«Me ne andrò quando meno ve l’aspettate….». Giuseppe Civati, detto Pippo, somiglia sempre di più all’ultimo giappponese sull’isola di Iwojima, ultimo argine nel Partito Democratico a un Matteo Renzi che avanza come uno schiacciasassi. C’è chi sostiene che stia preparando una “cosa” nuova a sinistra, ma lui smentisce a più riprese, in televisione, in radio, ovunque. «Per ora resto nel Pd, è il partito che ho contribuito a fondare». Mentre Renzi parla con Denis Verdini, lui parla con Nichi Vendola, mentre Angelino Alfano decide di annullare i matrimoni delle coppie omosessuali, lui rilancia il dibattito sulla legge del conflitto d’interesse e sulla legalizzazione delle droghe leggere. Sul Jobs Act una parte della minoranza del Pd ha deciso di votare la fiducia al governo mercoledì 8 ottobre. È una mossa che in parte ha sorpreso la politica parlamentare, dopo i toni barricaderi che si erano sentiti durante la direzione, in particolare dopo i discorsi di Pier Luigi Bersani e di Massimo D’Alema. «Speravo» chiosa Civati «che il loro comportamento fosse conseguente a quello che avevano detto in direzione, usando toni anche più forti dei miei: così non è stato». Per questo motivo il deputato lombardo ha scritto persino al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. «Ecco, quindi, Signor Presidente che, pur rendendomi conto che non rientra tra le Sue prerogative alcuna decisione che involga l’apposizione della questione di fiducia sulla proposta di legge delega in discussione, sono certo che non mancherebbe di produrre effetto un Suo richiamo a un maggiore rispetto dei ruoli e delle prerogative istituzionali e al corretto uso degli strumenti normativi».
Domanda. Ha scomodato persino il Capo dello Stato.
Risposta. Mi sembra che siamo molto al di là del buon senso della pratica parlamentare, per di più su una legge delega che già toglie diverse possibilità di azione al parlamento.
D. Sorpreso dall’atteggiamento della minoranza del Pd che voterà la fiducia?
R. Sinceramente speravo che fosse conseguente quello che avevano detto, che non c’era la disciplina e che era inaccettabile il modo in cui Renzi aveva portato avanti il discorso sull’articolo 18.
D. Adesso tutti si riallineano. I maligni sostengono che la fiducia di oggi sia una contropartita magari per candidature alle prossime elezioni amministrative.
R. È una polemica che non condivido, è un modo di fare politica che non conosco.
D. Quindi, alla fine, i “suoi” cosa faranno in Senato?
R. I “miei” mi sembra un concetto un po’ stretto. Ci saranno valutazioni personali, ma non c’è nessun ordine di corrente. C’è invece un disagio che non sappiamo più come esprimere, non poter neppure discutere in parlamento e presentare gli emendamenti su un tema così importante come il lavoro.
D. Ormai la distanza tra lei e Renzi si fa sempre più marcata. Lei dice “è Renzi” che si è scisso dal Pd, ma alla fine continua a inanellare fiducie, avanza come uno schiacciasassi.
R. C’è una divergenza politica e programmatica notevole, è vero. È dall’anno scorso che soffriamo con Renzi. Ma il problema non è Civati, il problema è molto più complesso. Dovevamo superare le larghe intese e invece ci siamo finiti dentro.
D. Nel frattempo Angelino Alfano ha deciso di bloccare i matrimoni omosessuali in Italia. Si aspettava una presa di posizione da parte del premier?
R. Mi sembra un comportamento un po’ ipocrita, perché delle cose non si possono fare e invece poi si fanno tutte le cose che piacciono alla destra. Non è semplice.
D. Quindi Civati alla fine quando se ne va del Pd? Se ne discute da mesi, lei aveva persino annunciato prima della direzione del 29 settembre che forse sarebbe stata la sua ultima….
R. Me ne andrò quando meno ve lo aspettate… (ride). A parte gli scherzi il problema è un po’ più grande di Pippo Civati, riguarda il centrosinistra di questo Paese.
D. Intanto continua sempre di più a incontrare esponenti di Sinistra e Libertà, dopo Nichi Vendola il prossimo sabato sarà al Leoncavallo di Milano per la festa del Raccolto.
R. Sto cercando di sviluppare dei contenuti per il centrosinistra, cerco di caratterizzare della battaglie, dalla legge sul conflitto di interessi che è scomparso dal dibattito parlamentare, fino all’antiriciclaggio o alla legalizzazione delle droghe leggere.
D. Ma si parla sempre più spesso di una “nuova cosa” a sinistra. Non vi inizia a stare stretto il Pd?
R. Al di là del Pd, c’è un grosso malessere su quello che dobbiamo fare, non sono solo io a provarlo.