Potrebbe essere l’ennesima app che promette di rivoluzionare il commercio e che poi sparisce senza lasciare traccia. O un nome destinato a finire sotto i nostri occhi in ogni momento del giorno per gli anni a venire. Parliamo di PowaTag, un’applicazione di “istant shopping” tramite smartphone che sfrutta, principalmente, i QR code. Il funzionamento base è semplice: si apre l’app, si inquadra una tag associata a un prodotto e, nel passaggio successivo, si può confermare l’acquisto. Non serve altro, perché nel momento in cui ci si è registrati nell’applicazione sono già stati inseriti tutti i dati di pagamento (tramite carta di credito) e di spedizione.
Dal 2 ottobre la società opera in Italia, grazie a un accordo con la catena di abbigliamento Motivi, del gruppo Miroglio. Nel giro di sei mesi l’insegna dovrebbe essere seguita, solo in Italia, da 50 marchi. Nel mondo, invece, i brand di produttori e distributori con cui la società ha stretto accordi sono a oggi 850.
L’azienda, nata a marzo nel Regno Unito, ha dalla sua un dato: quando ha proposto il progetto al fondo di investimento Wellington Management Company (che ha asset per 758 miliardi di dollari), ha ricevuto, sulla fiducia, 96 milioni di dollari di finanziamento, in due tranche. La cifra, dicono da PowaTag, è la più alta mai ricevuta da una start up da parte di un fondo pensione. Con questi finanziamenti sono stati aperti, oltre alla sede di Londra, uffici in 14 città del mondo, tra cui Milano. Nella sede italiana lavorano 15 delle 500 persone del gruppo.
Le ambizioni del fondatore, Dan Wagner, sono sconfinate. «Possiamo diventare più grandi di Google e Alibaba» dice in un incontro con la stampa a Milano. Il motivo: «Non c’è niente nel mondo che faccia quello che facciamo noi» e «presto vedrete queste “tag” ovunque». Potenzialmente, racconta, qualsiasi attività commerciale potrà sfruttare questa tecnologia. Vestiti, prodotti di cui rifornirsi periodicamente come le capsule di caffè, biglietti della metropolitana, concerti sono alcuni degli esempi possibili di beni e servizi acquistati.
La chiave, aggiunge, è la semplicità e un processo di acquisto “fluido”: «due tocchi di pollice e compri». Aver semplificato il processo di acquisto è stato uno dei punti di forza di Amazon. «Noi infatti partiamo da quello ha fatto Amazon – dice – ma lo abbiamo miglioriato». Anche Apple Pay è liquidata in poche battute: «Non è una minaccia. Il loro è un business che ha a che fare con i pagamenti, il nostro con un nuovo modo di vendere». Gli stessi concetti Wagner ha avuto modo di esprimerli alla Cnn, a Bloomberg Tv e alla Bbc, mentre articoli sulla start up sono apparsi, tra gli altri, sul Telegraph e sulla Reuters.
Il problema, nel valutare l’iniziativa, è che, degli 850 accordi stretti finora in 17 Paesi, solo due sono già partiti: quello con la catena di supermercati indonesiani Hypermart e quello, in Italia, con Miroglio. Non si conosce l’ordine di grandezza della reazione dei consumatori, né vengono date stime sul fatturato. La società Powa Technologies ha ricavi per l’equivalente di 25 milioni di dollari, che derivano però da altre attività. Quelli che verranno dall’app dipenderanno dalla diffusione degli acquisti con questo metodo. Il modello di business prevede che, per ogni acquisto, PowaTag si faccia pagare una transazione di 30 centesimi di euro o, per acquisti superiori a 300 euro, lo 0,1% del prezzo di acquisto.
I primi riscontri concreti si vedranno tra la fine di ottobre e novembre, spiega Dan Wagner, quando partiranno le operazioni con importanti operatori in Francia, a partire da Carrefour. Oltralpe c’è stato, finora, un test che ha coinvolto per due settimane la catena di abbigliamento Comptoir des Cotonniers. Con Motivi, invece, l’attuale campagna prevede la possibilità di acquistare 14 capi di abbigliamento con uno sconto del 10% rispetto al listino. Finita la campagna, però, dice il direttore per l’Italia della società, Germano Marano, la collaborazione continuerà. Per Motivi ci saranno Qr code in un negozio di Milano centro (tramite sagome giganti), su volantini e sottobicchieri distribuiti nel Quadrilatero della moda e su pubblicità sui giornali. Tra i prossimi clienti ci sarà, fanno trapelare dalla società, una catena di supermercati e una compagnia aerea.
Un dubbio, riguardo alla diffusione dello strumento, ha a che fare con la tecnologia del Qr code, che finora ha avuto molte applicazioni ma non successi memorabili. «Questo è avvenuto perché il Qr code è stato utilizzato finora in maniera inappropriata – commenta Marano -. Dopo aver inquadrato il codice bisognava effettuare altri 5-6 passaggi prima della finalizzazione. La nostra app prevede invece un solo passaggio».
Il Qr code non è però l’unico strumento a cui si affida l’app. Tra gli altri c’è il sistema degli “audio tag”. Assieme all’audio udibile vengono veicolati dei messaggi a ultrasuoni; l’app li riconosce e li associa a un prodotto. Così, quando in tv passa una pubblicità, l’app riconosce il bene pubblicizzato e permette di acquistarlo.