Giovedì 9 ottobre, a Stoccolma, verrà annunciato alle 13 ora italiana il vincitore del premio Nobel per la Letteratura 2014. Sarà il 111esimo/a ad aggiudicarsi il premio, che quest’anno è arrivato all’edizione numero 107 (se i conti non tornano è soltanto perché quattro volte gli accademici diedero il premio ex aequo).
Chi e come decide chi vince?
Il sistema che sta alla base dell’assegnazione del Nobel non è dei più semplici ed è anche piuttosto arbitrario. A quanto riporta il sito ufficiale del Nobel, i nomi tra cui scegliere arrivano ogni anno da circa 700 tra persone e istituzioni di tutto il mondo che, a settembre dell’anno precedente, ricevono l’invito ufficiale a esprimere il proprio parere da parte del Comitato del Nobel per la Letteratura, formato da 4 o da 5 persone.
Tra i settecento che inviano le proposte ci sono i membri dell’Accademia Svedese e di altre istituzioni affini, professori universitari di letteratura e di linguistica, ex vincitori di Nobel e altre personalità scelte per la conoscenza e la competenza letteraria del proprio paese. In realtà nulla vieta a persone o istituzioni che non vengono direttamente coinvolte dal Comitato di inviare le proprie nomination, ma queste vengono prese in considerazione soltanto se provengono da persone o istituzioni altamente qualificate.
Entro la fine di gennaio le nomination devono arrivare al Comitato del Nobel, che inizia lo scrutinio per arrivare a una lista da mandare all’Accademia Svedese. Tra i mesi di aprile e maggio il Comitato riduce la lista prima a 15-20 nomi, poi a 5, quelli che vengono poi sottoposti ai membri dell’Accademia. Questi sono 18 e che passano l’estate a leggere e a valutare la produzione di ognuno degli autori nominati. Alla fine, più o meno all’inizio di ottobre, i membri dell’Accademia si trovano per eleggere il vincitore, che deve ricevere almeno la metà dei voti (cioè almeno 9).
Quest’anno, secondo quanto riporta il sito ufficiale del Nobel, le nomination valide che sono pervenute al Comitato sono state 210, e di queste 36 persone sono state nominati per la prima volta.
Chi potrebbe vincere quest’anno?
Indovinare un premio Nobel per la Letteratura non è facile, ma i nomi che ogni anno circolano come favoriti — ad esempio sul sito inglese di scommesse LadBrokes.com — si ripetono spesso. Curiosamente, anche le quotazioni sono rimaste abbastanza stabili nel corso degli ultimi anni.
A oggi i primi tre sono, nell’ordine, il keniota Ngugi Wa Thiong’o (dato 1 a 3,5), che già da qualche anno è dato favorito, senza troppa fortuna finora, il giapponese Haruki Murakami (dato 1 a 4,5) che avrebbe certo dalla parte sua l’appoggio di una grandissima fetta di pubblico, e l’ucraina Svetlana Alexievich (data 1 a 6), che in pochi conoscono e che non è propriamente una narratrice, bensì una giornalista.
Tra gli altri nomi ci sono un bel po’ di celeberrimi, da Philip Roth a Milan Kundera, da Umberto Eco a Bob Dylan, ma anche alcuni nomi meno noti al grande pubblico, come la scrittrice algerina Assia Djebar o il drammaturgo norvegese Jon Fosse, o ancora la scrittrice e attivista egiziana Nawal El Saadawi.
Si può anche provare a prendere in considerazione altri criteri, per prevedere come potrebbe decidere la giuria: qualcuno, ragionando geograficamente, pensa che potrebbe essere il turno dell’Africa, che se escludiamo gli ultimi due Nobel sudafricani (Nadine Gordimer, nel 1991 e J.M. Coetzee nel 2003) non si aggiudica il premio dal 1986, quando vinse il nigeriano Wole Soyinka.
Ragionando sul valore politico del Nobel, invece, si potrebbe pensare a un premio dedicato a qualche fronte caldo della politica internazionale. In particolare l’Ucraina — e qui il nome della Alexievich sarebbe un nome forte — o la Siria — e in questo caso sarebbe in prima fila il poeta Adonis.
Il Nobel non è un premio al miglior scrittore del mondo
Come ci ha ricordato qualche anno fa Leonardo Tondelli in un bel post sul suo blog, «il premio Nobel non è, non ha mai preteso di essere, il premio alla Carriera del Migliore Scrittore», anche se spesso, soprattutto noi italiani, siamo convinti del contrario.
Nel suo celebre testamento, Alfred Nobel usa queste parole per parlare del futuro premio per la Letteratura: «to the person who shall have produced in the field of literature the most outstanding work in an ideal direction», che letteralmente si potrebbe tradurre come: alla persona che abbia prodotto, nel campo della letteratura, l’opera più notevole con uno slancio ideale.
Continua Tondelli nel suo blog: «Il fatto che Alfred Nobel concepisse la scienza al servizio del progresso dell’umanità ha spinto i giurati di Stoccolma a dare spesso (non sempre) un’interpretazione politica del premio, che è stato più spesso assegnato a scrittori di ispirazione progressista, con un senso altamente civile della loro attività letteraria: anche se non erano quasi mai i migliori poeti o prosatori in circolazione».
Insomma, quell’espressione un po’ vaga, quell’«ideal direction» non è affatto un dettaglio. È proprio per quelle due parole, probabilmente, che campioni assoluti dell’arte di raccontare storie come Tolstoj, Conrad, Joyce, Borges, Céline (insieme a molti altri, la lista è proprio lunga) non l’abbiano vinto, e altri, come Kundera o Roth, probabilmente non lo vinceranno mai.
Per vincere non bisogna per forza essere degli scrittori
Seppur non siano tanti, tra gli oltre cento nomi che formano la lista dei vincitori del Nobel per la Letteratura ci sono anche personaggi che non sono degli scrittori, o quanto meno non sono certamente famosi in primo luogo per le loro storie o i loro versi.
Sfogliando la lista si trovano almeno quattro esempi di vincitori che a una prima occhiata difficilmente assoceremmo alla letteratura. Nel 1902 vinse Theodor Mommsen, «il più grande maestro vivente della scrittura storica, con speciale riferimento al suo maggior lavoro, La storia di Roma». Nel 1927 toccò invece al celebre filosofo francese Henri Bergson, con la seguente motivazione: «per le sue idee ricche e piene di vitalità e per la brillantezza con la quale le ha sapute presentare».
Nel 1950 l’Accademia scelse come vincitore uno dei più grandi personaggi della storia del pensiero occidentale, Bertrand Russell. Russell era un sacco di cose: un filosofo, un logico, un matematico e anche un uomo politico e un convinto attivista pacifista, ma con la letteratura vera e propria c’entrava poco. La motivazione infatti suonava così: «ai suoi vari e significativi scritti nei quali egli si leva in alto a campione degli ideali umanitari e della libertà di pensiero».
Nel 1953, infine, toccò nientemeno che a Sir Winston Churchill, all’epoca primo ministro britannico, che in realtà almeno un libro di fiction lo scrisse. Si intitolava Savrola, apparteneva a un genere molto vicino alla distopia e raccontava una rivoluzione nello stato inventato di Laurania. Ma Churchill non vinse per quello, ma per la sua monumentale storia della seconda guerra mondiale. La motivazione, infatti, fu la seguente: «per la sua maestria nelle descrizioni storiche e biografiche, così come per la sua brillante capacità oratoria nel difendere i valori umani».