Sherlock Holmes e il caso del pubblico dominio

Sherlock Holmes e il caso del pubblico dominio

Sir Arthur Conan Doyle è morto il 7 luglio del 1930. In tutti gli stati in cui il diritto d’autore è valido per 70 anni dopo la morte (come l’Europa), c’è poca discussione riguardo alle storie dell’investigatore che ha creato: sono sotto pubblico dominio. Chiunque può reinterpretare le avventure di Sherlock Holmes o scriverne di nuove senza chiedere — e pagare — niente a nessuno. Ma lo stesso discorso non vale per gli Stati Uniti, dove la più recente legge sul diritto d’autore protegge le opere fino a 95 anni dopo la morte dell’autore. E qui il caso di Sherlock Holmes si complica.

Una gran parte dei racconti di Sherlock Holmes sono di pubblico dominio ma non tutti

Una gran parte dei racconti sull’investigatore, infatti, sono stati scritti prima del 1922 e quindi liberi da diritti dal momento in cui sono usciti dal diritto d’autore nel 1997 (giusto in tempo, visto che nel 1998 il diritto d’autore è stato esteso a 95 anni), ma non tutte. 10 racconti di Sherlock Holmes sono stati scritti dal 1923 al 1927 e grazie all’estensione non sono mai entrati nel pubblico dominio. E gli eredi di Conan Doyle stanno cercando di usare quest’ultimo pezzo della produzione dello scrittore per controllare i diritti sull’intero personaggio di Sherlock Holmes. Senza successo, per il momento.

Il 16 giugno 2014, una corte statunitense ha deciso che Sherlock Holmes, i quattro romanzi in cui appare e i 46 racconti pubblicati prima del 1922 sono sotto dominio pubblico, riconfermando una sentenza dello scorso dicembre che sosteneva la stessa cosa e dando torto agli eredi di Doyle e ragione a Leslie Klinger che nel 2011 ha curato A Study in Sherlock, una raccolta di nuovi racconti con protagonista Sherlock Holmes.

Passo indietro: nel 2011, quando Klinger stava lavorando al libro, gli eredi di Doyle lo contattarono chiedendo 5000 dollari per i diritti di sfruttamento del personaggio di Sherlock Holmes. Random House, la casa editrice per cui sarebbe uscito il libro, pagò anche se Klinger (che è anche avvocato) era convinto che Sherlock Holmes appartenesse al pubblico dominio.

Nel 2013 Klinger si mette al lavoro su In the Company of Sherlock Holmes, seguito del primo libro di racconti. E di nuovo gli eredi di Doyle chiedono i diritti di sfruttamento e minacciato azioni legali in caso di mancato pagamento e non solo. «Se pensi di procedere con la pubblicazione di Study in Sherlock II [il titolo originale di In the Company of Sherlock Holmes] non aspettarti di vederlo in offerta speciale su Amazon, Barnes & Noble e altri rivenditori. Lavoriamo continuamente con queste aziende per eliminare gli usi senza licenza del personaggio di Sherlock Holmes dalle loro offerte, e non esisteremo a fare altrettanto col tuo libro», gli scrivono gli eredi di Doyle. A questo punto Klinger li anticipa e gli fa causa lui.

Lo scorso dicembre un giudice dà ragione a Klinger ma gli eredi di Conan Doyle fanno appello e cercano di usare i 10 racconti ancora protetti dal diritto d’autore come leva per riottenere il controllo di Sherlock Holmes. La logica è interessante: negli ultimi 10 racconti, sostengono gli eredi, il personaggio di Sherlock Holmes è diventato più sfaccettato, così come quello di Watson: si scoprono dettagli sul secondo matrimonio di Watson e alcuni aspetti del carattere di Holmes non ancora rivelati fino a quel punto. Prima, dicono, i personaggi non sono ancora completi, lo diventano solo nei racconti pubblicati dopo il 1922. E, di conseguenza, anche Sherlock Holmes e Watson diventeranno di pubblico dominio solo quando diventeranno di pubblico dominio quei racconti.

Il giudice però non è d’accordo

Il giudice però non è d’accordo. «I personaggi piatti non si evolvono. I personaggi sfaccettati sì. Holmes e Watson, sostengono gli eredi, non erano personaggi sfaccettati fino all’ultimo racconto scritto da Doyle. Che cosa questo abbia a che fare con le leggi sul diritto d’autore, non ci è chiaro», dice nella sentenza che dà ragione a Klinger. «Lo spettro del diritto d’autore perpetuo, o quasi perpetuo, [che violerebbe la costituzione in quanto il diritto d’autore protegge le opere solo per un periodo limitato di tempo] aleggia nel momento in cui si realizza che gli eredi Doyle vorrebbero una protezione di 135 anni (1887 – 2022) per il personaggio di Sherlock Holmes per come è descritto nel primo racconto di Sherlock Holmes», conclude il giudice.

La sentenza, quindi, afferma di nuovo che Sherlock Holmes, John Watson e tutti gli altri personaggi scritti da Doyle sono liberi dal diritto d’autore Ma che non lo sono i dettagli sulle loro vite scritti dopo il 1922. Per poter pubblicare un racconto tutto dedicato al secondo matrimonio di Watson, ad esempio, toccherà aspettare almeno fino al 2022. A patto, ovviamente, che il diritto d’autore non venga allungato di nuovo nel frattempo.

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