«Class even when peeing». C’è un tale di nome yourchocolatelips che ha scritto questo commento sotto una foto di Jason Statham e Jason Flemyng sul set del film Lock & Stock, diretto da Guy Ritchie nel 1998. A postare lo scatto su instagram è stato proprio Statham l’anno scorso, in ricordo dei bei tempi con il compagno “Jase”. E la classe anche quando «stai pisciando» è riferita soprattutto al Turco di The Snatch o all’ormai immortale Christmas dei Mercenari (The Expendables), che con sigaretta tra i denti si volta verso l’obiettivo senza dimenticare di centrare il pisciatoio. In questa fotografia c’è molto di questo ormai divo del cinema hollywoodiano, nato il 25 luglio del 1967 a Shirebrook, nella contea del Derbyshire in Inghilterra, una cittadina di circa diecimila abitanti nota per due motivi: aver dato i natali a Ray Wilson — storico terzino dell’unica nazionale inglese capace di vincere un campionato del mondo nel 1966 — e soprattutto perché tra queste vie sono state girate alcune scene di Full Monty, squattrinati organizzati, commediola in cui due disoccupati si inventano spogliarellisti per tirare a campare.
Statham sarebbe un classico personaggio di un libro di John King, l’autore di Fedeli alla Tribù o Cacciatori di teste. È l’uomo della strada, il proletario con la parlata cockney dei portuali di Londra tifosi del Millwall. Che arriva dal basso, ma che batte in eleganza tutti quanti se si mette lo smoking. Che passa le giornate in palestra a fare boxe, magari a spacciare agli angoli delle strada. Non è uno da salotto buono di Wimbledon. Ma la nobildonna inglese frustrata, come il baronetto con la tenuta di caccia nella contea di Norfolk, lo vorrebbero al loro fianco, la prima nel letto, il secondo come guardia del corpo. Per questo tocca tutte le classi sociali e piace al grande pubblico. I ragazzini si tengono il suo poster in stanza. Su internet cercano di imitare i suoi allenamenti. E’ l’attore di cui ricordi le battute quando «sta spaccando il culo» a qualcuno. Un gruppo musicale gli ha pure dedicato una canzone. E un tizio di Los Angeles ha chiamato la sua società di rimorchio Transporter in suo onore. Le donne lo considerano un sex-symbol. Non piace alla critica cinematografica, perché a Statham di fondo non interessa mostrare chissà quale capacità da attore o di essere uno «che ha studiato recitazione leggendo Shakespeare» (parole sue). Di rado si impegna in ruoli drammatici e profondi. I suoi film non passeranno alla storia e lui lo sa perfettamente. Ma il suo volto è una calamita, come lo sono stati in passato Bruce Willis, Michael Cane, Al Pacino, Robert De Niro, Steve Mcqueen o negli anni ’50, Montgomery Clift. Non è un “maledetto” come James Dean e proprio per questo convince pure le casalinghe religiose, che appena sentono storie di droga o alcool s’indispettiscono.
Semplice modello prestato al cinema? Attore da film di serie B? Statham, come ricorda qualche rivista cinematografica francese, è un personaggio che va approfondito e studiato. È un attore dei nostri tempi, ma che ricorda molto quelli del passato. È uno che sbanca al botteghino. Uno che non è Jean Claude Van Damme o Chuck Norris, ma che può sfidarli e vincere, a petto nudo sul tetto di un aereo in volo. Uno che non è Sean Connery o Daniel Craig, ma che potrebbe essere tranquillamente il James Bond perfetto del prossimo 007. È uno con cui vorresti uscire la sera, l’amico con cui ti bevi una birra o ti fumi una canna per farti quattro risate. Ma è pure quello che ogni ragazza vorrebbe avere al suo fianco. Perché ha classe anche con un paio di slip del mercato o con una canotta sporca di sugo.
Non è a caso che la scena di film più cliccata su YouTube con protagonista Statham, sia quella del “campo di basket”, quando nel primo episodio dei Mercenari va a vendicare l’ex fidanzata che è stata picchiata. «Adesso sai cosa faccio per vivere», le dice dopo aver massacrato cinque persone in meno di 15 secondi. Statham somiglia da un lato all’attaccante del Manchester United Wayne Rooney, a un hooligan che ha appena finito di scolarsi cinque medie al pub prima di una partita; dall’altro è una macchina da guerra perfetta, il killer che non sbaglia un colpo, l’agente segreto che ti ammazza con un mestolo da cucina, con la pistola, con un fucile di precisione, con un coltello, persino con i “classici” tirapugni. Oppure è il matto imprevedibile, lo psicopatico, il ladruncolo londinese che truffa le persone per strada. È quello che ti frega, ma che nel fotterti o nel menarti in qualche modo ti rispetta.
A Statham non è servito inventarsi lavori particolari per vivere. Fu scelto per strada da un cacciatore di teste che lo ha portato prima a fare il modello per griffe di moda via via sempre più importanti — arrivò ai jeans Lee nel 1997 — poi a comparire in qualche spot pubblicitario per la Kit Kat o i videogiochi del Pc, quindi nel video musicale To the Sea degli Yello, storico gruppo elettronico svizzero. Solo l’incontro con Ritchie gli ha permesso di sbarcare al cinema. Ci ha messo un po’ a diventare una star. Lo ha fatto in silenzio, altra caratteristica del suo animo british, più che mai attento e geloso della sua vita privata, dove si contano appena due fidanzate, due super modelle come Kelly Brooke e Rosie Huntington-Whiteley. Ha una casa a Malibu e una a Los Angeles. Emblematica è una scena in cui i paparazzi di Tmz incontrano lui e Vinnie Jones fuori da un locale di Los Angeles. Gli fanno qualche domanda, cercano di provocarli («Farete qualche film gay insieme?»). Loro tirano dritto e se ne vanno senza proferire parola, quasi a schernirli per la loro inutilità. Del resto, qualunque giornalista o paparazzo che incontrasse due così per strada ci penserebbe su due minuti prima di fare una mossa sbagliata.
Dopo gli inizi è riuscito a fare quello che più gli piace, ovvero i film d’azione. Statham ha un fisico invidiabile. È stato nella nazionale olimpica di nuoto e tuffi del suo Paese per 12 anni, pratica arti marziali di ogni tipo, tra cui MMA (Mix Martial Arts), una combinazione di prese alla ju-jitsu, boxe, thai boxe e altro ancora. A quanto racconta avrebbe voluto fare lo stuntman, poi invece è diventato protagonista sul set. Tra le sue frasi più note rispetto ai suoi muscoli, ha sempre detto di non guardarsi mai allo specchio, che l’aspetto fisico non gli interessa, gli piace essere forte «per poter picchiare più forte».
Statham è stato di tutto, al cinema. Un piccolo truffatore londinese in Lock & Stock, un impresario di pugilato con la passione per i diamanti in The Snatch, uno psicopatico chiamato Il Monaco con l’eterno amico Vinnie Jones in Mean Machine. Ha lavorato con Kim Basinger in Cellular, quindi con Jet Li in The One. È pure un pilota in Death Race, un cameo nella serie Fast&Furious. Statham si diverte, sempre. Lo si vede guardandolo. È l’attore a cui puoi rinfacciare di fare anche film di serie B, che non vincerà mai un Oscar, ma al quale non importa nulla, come ha dichiarato più volte.
«You ain’t ever gonna get an Academy Award for doing Crank and you certainly won’t for doing all the other movies I’ve done». Cioè: non vincerò mai un Oscar per aver fatto Crank, nemmeno per tutti gli altri film a cui ho partecipato.
Crank ne è la prova: un filmetto adolescenziale, a tratti pure divertente, con una sceneggiatura allucinante e senza senso: un tizio deve tenere i battiti del cuore sempre a un certo livello per non schiattare. Dove si mischia adrenalina, droga, sesso e situazioni surreali. Statham però si presta senza problemi. Gli piace. Nella serie Transporter è perfetto. A volte sembra quasi che voglia sfidare la morte. Come gli è successo sul set del terzo episodio dei Mercenari. Lo ha raccontato Sylvester Stallone al Mirror la scorsa settimana. Statham era alla guida di un camion durante le riprese del film, quando all’improvviso i freni hanno smesso di funzionare, catapultandolo a quasi venti metri di profondità nell’acqua ghiacciata del Mar Nero. «Ha sfiorato la morte, stava facendo un test di guida sopra ad un camion da tre tonnellate, ma i freni erano completamente consumati. È sprofondato circa 20 metri sotto l’acqua, con tutto il veicolo, e si è anche ferito. Fortunatamente avevamo appena rimosso le portiere. Se un altro di noi fosse stato a bordo, sarebbe morto di sicuro, poiché indossavamo stivali molto pesanti e fondine con le pistole». A salvarlo è stata la sua esperienza di nuotatore: è esperto persino di immersioni subacquee.
In Statham ci sono pezzi di attori di tutti i tipi, da Paul Newman a Bruce Lee, da Charles Bronson a Clint Eastwood, da Jackie Chan a Kurt Russel. È un interprete rispettato, la spalla perfetta di due star come Bruce Willis e Sylvester Stallone. È forse il John Mclane di Die Hard del nuovo millennio, in versione cockney. Lo ha detto spesso: non gli importa essere Brad Pitt o Tom Cruise. Lui è Statham, punto. Ha lavorato con Robert De Niro in Killer Elite. È stato il primo attore britannico a toccare la quota di venti milioni di dollari per un film d’azione, come ha scritto il Daily Mirror nel 2008. È diventato un attore cult, uno di quelli che non vedi l’ora che esca un suo nuovo film in sala. Ha un ego “misurato”, è lucido, è modesto, perché in cuor suo sa che alla fine potrebbe farti a pezzi in qualsiasi momento. In questi giorni è uscito negli Stati Uniti Wild Card, il remake di un film con Burt Reynolds degli anni ’70. Del resto uno che ha classe persino «mentre piscia» può fare qualsiasi cosa. E rimarrà per sempre immortale, un eroe, un mito, in un tempo in cui i miti del cinema sono sempre di meno.