Le tangenti potrebbero favorire la crescita, magari consentendo tempi più rapidi per l’avvio di una attività? I dati mostrano che è vero il contrario: procedure burocratiche eccessivamente lunghe sono associate ad alti livelli di corruzione. Mentre dove il Pil è più alto, la corruzione è bassa.
La corruzione fa bene alla crescita?
Il tema della corruzione è tornato a occupare prepotentemente le prime pagine dei quotidiani nazionali. È, allora, utile riassumere ed esaminare la tesi secondo cui essa possa promuovere maggiore efficienza e, addirittura, crescita del Pil.
Una ragione spesso richiamata fa capo agli studi di Nathaniel Leff e Samuel Huntington: la corruzione può aumentare l’efficienza, permettendo di eludere regole rigide (incapaci, pertanto, di adattarsi a realtà dinamiche) che ostacolano investimenti e altre politiche favorevoli alla crescita. È una linea di ragionamento più volte percorsa per spiegare (e giustificare) gli elevati livelli di corruzione presenti nei Paesi del Sud-Est asiatico.
Modelli teorici più raffinati, come quelli di Paul Beck e Michael Maher o Da-Hsiang Lien, mostrerebbero che i soggetti più efficienti nelle gare per l’assegnazione di appalti pubblici coincidono con quelli che hanno la disponibilità di pagare tangenti d’importo maggiore: mazzette e prebende illecite agirebbero, pertanto, da filtro, selezionando gli attori più capaci.
Altra posizione, invero piuttosto curiosa, è quella che dipinge la corruzione come un collante che permette all’establishment politico di accumulare fondi ingenti da usare per tenere unito il corpo sociale, necessaria precondizione per qualunque politica di sviluppo.
Francis Lui sostiene invece che la corruzione consente di risparmiare tempo a coloro per i quali questo bene possiede maggiore utilità.
Un più articolato percorso argomentativo è proposto da Ana Eiras, nel commentare una ricerca promossa da Heritage Foundation/Wall Street Journal sulla relazione tra corruzione, libertà economica e crescita. Argomentando dalle note tesi di Hernando De Soto, Eiras traccia un nesso causale un po’ semplicistico tra dimensione del settore pubblico, numero delle leggi e rilevanza dell’economia informale: corruzione, elusione delle regole e attività economiche illecite sarebbero semplicemente il sintomo principale di un disagio più grave, un fenomeno di miope e invasiva over-regulation.
Molti studiosi si sono adoperati per contrastare le raffigurazioni del fenomeno corruttivo come stimolo all’efficienza e, mediatamente, alla crescita economica. Vediamo come ognuno degli argomenti sopra riportati sia agevolmente confutabile.
Primo. Regole e rigidità non sono variabili esogene, bensì creazioni degli attori per il funzionamento della società in cui operano, talvolta anche allo scopo di estrarre tangenti: quando le regole sono così utilizzabili, più norme saranno create.
Secondo. Gli individui e gli agenti economici che possono pagare le tangenti più cospicue non sono necessariamente i più efficienti, ma, piuttosto i più abili rent-seekers. Assicurandosirendite di posizione mediante il ricorso a tangenti, difficilmente saranno imprenditori innovativi e realmente efficienti.
Terzo. Il pagamento di denaro per velocizzare atti dovuti può incoraggiare i burocrati a rallentare ulteriormente lo svolgimento della loro attività allo scopo di ottenere maggiori tangenti.
Quarto. Se può accadere che la corruzione funzioni come collante politico nel breve, è prevedibile che, esaurite le risorse che lo permettono, causi problemi assai considerevoli nel lungo periodo. L’esempio dello Zaire sotto Mobuto sarebbe paradigmatico di tali dinamiche.
Quanto alla supposta relazione lineare tra dimensione del fenomeno corruttivo ed estensione del settore pubblico, basta ricordare i Paesi scandinavi, caratterizzati da significativi livelli di intervento statale in diversi settori economici e bassi livelli di corruzione. Utilizzando la dimensione del reddito originato da attività pubbliche come approssimazione della dimensione del settore e dell’intervento pubblico ed elaborando gli indici pubblicati da Transparency International e dalla Banca Mondiale, si dimostra che, contrariamente a quanto normalmente ritenuto, a elevate dimensioni dei redditi da attività pubbliche sono associati bassi livelli di corruzione.
È forse più efficace mostrare altrimenti alcune delle relazioni tra corruzione e le principali variabili illustrative della salute di un mercato, ovvero dell’economia di un Paese.
Vediamo, ad esempio, se alti livelli di corruzione sono effettivamente associati a tempi più celeri per iniziare nuove attività imprenditoriali.
Fonte: Elaborazione degli autori su dati WB e TI
CPI =10 denota l’assenza di corruzione, mentre CPI=0 denota i livelli più alti di corruzione (vedi la metodologia)
Procedure burocratiche eccessivamente lunghe sono associate ad alti livelli di corruzione. Escluse sporadiche eccezioni, la relazione risulta intensa in tutti i casi analizzati.
E sul piano macroecomico?
Marco Arnone propone una ricchissima analisi delle relazioni tra corruzione e variabili macro. Limitiamoci a vedere cosa ci dice a proposito del nesso tra corruzione e Pil.
Fonte. Elaborazione degli autori su dati TI e WB
CPI =10 denota l’assenza di corruzione, mentre CPI=0 denota i livelli più alti di corruzione.
Il grafico illustra la relazione negativa tra corruzione domestica e Pil, ponendo in chiara luce la concentrazione di Paesi caratterizzati da corruzione pervasiva e livelli di Pil pro-capite prossimi allo zero.
È possibile avere altre evidenze di tale relazione suddividendo l’analisi in tre serie di dati relativi, rispettivamente, alle economie avanzate, emergenti e dei Paesi in via di sviluppo.
Fonte: Elaborazione degli autori su dati WB e TI(I dati sono inerenti all’anno solare 2009, così come quelli dei due successivi)
CPI =10 denota l’assenza di corruzione, mentre CPI=0 denota i livelli più alti di corruzione.
La relazione tra Pil pro-capite e Cpi è particolarmente forte per i Paesi più ricchi: alti livelli di Pil sono associati a bassi livelli di corruzione. Risultati simili caratterizzano le economie emergenti.
Fonte: Elaborazione degli autori su dati WB e TI.
CPI =10 denota l’assenza di corruzione, mentre CPI=0 denota i livelli più alti di corruzione.
Fonte: Elaborazione degli autori su dati WB e TI
CPI =10 denota l’assenza di corruzione, mentre CPI=0 denota i livelli più alti di corruzione.
L’ultimo grafico mostra una similare correlazione anche per i Paesi in via di sviluppo.
In conclusione, esiste una relazione negativa tra livelli di reddito pro-capite e di corruzione, evidenziata in tutti e tre gruppi di dati analizzati.