Caro direttore, chi si laurea adesso non insegnerà mai

Caro direttore, chi si laurea adesso non insegnerà mai

Come la pensano gli italiani lo si può comprendere anche dalle lettere ai giornali. C’è un sito, in Italia, che, quotidianamente, pubblica le lettere più interessanti, www.carodirettore.eu, nato per iniziativa dell’Azienda di soggiorno e turismo di Bolzano. Linkiesta ne propone qualcuna, rimandando al sito i lettori che vorranno avere un panorama ancora più vasto di ciò che gli italiani scrivono ai giornali, quotidiani e periodici.

Governo: ecco misure sicuramente popolari

Molto spesso si dice che per superare la crisi il governo debba fare delle scelte impopolari. Questo è vero se l’azione governativa è orientata al taglio delle pensioni, degli stipendi o a mettere altre tasse. Ma il governo potrebbe decidere, per esempio, di applicare i costi standard nell’acquisto del materiale sanitario da parte delle Regioni, fare un serio intervento sulle aziende municipalizzate, sostituire la miriade di regolamenti edilizi con un unico regolamento valido per l’intero territorio nazionale, limitare l’azione dei Comuni nel costruire monumenti al nulla o cattedrali nel deserto sprecando denaro pubblico. Questi e altri interventi simili credo possano influire positivamente sulla popolarità del governo. Pure di tanto!

Gualtiero M.F.Schirinzi, gualtiero.schirinzi@ alice.it, Corriere della Sera, 7 settembre

Il blocco degli stipendi degli statali? Giusto, visto che non c’è inflazione

Non riesco a capire le ragioni per le quali gli statali dovrebbero avere il rinnovo del contratto di lavoro, sia pure se è bloccato dal 2009. Tutti noi sappiamo che l’inflazione è praticamente ferma se non negativa. Tutti noi sappiamo quali sono le condizioni economiche e finanziarie in cui si trova il Paese a causa, non ultima, della enormità della spesa pubblica. In questa situazione con la disoccupazione al 12,5% – e del 30/40% per i giovani! – per quale ragione dovrebbero essere destinati alcuni miliardi di risorse pubbliche ad aumenti salariali a chi ha già uno stipendio che non è inferiore al settore privato (anzi), hanno l’orario di lavoro inferiore a quello privato, hanno un maggior numero di ferie e la garanzia del posto di lavoro, e non si pensa di destinare invece le poche risorse disponibili alla creazione di nuovi posti di lavoro. Chi è comunque un privilegiato, viene presentato come un povero derelitto alla mercè di un governo insensibile, senza tenere conto che il rinnovo contrattuale già l’hanno avuto da maggio con l’aumento dei salari netti di 80 euro che, per riconoscimento degli stessi vertici sindacali, è un aumento più elevato di qualsiasi recente contratto di lavoro sottoscritto dai sindacati.

Gianni, Venezia, la Repubblica, 7 settembre

Le riforme strutturali non riguardano mai le banche

La Bce spinge affinché vengano attuate riforme strutturali nei paesi membri dell’Unione Europea, ma non sembra impegnarsi nella riforma strutturale del sistema finanziario europeo di cui è la massima espressione. È sorprendente che il Trattato di Lisbona non consideri esplicitamente tra le materie rivedibili con procedura di revisione semplificata il settore finanziario, mentre considera tra l’altro l’industria e l’occupazione.

Ascanio De Sanctis, Roma, Il Messaggero, 8 settembre

L’ipocrisia francese nella Seconda Guerra mondiale

Caro Romano, ho trovato molto comprensivo nei riguardi dei francesi il suo commento delle scorse settimane sulle caratteristiche dello Stato di Vichy. Forse con gli Usa non sarebbe stato altrettanto moderato. Che la Francia sia passata alla fine della guerra come un vincitore è un’ingiustizia che andrebbe menzionata. Non solo è inesatta l’affermazione del suo lettore che il governo Pétain sia stato imposto dai tedeschi, ma lo è anche quella che tale governo sia stato instaurato «dopo» l’armistizio, il che potrebbe avvalorare tale inesattezza, ma Pétain fu nominato dal parlamento costituzionale di Bordeaux il 16 giugno 1940, e l’armistizio fu firmato il 22 giugno. È inutile sottilizzare, la Francia, a voler essere buoni, tenne il piede in due scarpe: quella tedesca con Pétain e quella alleata — chissà quanto volontariamente e più tardi — con De Gaulle a Londra. Si comportò come le grandi famiglie le quali, prudentemente, allo scoppiare di una rivoluzione con speranze di successo, inviano il figlio cadetto a fare il rivoluzionario.

Agostino Castiglioni, [email protected], Corriere della Sera, 8 settembre

Bene Renzi, ma ascolti le critiche

Renzi vuole essere un premier autoritario, nel senso che il Renzi-pensiero deve prevalere su quello antagonista. Nella fase storica che stiamo vivendo, secondo me, fa bene a tirare dritto, ma le critiche vanno ascoltate: è il minimo per essere considerato liberale e democratico.

Francesco Italo Russo, Montecatini (Pt), Corriere della Sera, 8 settembre

Statali: lacrime e sangue altro che grasso che cola

Sono d’accordo con il premier Renzi sulla battuta del «grasso che cola». Vorrei, però sottolineare che il «grasso che cola» è quello di dipendenti statali privilegiati, di serie A. Per chi come loro ha uno stipendio congruo, il blocco del contratto può essere facilmente sopportato. Certamente non da chi da oltre cinque anni ha uno stipendio da fame che non supera i 1.000-1.200 euro, compresi gli ottanta, da poco concessi. Da questi ultimi ciò che cola, sono solo «lacrime e sangue». Ritengo che questo distinguo sia assolutamente d’obbligo.

Anna Maria Nicoletti, Cremona, Corriere della Sera, 8 settembre

Però c’è anche un’altra Napoli

Ho 24 anni, vivo e lavoro a Firenze e sono da poco tornata da una vacanza particolare. Sono stata a Scampia e Chiaiano, ospite della cooperativa sociale (R)esistenza, a lavorare su un bene confiscato alla camorra chiamato “Selva Lacandona – Amato Lamberti”. Con un gruppo di amici abbiamo dedicato una settimana a cercare di cambiare un po’ di cose, partendo dal basso: abbiamo zappato, disboscato, raccolto frutta, curato l’orto. Ogni mattina abbiamo scoperto che la terra è bassa e dura, che i calli alle mani si formano in fretta e le vesciche ai piedi ancora di più. Poi, ogni pomeriggio, abbiamo studiato, per capire e contestualizzare quello che stavamo facendo: abbiamo incontrato familiari di vittime di mafia, ex detenuti, i soci della cooperativa che ci ospitava, chi prova già da tempo a costruire un futuro migliore. Ci siamo confrontati, tirando fuori dubbi e certezze, ci siamo fatti promesse reciproche e ci siamo scambiati sguardi da sognatori. Abbiamo visto le Vele, incarnazione della sconfitta dello Stato su quei territori, conosciuto chi lotta perché quel quartiere non sia solo un posto da cui scappare. Abbiamo visitato il Gridas (“Gruppo di risveglio dal sonno”, perché «Il sonno della ragione genera mostri»), associazione culturale culla dei riscatti a Scampia; conosciuto Mirella, una delle fondatrici, nei cui occhi brilla un entusiasmo che le invidiamo.

Irene Manga, [email protected], la Repubblica, 9 settembre

Ma gli incarichi pericolosi non sono solo in polizia

Sono un maresciallo dei carabinieri in congedo poiché rimasto gravemente ferito in servizio. È con estremo rammarico che seguo le polemiche intavolate in questi giorni dagli esponenti sindacali delle forze dell’ordine in relazione ai mancati aumenti stipendiali degli operatori di polizia. Ho pensato subito a quando mi sono arruolato nell’arma con la consapevolezza di accingermi a svolgere una missione diversa da quella di un “comune impiegato statale”. Sapevo che tale attività sarebbe stata costellata da sacrifici, pericoli, frustrazioni, né più né meno però di altre attività lavorative non statali e per questo meno considerate socialmente (il minatore, il carpentiere soprattutto al Sud, l’operaio metalmeccanico in uno stabilimento privo dei più elementari sistemi di sicurezza, ecc…). Ma ero altrettanto consapevole che fosse pur sempre una professione ambita, per lo stipendio sicuro ma anche per quei tanti piccoli privilegi a cui si aveva (più o meno legittimamente) diritto per il sol fatto di indossare una divisa. Per quanto riguarda poi l’impegno, la mole di lavoro, il sacrificio, i rischi, e tutte queste belle parole spesso abusate, non vanno oltre quella che è la voglia, la capacità, il coraggio, la determinazione, il senso del dovere e lo spirito di sacrificio del “singolo individuo”, non più di ciò che accade per qualsiasi altra professione.

Vincenzo Drosi, [email protected], la Repubblica, 9 settembre

È chiaro: la vecchia Ucraina non esiste più

È ormai fin troppo chiaro che l’Ucraina come la conoscevamo non esiste più e nessuno potrà farla tornare; la Crimea è ormai annessa da mesi alla Russia, e non credo proprio che qualcuno potrà mai chiedere ai russi di cederla; mentre le regioni del Donbass, già ribattezzate con la denominazione dell’epoca zarista «Nuova Russia», sono ormai state sottratte al controllo del governo di Kiev. Per quanto riguarda le future trattative, Vladimir Putin ha fatto intendere chiaramente che l’Ucraina dovrà per forza accettare una forte autonomia di quelle regioni.

Fabio Todini , [email protected], Corriere della Sera, 9 settembre

Renzi ha ragione: troppe cinque forze dell’ordine

Secondo me, il premier ha ragione: cinque forze dell’ordine sono troppe. Basterebbe far confluire la polizia penitenziaria in quella di Stato. Il corpo forestale, compreso quello regionale (che è ridondante) nell’Arma dei Carabinieri. In questo modo si risparmierebbero comandi e alti funzionari e tutto sarebbe più organico.

Michele Collettini, [email protected], Corriere della Sera, 9 settembre

Chi si laurea adesso non insegnerà mai

In questi giorni si parla tanto della riforma della scuola. L’idea di reclutare il personale tramite concorso non è sbagliata ma con queste tempistiche rischiamo di obbligare migliaia di giovani aspiranti insegnanti a cambiare idea sul futuro della loro vita. Perché? Perché facendo due conti una persona che consegue la laurea da quest’anno non può partecipare a nessun concorso fino al 2019! Solo determinate categorie (es. chi avrà già superato il Tfa) potranno partecipare al concorso che sarà bandito l’anno prossimo e chi si laurea ad oggi non avrà possibilità di far parte di queste categorie in tempo utile. Non rischiamo di ritrovare una generazione di giovani obbligati ad abbandonare il sogno di insegnare? Non sarebbe più opportuno, una volta sfoltite le graduatorie, bandire concorsi con cadenza annuale (o biennale) anziché triennale? 

A.V., La Stampa, 9 settembre

Napoli: se le famiglie fossero più presenti

La morte di un ragazzo ucciso (accidentalmente fino a prova contraria) da un giovane carabiniere per una madre è un dolore che porterà per sempre nel cuore. Ma cosa ci faceva il ragazzo alle 3 di notte in compagnia di altri due ragazzi (pregiudicati?) su un unico motorino che non si ferma all’alt dei carabinieri? Troppo facile dare sempre la colpa agli altri (in questo caso al Carabiniere ahimè giovane anche lui) quando è soprattutto la famiglia che si deve preoccupare di che cosa fanno i figli in minore età.  

Giuseppe A., La Stampa, 9 settembre

La prima buona di Berlusconi

Credo sia la prima volta che reputo giusto, anzi giustissimo, un discorso di Silvio Berlusconi. Siamo in guai economici gravissimi e andiamo ad imporre sanzioni alla Russia, che si trasformano in sanzioni a noi stessi. E partecipiamo ad esercitazioni di guerra, come se avessimo dimenticato che cosa è una guerra, come se la guerra fosse un gioco. Volete aspettare almeno che siano tutti morti coloro che la guerra ancora la ricordano, che ancora sentendo il rombo di un aeroplano non possono fare a meno di andare con la mente a quando a quel rombo seguivano le esplosioni delle bombe sulla città? Alle case distrutte, agli innocenti uccisi? Morti noi che la guerra non l’abbiamo dimenticata, voi potete ricominciare tranquillamente a cantare: “Sta presso il tavolin giocando il piccolo Bebé: gioca coi soldatin che il buon papà gli diè. Ecco le schiere là già pronte in fila a marciar…Soldatini di ferro che un dì se ne stettero fermi così contro il vento che invano fischiò, contro il fuoco che invan divampò!”. Col cavolo invan divampò!

Attilio Doni, Il manifesto, 9 settembre

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