I tre racconti (titoli originali: The Sinking Ship, The Citizen and the Traveller, The Two Matches) sono stati pubblicati nella raccolta Favole (Fables, 1896) di Robert Louis Stevenson.
La nave che affonda
«Signore», disse l’ufficiale in seconda, irrompendo nella cabina del capitano, «la nave sta affondando».
«Molto bene, signor Spoker», disse il capitano; «ma questa non è una ragione per andare in giro sbarbati a metà. Ci rifletta qualche istante, signor Spoker, e vedrà che ad uno sguardo filosofico non c’è nulla di nuovo nella nostra posizione: si può dire che la nave (se davvero deve andar giù) stesse affondando dal momento del varo».
«Cola a picco in fretta», disse l’ufficiale in seconda, dopo esser tornato dalla rasatura.
«In fretta, signor Spoker?» chiese il capitano. «Strana espressione, poiché il tempo (se ci pensa) è solo relativo».
«Signore», disse l’ufficiale in seconda, «penso che valga poco la pena imbarcarsi in una tale discussione quando potremmo essere tutti sul fondo del mare tra dieci minuti».
«Ragionando allo stesso modo», rispose gentilmente il capitano, «non varrebbe mai la pena cominciare alcuna ricerca di valore; la possibilità di morire prima di averla portata a termine è sempre altissima. Lei non ha considerato, signor Spoker, la situazione umana», disse il capitano, sorridendo e scuotendo il capo.
«Sono molto più impegnato a considerare la situazione della nave», disse il signor Spoker.
«Frase da buon ufficiale», disse il capitano, posando la mano sulla spalla del comandante in seconda.
Sul ponte scoprirono che gli uomini avevano forzato il deposito dei liquori e si stavano ubriacando in fretta.
«Miei uomini», disse il capitano, «questo non ha senso. La nave affonderà, mi direte, tra dieci minuti. Bene, e con questo? Ad uno sguardo filosofico, non c’è nulla di nuovo nella nostra situazione. Per tutta la nostra vita, una vena potrebbe essere sul punto di scoppiare o ci potrebbe colpire un fulmine, non solo nell’arco di dieci minuti, ma di dieci secondi; e questo non ci ha impedito di cenare, no, né di mettere soldi su un conto di risparmio. Vi assicuro, mano sul cuore, che non riesco a comprendere il vostro atteggiamento».
Gli uomini erano già andati troppo in là per prestare molta attenzione.
«È una vista molto dolorosa, signor Spoker», disse il capitano.
«E tuttavia allo sguardo filosofico, o qualunque cosa sia», rispose l’ufficiale in seconda, «si potrebbe dire che si stessero ubriacando dal momento in cui salirono a bordo».
«Non so se segue sempre il mio ragionamento, signor Spoker», rispose con gentilezza il capitano, «ma procediamo».
Nella santabarbara trovarono un vecchio lupo di mare che fumava la pipa.
«Buon dio», gridò il capitano, «che cosa sta facendo?»
«Beh, signore», disse il vecchio lupo di mare a mo’ di scusa, «mi avevano detto che stavamo andando giù».
«E se anche fosse?» disse il capitano. «Ad uno sguardo filosofico, non ci sarebbe nulla di nuovo nella nostra situazione. La vita, mio vecchio compagno, la vita, in ogni momento e sotto ogni punto di vista, è pericolosa come una nave che affonda; e tuttavia è un bel costume dell’uomo portare l’ombrello, indossare soprascarpe di gomma indiana, cominciare magnifiche imprese e comportarsi in ogni riguardo come se potesse sperare di essere eterno. E, a mio modesto avviso, devo biasimare l’uomo che, anche a bordo di una nave che affonda, dimentichi di prendere una pillola o di ricaricare l’orologio. Questo, amico mio, non sarebbe l’atteggiamento umano».
«Chiedo perdono, signore», disse il signor Spoker, «ma qual è la differenza, precisamente, tra farsi la barba su una nave che affonda e fumare nella santabarbara?»
«O fare qualsiasi cosa in ogni circostanza immaginabile?», gridò il capitano. «Perfettamente convincente; datemi un sigaro!»
Due minuti più tardi la nave saltò in aria con una gloriosa esplosione.
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Il cittadino e il viaggiatore
«Si guardi intorno», disse il cittadino. «Questo è il più grande mercato del mondo».
«Oh, no di certo», disse il viaggiatore.
«Beh, forse non il più grande», disse il cittadino, «ma di gran lunga il migliore».
«In questo si sbaglia di sicuro», disse il viaggiatore, «le posso dire…»
Seppellirono lo straniero al tramonto.
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I due fiammiferi
Un giorno c’era un viaggiatore nei boschi della California, durante la stagione secca, quando gli alisei soffiavano forte. Aveva cavalcato a lungo, era stanco e affamato, e smontò da cavallo per fumare la pipa. Ma quando cercò in tasca trovò solo due fiammiferi. Strofinò il primo e non si accese.
«Eccoci in una bella situazione!» disse il viaggiatore. «Morire dalla voglia di fumare; solo un fiammifero rimasto; e con quello non riuscire di sicuro ad accendere il fuoco! C’è mai stata una creatura così sfortunata? Tuttavia», pensò il viaggiatore, «supponiamo che io accenda questo fiammifero, fumi la mia pipa, e getti via il tabacco rimasto qui nell’erba – l’erba potrebbe prendere fuoco, visto che è secca come la stoppa; e mentre spengo le fiamme qui davanti, queste potrebbero scapparmi e correre dietro di me, e attecchire su quel cespuglio di sommacchi là; prima che lo possa raggiungere, quello avrà preso fuoco; sopra il cespuglio vedo un pino muschioso; anche quello prenderebbe fuoco all’istante e fino al suo ramo più alto; e la fiamma di quell’alta torcia – l’aliseo la prenderebbe e la agiterebbe per la foresta infiammabile! Sento questa valle ruggire in un istante insieme alla voce del vento e del fuoco, vedo me stesso galoppare per la mia anima, e la conflagrazione che vola e mi dà la caccia e sulle colline mi supera ai lati; vedo questa piacevole foresta bruciare per giorni, il bestiame arrostito, le fonti prosciugate, il coltivatore rovinato, i suoi figli dispersi per il mondo. Un mondo intero dipende da questo istante!»
E con ciò strofinò il fiammifero, che non si accese.
«Grazie a Dio!», disse il viaggiatore, e si mise la pipa in tasca.