TaccolaAir France & co. obbligate al low cost per non morire

Air France & co. obbligate al low cost per non morire

Continua lo sciopero dei lavoratori di Air France, la cui protesta dura dal 15 settembre. Il 22 settembre l’azienda ha proposto di sospendere il piano di sviluppo del low cost fino alla fine dell’anno, ma i sindacati dei piloti hanno rifiutato l’offerta e dichiarato che lo sciopero durerà fino al 26 settembre. La proposta, per i rappresentanti dei lavoratori, è «una cortina fumogena che non offre maggiori garanzie rispetto agli annunci precedenti, e non risolve alcun problema». L’adesione allo sciopero negli scorsi giorni è stata elevata, attorno al 65% del personale, e ha provocato la cancellazione di una media di sei voli su dieci. 

Il piano industriale in discussione si chiama “Perform 2020”, ed è stato presentato lo scorso luglio all’investor day di Air France-Klm. Il punto principale è lo spostamento di gran parte dei voli di medio e corto raggio passeggeri dai vettori Air France e Klm alla low cost del gruppo Transavia. Gli Ask (Available seat kilometres, l’unità di misura standard per la capacità di trasporto dei passeggeri) di Trasnsavia saranno più che raddoppiati nel 2017 rispetto ai valori del 2012, mentre quelli del segmento point-to-point scenderanno del 40% e i collegamenti con gli hub saliranno di solo il 5 per cento. 

La futura composizione della capacità sarà quella descritta dalla figura di seguito. 

Fonte: Capa – Centre for Aviation

Il motivo del cambio di strategia, visto dalla prospettiva della società, è semplice e riassumibile dal conto dei profitti e perdite generato dai singoli segmenti. 

Fonte: Capa – Centre for Aviation

I profitti del business passeggeri, come si vede, sono tutti nel lungo raggio. Come nota una lunga analisi di Capa-Center for Aviation, le attività del lungo raggio hanno pesato per due terzi dei ricavi dei passeggeri del gruppo e sono state le uniche a generare profitti operativi, per 800 milioni (margine operativo del 6%). I tre segmenti di medio e corto-raggio, “feederaggio degli hub” (cioè voli che portano passeggeri da aeroporti minori agli hub di Air France), point-to-point e leisure (cioè il low cost di Transavia) hanno avuto tutti perdite operative. Se però non ha senso considerare singolarmente la perdita di feederaggio degli hub (che combinata con il business di lungo raggio porta il profitto operativo a 400 milioni, o a un margine del 2%), il problema per il corto raggio point-to-point rimane. 

Ed è comune, ha sottolineato un’analisi di Businessweek, a tutte le grandi compagnie europee. La stessa strategia è stata infatti adottata in Germania da Lufthansa, che dal 2012 sta spostando i suoi voli europei in partenza da Francoforte e Monaco alla propria divisione low cost Germanwings. Non è un caso che lo scorso 16 settembre i lavoratori di Lufthansa abbiano effettuato il quarto sciopero in tre settimane.

Una dinamica simile sta interessando Iag, International Airlines Group. La holding nata dalla fusione di British Airways e Iberia possiede Vueling, una delle maggiori compagnie low cost europee, con voli da 131 aeroporti, e ha annunciato tagli per oltre 1.400 lavoratori nella divisione di Iberia. 

Tenere in piedi rotte che non passino dagli hub, sottolinea il direttore di Airline Weekly Seth Kaplan a Businessweek, «è un gioco fatto solo di costi, ed è un gioco che vinceranno sempre le low cost vere come Ryanair ed easyJet». Per questo motivo, aggiunge, le compagnie aeree statunitensi hanno virtualmente eliminato tutti i voli che non coinvolgono i loro hub.

Le difficoltà di chi vola solo point-to-point sono ben note in Italia. Il piano industriale di Alitalia-Etihad è basato principalmente sul tenersi a distanza dalla concorrenza delle low cost, che negli ultimi anni ha contribuito alle perdite nettissime degli ultimi anni. Nel complesso, ha spiegato un’analisi del piano industriale da parte di Andrea Giuricin e Ugo Arrigo, la domanda nel lungo raggio dovrebbe aumentare di circa il 30 per cento tra il 2015 e il 2018 e nello stesso tempo i voli domestici e quelli internazionali dovrebbero aumentare la domanda, rispettivamente del 7 e dell’8 per cento. Alitalia ha già annunciato nelle scorse settimane un taglio dei voli da Torino verso il Sud

Fonte: Andrea Giuricin e Ugo Arrigo, Benefici economici e sociali della partnership Alitalia-Etihad    

Le difficoltà di stare in piedi senza un hub sono ben note anche a Meridiana, il secondo vettore italiano, che a metà settembre ha annuciato 1.600 licenziamenti, ossia di tutto il personale già in mobilità, pari al 71% della forza lavoro complessiva. 

Le ragioni della forza delle low cost sono diverse, ma una delle principali è il minore costo del lavoro. Nel caso di Transavia, i costi di gestione sono del 25% in meno della compagnia madre e quelli del personale sono inferiori del 20 per cento. Alla base di tale differenza c’è la differenza di ore di volo annue: per i piloti di Air France sono tra 500 e 600, mentre per Transavia sono tra 700 e 750. Per questo motivo, se il Ceo di Air France-Klm, Alexandre de Juniac, si è mostrato disponibile a concordare dei tetti allo sviluppo di Transavia (almeno per la filiale francese, una delle tre in cui sarà divisa la compagnia low cost), è rimasto fermo sulla richiesta dei piloti di Air France di avere un contratto unico per tutti i piloti del gruppo. Molti dei piloti di Air France dovrebbero, infatti, passare alla compagnia a basso costo. 

Il passaggio a un modello con un ruolo preponderante del low cost, avverte l’analisi del Capa-Center for Aviation, è necessaria ma non è detto sia sufficiente. Il piano di sviluppo di Transavia prevede che gli aerei salgano a 92 nell’estate del 2016 (contro i 64 del piano precedente), per poi raggiungere quota 110 nel 2017. 

Fonte: Capa – Centre for Aviation

Una cifra, sottolinea il Capa, che la renderà leggermente più grande di Vueling e poco più piccola delle forze combinate di Vueling e Iberia Express, entrambe del gruppo Iag. Transavia avrà invece circa 20 aerei in più di Germanwing, low cost di Lufthansa. Ma rimarrà decisamente più piccola rispetto ai grandi operatori a basso costo: Ryanair nell’estate del 2017 avrà 388 veivoli, easyJet 262 e Norwegian da 129 a 141. Transavia avrà inoltre il problema di non essere un marchio pan-europeo, ma di essere principalmente noto in Francia e Olanda. La battaglia con gli altri vettori europei sarà sulla gestione dei costi. Transavia nel 2013 ha registrato una perdita operativa di 23 milioni di euro e un Ebitdar (Earnings before interest, tax, depreciation e rentals for operating leases) positivo per 88 milioni di euro. La compagnia si aspetta un Ebitdar piatto o in lieve flessione per il 2014 e 2015 e in fortissima salita nel 2016, grazie alle nuove basi (da 5 a 10 in Europa), aggiungendo 100 milioni di euro ai livelli attuali. Una crescita talmente rapida da essere definita “a bastone da hockey”, e considerata tutto sommato poco realistica dagli analisti. Tanto più se lo sciopero dei piloti di Air France dovesse avere successo.