Giancarlo Galan, ex governatore del Veneto, deputato di Forza Italia, travolto dall’inchiesta sul Mose di Venezia, con una richiesta d’arresto sulla testa per corruzione, concussione e riciclaggio, continua a mantenere un certo distacco nella vicenda che sta travolgendo il sistema politico industriale del Nord Est. Per ora ha scelto il silenzio. Ha spiegato che intende aspettare di parlare con i magistrati prima di rilasciare dichiarazioni ai giornali. Eppure due giorni dopo la retata del 4 giugno una battuta gli è sfuggita. «Sono pronto a dimostrare che stanno tentando di scaricare su di me nefandezze altrui». Ed è proprio quell’“altrui” che ha fatto mettere sull’attenti molti addetti ai lavori della politica romana e veneta. Perché Galan non è un personaggio qualunque. È stato un manager di Publitalia, la fucina economico-politica di Silvio Berluscuoni e Marcello Dell’Utri, entrambi testimoni di nozze al matrimonio con Sandra Persegato. Ha curato per anni una regione come il Veneto, tra le principali per produzione di Pil in Italia. Conosce i meandri del ventennio berlusconiano, in tutte le sue particolarità, dagli accordi con la Lega Nord di Umberto Bossi fino alla gestione politica di tutte le grandi regioni settentrionali.
Per questo motivo la posizione di Galan starebbe facendo tremare le stanze del potere romano. Il rischio di un arresto, il voto in Giunta per le autorizzazioni e poi nell’Aula della Camera dei deputati sono tutti dettagli di una di una situazione a rischio esplosione. Dopo quindici anni a palazzo Balbi, il Doge è stato ministro dell’Agricoltura e poi ancora ministro dei Beni Culturali. Le ha viste tutte e sa molte cose su come è stata gestita Forza Italia prima e il Popolo della Libertà poi. Non è un mistero che l’inchiesta sul Mose potrebbe regalare nuove sorprese nei prossimi giorni. Gli spifferi della procura raccontano di possibili ulteriori avvisi di garanzia, persino nuovi arresti «eccellenti». Galan nell’indagine è accusato dall’ex segretaria personale Claudia Minutillo, ma soprattutto da Piergiorgio Baita, l’ex numero uno della Mantovani che ha raccontato come funzionava il sistema del Consorzio Venezia Nuova del ras Giovanni Mazzacurati.
Le accuse della procura a Galan, tra fondi esteri e società
Nei faldoni dell’inchiesta le accuse su Galan sono abbastanza evidenti. L’impianto accusatorio è solido, tanto che il Gip ha accolto la richiesta d’arresto da parte degli inquirenti. Ci sono le verifiche fiscali con cui i magistrati hanno dimostrato che il deputato di Forza Italia ha condotto una vita in questi anni superiore alle proprie disponibilità. Ci sono le intercettazioni tra gli altri indagati che raccontano di come fosse un riferimento politico per la cricca del Mose, persino nel 2010 quando Mazzacurati cerca di capire se sono stati sbloccati a Palazzo Chigi i fondi per il sistema di barriere che dovrebbero difendere Venezia dall’acqua alta. Ci sono i riferimenti a conti all’estero, a San Marino, in Croazia e in Svizzera. C’è la vita da Re Sole, tra macchine, ville e barche. Ci sono le partecipazioni in svariate aziende legate a doppio filo con la politica e l’amministrazione pubblica. I magistrati attraverso una società dei Galan sono riusciti ad arrivare persino in Indonesia, dove il Doge avrebbe interessi sul gas. Insomma la carne al fuoco è tanta.
Mentre la procura prosegue le indagini, l’ex governatore continua a lavorare. In questi giorni è impegnato con la stesura di due diverse memorie difensive. La prima sarà recapitata entro breve alla procura di Venezia. Una sorta di dichiarazione spontanea, in cui ricostruirà i fatti e proverà a smontare le accuse dei magistrati. Appena inviato il documento, Galan sta anche pensando di organizzare una conferenza stampa per raccontare pubblicamente la sua versione della vicenda. Poi c’è il Parlamento. Domani la Giunta per le autorizzazioni a procedere di Montecitorio tornerà a riunirsi per discutere della richiesta di arresto. I tempi sono brevi. Verosimilmente il parere sarà espresso il prossimo 2 luglio (due giorni dopo scade il termine perentorio dei trenta giorni dalla trasmissione dell’ordinanza del Gip). Solo a quel punto la parola passerà all’Aula di Montecitorio.
E così in queste ore Giancarlo Galan sta scrivendo una seconda memoria difensiva, che illustrerà personalmente in Giunta mercoledì prossimo. Il tenore del documento sarà ovviamente diverso rispetto alle carte destinate ai magistrati. Davanti ai colleghi deputati, l’esponente di Forza Italia dovrà tentare di fare emergere il “fumus persecutionis”, l’accanimento della Procura nei suoi confronti. Anche se questo, ovviamente, non potrà prescindere dal tentativo di smontare alcuni addebiti che gli sono stati rivolti. In attesa della deposizione di Galan, nel primo pomeriggio di domani la Giunta si riunirà per aprire il dibattito. Una discussione anticipata da un piccolo giallo. Nella giornata di ieri il deputato del Partito democratico Davide Zoggia ha chiesto al capogruppo Speranza di essere sostituito. Coinvolto in alcuni passaggi dall’inchiesta sul Mose – senza per questo essere indagato – il parlamentare ha deciso di farsi da parte per «motivi di opportunità». Al suo posto la presidente della Camera Laura Boldrini ha chiamato la deputata Laura Garavini.
Chi si occupa in prima persona della vicenda Galan, però, è il deputato di Scelta Civica Mariano Rabino. È lui il relatore. Letta approfonditamente l’ordinanza del Gip di Venezia, adesso Rabino sta studiando l’intera documentazione. Operazione non semplice: i 19 faldoni che raccolgono le carte contengono oltre 160mila pagine. «Eppure è un passaggio molto importante – racconta il relatore – per capire in quale contesto è nata la richiesta della procura». Inevitabile un confronto sull’inchiesta veneziana. «L’idea che mi sono fatto leggendo le carte – rivela Rabino – è quella di una corruzione sistemica, spaventosa, ramificata. Un sistema dove diventa difficile distinguere tra corrotto e corruttore, e talvolta persino tra guardia e ladro. Insomma, uno spaccato totalmente inquietante». Tra le carte riservate inviate alla Camera dai magistrati, il relatore racconta di essere stato colpito da «un’inchiesta ben fatta, che sta in piedi». Chiaramente è presto per qualsiasi giudizio sullo specifico caso del deputato Galan. «Prima di ogni valutazione è necessario ascoltare la sua difesa, tra una settimana». In attesa di capire meglio la vicenda, un sospetto. «Secondo me – racconta ancora il deputato di Scelta Civica – questa indagine è solo l’inizio di un’inchiesta più grande. Tra le carte ci sono una serie di situazioni che restano oggettivamente sospese. Quasi accantonate. Credo che ai magistrati darà ancora molto da lavorare».