Altro giro, altra corsa. La nomina dei due giudici della Corte Costituzionale continua a tenere in scacco il Parlamento. E in vista della sedicesima votazione di martedì 7 ottobre c’è chi ha iniziato a fare i calcoli con il pallottoliere. Il problema, spiegano diversi esponenti del Pd, non è tanto tra le file del partito del premier e segretario Matteo Renzi, dove le minoranze sono in subbuglio per il Jobs Act, quanto dentro Forza Italia, il partito che Silvio Berlusconi non sembra più in grado di gestire. E dove il Patto del Nazareno viene digerito ancora meno che tra i democratici. Non è un caso, si fa notare a Montecitorio, che l’unico candidato che ha retto in questi mesi la candidatura è stato Luciano Violante, quota centrosinistra, che in estate fu votato persino dalla Lega Nord (e che ora invece non vuole più votarlo). Al contrario gli unici candidati che sono cambiati sono quelli di Forza Italia. Si è passati dal lettiano Antonio Catricalà al previtiano Donato Bruno, da Ignazio Caramazza, avvocato generale dello Stato, a Francesco Paolo Sisto, avvocato personale di Raffaele Fitto e Denis Verdini. Pare che si stiano conentrando su quest ultimo nome le trattative di palazzo Grazioli.
Berlusconi ha già fallito più volte nei mesi scorsi, chiedendo via sms ai suoi di votare per l’uno o l’altro candidato. Ora è tornato in azione Verdini, tentando di persuadere gli azzurri a superare le criticità delle ultime settimane. Del resto Forza Italia sta esplodendo. Lo scontro tra Berlusconi e Raffaele Fitto ha lasciato diversi strascichi. Ma è soprattutto il malessere nei confronti del Patto del Nazareno, nell’accordo con Matteo Renzi, come nella gestione del cerchio magico intorno all’ex premier, a creare problemi. Che a quanto pare sono soprattutto personali. Amicizie in frantumi, vedi i casi di Daniela Santanchè ormai ai margini a favore dello strapotere di Mariarosaria Rossi, incertezza sul futuro e l’incomprensione per alcune scelte dell’ex Cavaliere monopolizzano il dibattito interno. In più il prossimo anno ci sono le elezioni amministrative. Sul territorio è una guerra per bande. A Brescia pochi giorni fa proprio Verdini ha sospeso l’ex assessore regionale della Lombardia Margherita Peroni: aveva contestato la scelta di Forza Italia di costituire con il Partito Democratico una lista unica per le elezioni per la Provincia di Brescia.
E di casi se ne segnalano un po’ dappertutto. C’è da tenere conto che il prossimo anno si vota in sette regioni, ma anche in diverse città. A tenere banco è sempre l’incognita di Napoli, dove Luigi De Magistris è appena stato sospeso. Non è ancora chiaro se si andrà al voto anticipato, ma nel capoluogo campano si gioca una partita difficile. Francesca Pascale, fidanzata di Berlusconi, sempre più presente nelle scelte politiche vuole farsi sentire. Ma in queste zone c’è anche Mara Carfagna e gli uomini di Nicola Cosentino, ancora presenti sul territorio. Se il Nord è una polveriera, dopo la spaccatura con fette di Comunione e Liberazione finite dentro Nuovo Centrodestra, vedi alla voce Maurizio Lupi e Roberto Formigoni, al Sud è una battaglia quotidiana. In Puglia volano gli stracci tra Fitto e i fedelissimi del Cav. In Calabria sono in corso trattative per far rientrare alcuni senatori di Ncd dentro Forza Italia, tra i mugugni. In Sicilia pure. In una situazione del genere è difficile far quadrare le cose.
In questo quadro fatiscente s’inserisce la votazione per i giudici della Consulta, con uno sguardo verso la prossima votazione del presidente della Repubblica. Secondo indiscrezioni di Dagospia il nome inserito nel Patto del Nazareno per il dopo Giorgio Napolitano sarebbe quello di Anna Finocchiaro, senatrice del Pd. Oppure quello dell’attuale ministro della Difesa Roberta Pinotti. Tutti nomi di “sinistra” che non vengono digeriti da diversi esponenti azzurri. Nel frattempo si litiga. Daniele Capezzone, presidente della Commissione Finanze, durante l’ultimo comitato di presidenza si è lamentato del fatto che Forza Italia non fa opposizione. Verdini gli ha risposto e l’ex Radicale gli ha rinfacciato di essere responsabile del crollo elettorale degli azzurri, dal 20 al 13 per cento. Insomma, non è un clima proprio “costituzionale”.