Nuova strada, vecchi merletti. Tra poltronari di lusso, vecchie conoscenze della Prima Repubblica, possibili conflitti di interesse, gruppi di potere ormai consolidati in Italia, qualche personaggio coinvolto in inchieste della magistratura, (si arriva fino a Mani Pulite ndr), e manager con etichette politiche molto vicine a Forza Italia e Nuovo Centrodestra. La Brebemi appena inaugurata dal presidente del Consiglio Matteo Renzi in pompa magna risolverà parte del traffico congestionato in Lombardia («Nel corso delle prime ore, fanno sapere dalla società, già più di 18.000 utenti hanno potuto verificare la qualità della nuova autostrada»), sarà pure «Tangent free» come ha detto il presidente Francesco Bettoni, ma presenta tutte le ataviche criticità italiane, se si guarda la composizione del consiglio di amministrazione. Come peraltro dimostra la richiesta, da parte dei privati che l’hanno costruita, di defiscalizzazione per 490 milioni e un contributo pubblico di 80 milioni a fronte di una concessione prevista ora a 19 anni e mezzo e che invece potrebbe essere allungata fino a 30 anni. Insomma soldi pubblici in aiuto dei privati.
Corsie nuove di zecca, ma facce conosciute in tutto il Nord Italia e non solo, per i numerosi incarichi, per le indagini, agganci con la politica, persino qualche condanna o arresto. A cominciare proprio da Bettoni, che vanta incarichi e consigli di amministrazione per tutta la Lombardia, da Autostrade Bergamasche alla Fiera di Brescia, dal Banco di Brescia fino alla Tem (Tangenziali Esterne di Milano spa). Bettoni è ovunque, persino nel consiglio di amministrazione di Uniontrasporti, altro tassello della lobby autostradale italiana, tra il presidente Pietro Ciucci in Anas e Vittorio Pozzi in Cal, la concessionaria autostradale lombarda. Ciliegina sulla torta per Bettoni? La presidenza del consiglio di amministrazione della società di Partenariato Nicaraguense per costruire strade oltreoceano.
Ma ce n’è per tutti. Basti pensare che Ciucci e Pozzi, oltre che toccati dalla Corte dei Conti per danno erariale, sono stati anche collaudatori del Mose, il sistema per la difesa dell’acqua alta di Venezia finito sotto inchiesta. Nel consiglio di amministrazione di Brebemi siede Giulio Burchi, già consiglio d’amministrazione di Itinera, società del Gruppo Gavio. Che siede anche in Autostrade Lombarde, in Rdb Spa, società in amministrazione straordinaria, nella Cisa e nell’autostrada Milano-Venezia. Burchi è un uomo storicamente vicino a Gabriele Albertini, ex sindaco del capoluogo lombardo che lo nominò a campo della MM, la società che gestisce le metropolitane milanesi. Altro consigliere di amministrazione è Riccardo Marchioro, vecchia conoscenza della Democrazia Cristiana meneghina sin dai tempi di Mani Pulite. Luigi Amicone, direttore di Tempi, lo descriveva così nel 2001: «Ex stella del cattolicesimo democratico bresciano e politico di punta della sinistra Dc lombarda (è stato vice presidente della Regione), se n’è accorto con un po’ di ritardo, ma se n’è accorto. Settimana scorsa, invitato a Salò dagli amici di Adriano Paroli (deputato uscente di Forza Italia, che nel ’96 soffiò a Marchioro il posto alla Camera in un collegio considerato a maggioranza ulivista), ha raccontato di essere uscito assolto anche dall’ultimo di una serie di processi risalenti all’epoca di Tangentopoli».
Anche Bruno Chiari vanta incarichi in altre società autostradali, come peraltro Stefano Imovilli, pure lui nel board di Brebemi, con poltrone in società autostradali e persino consorzi per la costruzione di complessi residenziali. Che dire poi di Agostino Spoglianti, altro ras delle strade italiane, una poltrona in Autrostrade Valdostane, altre in finanziarie con partecipazioni variegate, ma soprattutto presidente e amministratore delegato del gruppo Sina, coinvolto nel processo sul Sistema Sesto a carico dell’ex presidente della provincia di Milano, Filippo Penati, con le presunte tangenti versate alla Fondazione Fare Metropoli. Un altro consigliere di amministrazione di Brebemi è poi Giampiero Mattioda, discendente di una delle più grandi imprese di costruzioni in Italia, azionista della Sitaf, l’autrostrada del Frejus, finito in carcere nel 2003 a 36 anni per le tangenti sulla ricostruzione in Piemonte dopo l’alluvione.
Mattioda è presente in almeno 30 società, tra finanziarie e autostrada che variano dalla Valle D’Aosta fino alla Lombardia. Altro nome di spicco in Brebemi è Alfredo Rubegni, già amministratore delegato di Impregilo, molto vicino al gruppo Gavio, come Burchi siede nel consiglio di amministrazione di Itinera, coinvolto e indagato nel 2009 per la costruzione della nuova sede di Regione Lombardia, il suo caso è stato archiviato nel 2010. Il 21 marzo è stato condannato a due anni e un mese di arresto per omessa bonifica nel processo per danni ambientali durante la realizzazione della linea Tav del Mugello. Poi c’è Fabio Santicioli, manager di Intesa San Paolo, in diverse società con altri consiglieri di amministrazione di Brebemi. Infine Claudio Vezzosi, top manager del gruppo Gavio e amministratore delegato di Itinera, anche ad di Tem: ha un posto anche nel porto di Civitavecchia e nella Taranto logistica. Per i re delle autostrade l’Italia vale infatti tutta intera: da nord a sud.