dire che al di là dei buoni numeri di vendita che sono comunque spiegabili con una popolazione che non ha pari al mondo, c’è una cosa che mi sta sorprendendo, ultimamente: vedere tanti giovani cinesi alle nostre degustazioni. Assaggiano e chiedono tutto ma proprio tutto, vogliono avere le nozioni base per poi imparare pian piano a goderselo: è il loro modo di vivere.

Si è letto però che il governo cinese ha optato per un giro di vite verso i generi di lusso. Sta colpendo anche il vino d’importazione?
Assolutamente. Proprio in marzo, ero in Cina e mi sono reso conto che non era un bluff uscito sui media. Il governo ha tagliato in modo deciso i budget di spesa per tutti i manager pubblici e in parte si sono allineati i gruppi privati, per non fare brutta figura. Da qui un’indubbia ricaduta sulle vendite di vini di prezzo elevato che ha penalizzato di più Bordeaux e Borgogna. In questo senso, noi italiani considerando i prezzi mediamente più bassi potremmo avvantaggiarci.

Gli ultimi dati sul mercato cinese infatti dicono che la Francia ha perso oltre il 12% sul valore dell’export mentre noi siamo aumentati dell’11% complessivo, con un clamoroso +86% negli spumanti. Cosa vuol dire?
Che stiamo lavorando benino ma siamo all’inizio della battaglia. Sugli spumanti è evidente che partendo da una quota molto bassa – in Cina, lo Champagne è padrone ancora dai tempi del Comunismo – si possa crescere molto. In più, bisogna ricordare che bene o male, la Francia ha ancora in mano circa metà dell’importazione vinicola in Cina. E noi dobbiamo guardarci da un sacco di rivali agguerriti come Australia, Cile, Nuova Zelanda. Però, ripeto, vedo che i giovani sono molto interessati ai nostri vini come a tutto quello che è italiano: speriamo che tutto questo si traduca in un aumento, magari rapido, di vendite.

Da quinto mercato, la Cina diventerà il primo? Ormai siamo vicini a un consumo di 19 milioni di ettolitri quando da noi si è chiuso il 2013 a 22 milioni.
Impossibile dirlo. Di certo, il loro mercato cresce costantemente da anni ed è l’unico valutato di “lungo termine” dagli esperti. Non va dimenticato che tre quarti di quanto consumano viene prodotto sul posto: stanno investendo molto, ma sono convinto che non riusciranno a toccare i livelli di qualità nostri e dei francesi. Quindi sulla fascia alta, abbiamo ancora ampi margini di crescita, a patto che impariamo a promuovere e commercializzare i vini. Invidio i marchi d’Oltralpe proprio per questo: se sapessimo “vendere” i nostri rossi di alta qualità come hanno fatto e continuano a fare loro con lo Champagne, prodotto su larga scala, saremmo i re del mondo.

Oltre la Cina, cosa tiene d’occhio un “mercante di vino” come lei?
Se parliamo di potenzialità, oltreoceano il Brasile e il Messico sono interessanti. Poi la Russia, dove iniziano a capirne seriamente e il Sud-Est asiatico che sta crescendo dal punto di vista economico. Quanto ai mercati occidentali, l’Inghilterra sta vivendo un momento di sincero amore per il vino.

Per chiudere una curiosità. Il suo amico Patrizio Bertelli prima o poi realizzerà il ristorante a Milano, in Galleria, di cui tanti parlano da anni? O magari si dedicherà al vino come ha fatto lei?
Patrizio è già nel food, visto che ha acquistato la Pasticceria Marchesi. Sul resto non so nulla, ma da un uomo intelligente ed eclettico come lui, aspettatevi di tutto.

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