Dopo il discorso in inglese del presidente del Consiglio Matteo Renzi alla Digital Venice, settimana di eventi dedicata alla strategia digitale europea, sono piovute le risate e le critiche. Sì, l’inglese di Matteone non è proprio oxoniense (errori di grammatica, parole inventate, pronuncia da toscanaccio), ma noi non vogliamo unirci al coro di chi, appena può, cerca di denigrarlo. Troppo facile.
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Prima di tutto, non dimentichiamoci che prima di lui c’è stato Silvio Berlusconi, che riuscì a farsi sbeffeggiare perfino da George W. Bush (uno che sbagliava le parole in inglese, ed era americano); non va tralasciato anche il mitico Francesco Rutelli e il suo Visit Italy. E, prima ancora, peggio di tutti loro aveva fatto Lui (sì, Lui, quello là, che si vede qui sotto).
Poi, che gli italiani abbiano problemi con l’inglese è risaputo, se ce lo dimentichiamo, c’è una bella pagina Wikipedia apposta per ricordarcelo. Credete di essere più bravi di Renzi? È probabile. Ma anche voi commetterete qualche errore, e forse non ve ne accorgete nemmeno. Come spiega Wikipedia, camminare si dice “walk”, e si pronuncia senza “l”, e questo è elementare. Le doppie inglesi non si dicono, lo sanno tutti (middle non è “middol”, ma “midl”) le vocali sono quasi sempre diverse da quello che si pensa (non parliamo dei dittonghi) e la lingua è costellata da eccezioni per cui, prima o poi, tutti cadiamo in fallo (cioccolato non è “ciòloleit”, ma più o meno “ciòclit”). E questo solo per la pronuncia, l’ultimo dei problemi di Renzi.
Infine, ma che c’importa? Perché dobbiamo fare a gara a chi parla meglio? Si fa in fretta a imparare. In rete ci sono tantissimi link e istruzioni, test e giochi. Per farci capire, ci riusciamo sempre benissimo. Certo, nella lotta a chi è provinciale in modo più corretto forse non vinciamo, ma ne riparleremo quando Obama e Cameron verranno qua provando a spiegarci in italiano cosa hanno in mente per il digitale. O a dirci che la bandiera italiana è un messaggio universale di libertà e democrazia (senza pensarlo).