Tra le fila del Partito Democratico c’è chi l’ha già definita la battaglia finale tra ex bersaniani e neo renziani. Perché le dimissioni di Vasco Errani dalla presidenza della regione Emilia Romagna dopo la condanna per falso ideologico in appello nell’inchiesta Terremerse rischia di portare i democratici a una guerra dei lunghi coltelli dagli esiti imprevedibili. L’Emilia Romagna, terra dell’ex segretario Pierluigi Bersani, di cooperative rosse e di nostalgici del Pci, si ritrova dopo le dimissioni di Errani di fronte a un bivio: dare continuità al vecchio corso della Ditta degli ex Ds o provare con il nuovo corso di Matteo Renzi. Di questo si discute al Nazareno mentre il governatore ha deciso di rassegnare le dimissioni appena saputo della notizia di condanna.
A quanto pare il segretario del Pd e presidente del Consiglio, però, vorrebbe andare con i piedi di piombo sulla vicenda. Da qui nasce la telefonata che Renzi ha fatto a Errani, esprimendo «la propria vicinanza e amicizia». Renzi ha ribadito la propria fiducia nel lavoro della magistratura auspicando che l’onestà di Errani possa essere riconosciuta in Cassazione. E’ un atteggiamento ben diverso da quello avuto dal premier nel caso di Giorgio Orsoni, l’ex sindaco di Venezia coinvolto nell’inchiesta sul Mose. Ma è un comportamento che ben definisce la delicatezza del caso Emilia Romagna, come degli equilibri che questa regione storicamente rossa rappresenta per il centrosinistra. Il sistema cooperativo e la storia della sinistra italiana s’incrociano su queste terre, tra interessi economici e nostalgia: trovare un sostituto di Errani non è cosa facile.
In teoria, secondo statuto, non appena confermate le dimissioni di Errani da parte del presidente del consiglio regionale, dovrebbero salire in cabina di regia tre «saggi» con il compito di traghettare la regione fino alle elezioni. A Bologna si parla già di una finestra per settembre e ottobre, ma appare troppo presto, con un governo alle prese con le riforme istituzionali. Di certo, da quel che trapela, Renzi non avrebbe voglia di buttarsi in una campagna elettorale proprio ora, per di più in un momento in cui il Pd appare sempre più in fermento. La scelta del nuovo candidato non farebbe altro che alimentare le polemiche interne al partito. Del resto i nomi dei possibili competitor sono tre. Innanzitutto Daniele Manca, attuale sindaco di Imola. Poi Stefano Bonaccini segretario regionale Pd uscente e responsabile enti locali della segreteria di Renzi. Quindi Matteo Richetti, deputato, modenese, renziano di ferro, che in serata ha spiegato: «Ho lavorato fianco a fianco con il presidente Errani in questi anni. Nel rispetto che si deve a ogni sentenza, non è in discussione la statura e l’operato di un uomo politico che ha servito con passione, onestà e capacità l’Emilia Romagna».
L’ideale secondo alcuni democrat sarebbe Bonaccini, ex bersaniano poi convertitosi sulla via di Damasco, ma ancora garante del patto di non belligeranza tra Renzi e Bersani. C’è chi dice che non ne abbia voglia. Per questo motivo salgono le quotazioni di Manca, un uomo molto vicino al mondo cooperativo, quindi normale continuazione del lavoro di questi anni di Errani. Richetti potrebbe sparigliare le carte, ma sarebbe troppo vicino al presidente del Consiglio, candidato che potrebbe rottamare per sempre la ditta D’Alema-Bersani. C’è quindi più di un motivo se Renzi non vuole subito occuparsi del caso Emilia Romagna. E su questo potrebbe aiutarlo la situazione interna al centrodestra emiliano-romagnolo. Il caos tra berlusconiani, leghisti e Fratelli D’Italia infatti è totale. Non ci sono candidati al momento plausibili. Non è un caso che Gianluca Pini, onorevole della Lega Nord, personaggio di peso tra Bologna e Forlì, usi i guanti bianchi nel commentare la vicenda Errani.
«Capisco la rabbia, ma a pochi mesi dal voto per scadenza naturale personalmente non penso siano opportune le dimissioni di Errani, per di più a seguito di una condanna non definitiva. Sono garantista, sempre e lo sono soprattutto quando scatta il linciaggio per gli avversari politici», dice Pini. E aggiunge: «Incontrerò il responsabile regionale di FI, Massimo Palmizio e insieme inizieremo a ragionare su possibili nomi, ma ripeto, le elezioni ad ottobre non mi paiono essere una scelta saggia». Insomma a elezioni anticipate non sembra voler andare nessuno. Probabile che Errani si defili e che poi rimanga tutto inalterato fino al 2015, quando forse, chissà, si potrebbe votare pure per le elezioni politiche.