Guardando le sorti dei Paesi ospitanti i campionati Mondiali di calcio s’intravede uno scorcio della Storia del XX e XXI secolo. Strane coincidenze, fenomeni globali che irrompono sulla scena, corsi e ricorsi storici: tutto questo – e altro ancora – si dispone lungo la retta temporale che scandisce ogni quattro anni l’ascesa all’Olimpo del calcio di questa o quella squadra nazionale.
La prima edizione del 1930 si tenne in Uruguay, Paese che poi vinse la competizione sconfiggendo in finale l’Argentina. L’Uruguay era stato considerato fino ad allora “la Svizzera del Sud America”, ricco per le esportazioni di carne e lana, ma dopo la crisi del ’29 la situazione cominciò a deteriorarsi. Il presidente della Repubblica eletto nel 1931, Gabriel Terra, nel 1933 fece un colpo di Stato e impose una svolta autocratica e conservatrice, che durò fino alla nuova Costituzione del 1942. Le cose andavano addirittura peggio nel successivo Paese ospitante (e vincitore), l’Italia: nel 1934 Mussolini si incontrò per la prima volta con Hitler e il Duce cominciò a preparare la guerra d’Etiopia dell’anno successivo. Fu a seguito di questo conflitto che l’Italia venne sanzionata dalla Società delle nazioni e si ebbe la svolta autarchica del fascismo.
Su tutta l’Europa gravava oramai l’ombra minacciosa del nazi-fascismo. Nel 1938 le leggi razziali erano in vigore – a novembre ci sarebbe stata la tristemente nota “notte dei cristalli” in Germania – e l’aggressività in politica estera di Hitler si fece sempre più manifesta: ai Mondiali di Francia di quell’anno (vinti nuovamente dall’Italia) l’Austria, pur qualificata, non partecipò a seguito dell’Anschluss (e a settembre i Sudeti sarebbero stati abbandonati nelle mani del Fuhrer). La Seconda Guerra Mondiale, scoppiata l’anno seguente, e le sue conseguenze impedirono lo svolgimento delle due successive edizioni.
I Mondiali di calcio del 1950 si tennero in Brasile (dove vinse per la seconda volta l’Uruguay) e – dopo l’Uruguay alle soglie di un golpe, l’Italia prossima all’isolamento internazionale e la Francia alla vigilia dell’occupazione nazista – venne confermata la regola che questa competizione non porta fortuna a chi si trova al potere nel Paese ospitante: Eurico Dutra, presidente eletto nel 1946 dopo 15 anni di “dittattura morbida” di Getulio Vargas, e responsabile della promulgazione di una nuova costituzione più democratica e liberale, perse le elezioni del ’50 proprio contro Vargas. Quest’ultimo si suiciderà quattro anni dopo schiacciato dal peso dei propri insuccessi. I Paesi che ospitarono le due successive edizioni (Svizzera ’54 e Svezia ’58) hanno una storia recente meno travagliata: entrambe neutrali durante l’ultimo conflitto Mondiale ed entrambe pacifiche e prospere negli anni successivi. Anche il Cile – ancora relativamente tranquillo in quel periodo – e l’Inghilterra, Stati organizzatori rispettivamente nel ’62 e nel ’66, godevano all’epoca di una certa stabilità.
Messico 1970 rimane un Mondiale memorabile: per la prima volta trasmesso in tv a colori vide l’epico scontro in semifinale tra Germania e Italia, che si concluse 4-3 per gli azzurri, e la finale stravinta dal Brasile di Pelè 4-1 che si aggiudicò così – avendo vinto il terzo Mondiale della sua storia – la Coppa Rimet. In Messico la situazione non è mai stata tranquilla ma a livello politico c’era comunque una situazione di continuità: dal 1946 fino al 2000 è rimasto al potere il Partito Rivoluzionario Istituzionale. Piuttosto è rimasta nei libri di Storia la “guerra del calcio” di quell’anno: un breve ma sanguinoso conflitto tra Honduras e El Salvador, preceduto da un crescendo di scontri (con morti e feriti) tra le tifoserie delle due nazionali di calcio, impegnate nel 1969 nella fase eliminatoria del Mondiale. Il nome di “guerra del calcio” fu coniato dal giornalista polacco, Ryszard Kapuściński.
Nel 1974 i Mondiali sono ospitati dalla Germania dell’Ovest, dove è cancelliere il fresco premio Nobel per la pace Willy Brandt, socialdemocratico ed ex sindaco di Berlino. In una variante della “maledizione del Mondiale” – che si ripresenterà con sorprendenti analogie trent’anni dopo in Corea del Sud – il cancelliere venne travolto da un grave scandalo proprio a ridosso della competizione calcistica e fu costretto alle dimissioni: era emerso che un membro anziano del suo staff faceva la spia per la Stasi, il servizio segreto della Germania dell’Est. Nel ’78 toccò all’Argentina di Videla – edizione che nessun Paese volle boicottare, nonostante la natura sanguinaria e fascista della dittatura sudamericana – ospitare il torneo. Il presidente della giunta militare verrà comunque deposto nel giro di tre anni da un golpe interno alle forze armate e arrestato nel giro di cinque.
La Spagna che ospita il Mundial poi vinto dall’Italia nel 1982 è un Paese uscito da poco dal Franchismo, e da quando è tornata la democrazia è sempre stato al potere l’Ucd, un partito conservatore di centro. Dopo il Mondiale, alle elezioni di quell’anno vinse il Partito socialista, consentendo alla sinistra di andare al potere per la prima volta dopo la guerra civile, e di mantenerlo col primo ministro Felipe Gonzalez per i 14 anni successivi. L’Ucd invece si dissolverà smembrandosi tra i due partiti principali, socialista e popolare. In Messico, Paese che ospita due Mondiali nel giro di 16 anni, la situazione non è cambiata nel 1986: al potere è ancora il Partito rivoluzionario istituzionale e ci rimarrà ancora per 14 anni.
Un simile immobilismo sembra caratterizzare anche l’Italia che nel 1990 ospita per la seconda volta, a distanza di 56 anni, il Mondiale di calcio. Presidente del consiglio è per la sesta volta Giulio Andreotti e il blocco di governo è costituito dall’ormai consolidato “pentapartito” (Dc-Psi-Psdi-Pri-Pli), al potere da un decennio. La Democrazia Cristiana, in particolare, è costantemente al potere dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Finiti i Mondiali con la vittoria della Germania da poco riunificata, passarono meno di due anni prima che l’intero sistema della Prima Repubblica crollasse sotto gli scandali di Tangentopoli.
Anche i due Mondiali successivi confermano la macumba Mondiale sui potenti: Bill Clinton, presidente degli Usa nel 1994 quando il torneo fu lì ospitato, nel 1995 inizia la relazione con Monica Lewinsky che lo porterà all’impeachment nel 1998. Lionel Jospin, primo ministro francese durante Francia ’98, lascerà un ricordo talmente negativo nell’elettorato francese da essere incredibilmente sconfitto nelle successive elezioni presidenziali del 2002 dall’estrema destra di Jean-Marie Le Pen al primo turno (il ballottaggio sarà un trionfo per il gollista e presidente uscente Chirac).
Nel Mondiale di Giappone e Corea del Sud del 2002 – quello che noi italiani ricordiamo soprattutto per le decisioni fantasiose dell’arbitro Byron Moreno – capita un curioso parallelismo storico con la Germania del 1974: premier della Corea del Sud è Kim Dae Jung, personaggio di grande spessore e Nobel per la pace. Poco dopo la fine del torneo calcistico viene travolto da un grave scandalo: due suoi figli sono accusati di corruzione, condannati e incarcerati. Kim Dae Jung è costretto alle dimissioni. Un canovaccio molto simile insomma a quello che fu di Willy Brandt.
Dovrebbe tranquillizzare i futuri governi dei Paesi organizzatori la stabilità di Angela Merkel – la Germania ha ospitato i Mondiali vinti dall’Italia nel 2006, con la cancelliera neo-eletta e che da allora è sempre rimasta al potere – e di Jacob Zuma, presidente del Sud Africa dal 2009. Tuttavia, viste le proteste e gli scontri andati in scena durante le partite di quest’ultimo Mondiale brasiliano, il presidente Dilma Roussef farebbe meglio a fare gli scongiuri (e, chissà, qualche riforma).