Le istruzioni sono chiare: le comparse (maschi) devono indossare la camicia bianca, i jeans e la giacca di un abito. Le ragazze devono essere eleganti come fosse una festa di laurea. L’appuntamento è al Colonial, a Milano, vicino alle Colonne ore 20:00. chi vuole anche prima. La giornata è grigia, piove e fa freddo. Ma vale la pena uscire: si gira il corto del Terzo Segreto di Satira, e stavolta è, come dice uno degli autori il “kolossal”. Il tema è la festa di Natale del nuovo Pd, e questo spiega il dress code e il fatto che, per tutta la serata le comparse dovranno ballare (e fingere di ballare) musica dance tamarra. È il Renzi-Boschi style, e viene preso in giro.
Fare la comparsa richiede una certa fatica (non come quella dell’attore, o del regista, certo). Si gira dalle 19:00 all’una di notte; a comando ci si sposta, con il popolo misto delle altre comparse, da una parte all’altra della sala; si sta fermi o ci si muove; si parla o si finge di parlare. All’inizio vegono distribuiti bicchieri con coctail fittizi, “da non bere”. Poi con cocktail veri e birre per tutti. Meno male. Chi va a una festa del Pd renziano, anche se finta, deve sapere che per la maggior parte del tempo si balla e, soprattutto, si finge di ballare: quando viene tolta la musica per registrare i dialoghi degli attori, ci si continua a dimenare senza pietà (la sensazione è buffa e la frase più sentita è: “Mi sento scemo”). Scoprirà poi come si registrano le risate finte (le famose risate finte) e gli applausi finti (i famosi applausi finti) che verranno montati con uno sketch dei Soliti Idioti. Dovrà infine, per colpa di un gruppo di nostalgici provocatori, alzare il pugno sinistro, come una volta e indossare le felpe della Fiom. Una faticaccia.
Il primo incontro tra membri del vecchio Pd e le sgnacchere del nuovo Pd
I preparativi della scena: i due del vecchio Pd tentano approcci fallimentari
Le comparse ballano
Le comparse ballano ancora
Ci si prepara alla scena clou: la festa sta per essere interrotta
Ci si prepara agli applausi finti
Per fortuna che il clima è amichevole e le scene divertenti. La maggior parte delle comparse fa parte del giro di amici di qualcuno del set, dagli autori agli attori. La scusa è quella di passare una serata un po’ diversa, e gli sketch fanno ridere tutti. Tutto questo non impedisce però di vedere all’opera veri professionisti, attenti a luci, suoni e incastri di colori, pronti a fare e rifare le scene se non ne sono convinti. E così, un ciak dopo l’altro, la Festa del Pd di Renzi viene boicottata e riportata alle origini, tra discussioni dell’articolo 18 e memorie da partigiani. Un incubo? Quasi.
Il Terzo Segreto di Satira è il nome che si sono dati i cinque autori/registi/montatori/attori alle volte Pietro Belfiore, Davide Rossi, Davide Bonacina, Andrea Fadenti e Andrea Mazzarella. La storia è nota: si sono conosciuti alle Scuole Civiche di Cinema di Milano e hanno subito stretto amicizia; poi nel 2011 hanno fondato il gruppo Terzo Segreto di Satira, (ma hanno alle spalle un’altra casa di produzione che si occupa di filmati più commerciali, come «convegni, matrimoni», che si chiama Ramaya, ed «è anche quello che ci ha permesso di mantenerci finora»), e una lunga serie di corti satirici che hanno ottenuto un grande successo, a cominciare dal Favoloso mondo di Pisapie, che ha sfondato durante la campagna elettorale a sindaco di Milano di Giuliano Pisapia nel 2011. Sono passati dal web alla tv, prima con Report poi In Onda e adesso, più strutturati, con Piazza Pulita. Lavorano insieme («Cinque autori sono una cosa unica più che rara») e decidono a maggioranza, («Siamo un piccolo kolchoz») e comunque quasi sempre d’accordo. La presenza di La7 «non ha imposto nessun paletto ai contenuti. Semmai ci hanno dato consigli, preziosi, su come svolgere le storie».
Grazie a loro la satira è tornata in televisione, «ma – ed è una cosa notevole – in un talk. Non ci sono più trasmissioni dedicate, spazi interi per fare satira in televisione. L’unico, forse, è Crozza. Ma non bisogna dimenticare quanto gli è servita la finestra di Ballarò», spiega Andrea Mazzarella. Adesso la satira si ritaglia spazi in programmi dalla natura diversa, come appunto Piazza Pulita. «E questo la dice lunga sulla situazione della satira oggi», spiega Davide Bonacina.
Le cose sono cambiate in fretta. Prima c’era Berlusconi, «che era un bersaglio molto forte. Per vent’anni ci si è concentrati su di lui. Monti lo è stato meno. Su Renzi è diverso: è un personaggio. Gli spunti di comicità arrivano dal contrasto tra lui e la base, tra nuova e vecchia sinistra», come avviene proprio in questo caso.
È cambiato tutto anche per quanto riguarda i canali di distribuzione: «Il web adesso è fondamentale, ma bisogna stare attenti. Per noi Internet, e in particolare Youtube, è un modo per far conoscere quello che facciamo, per avere un riscontro immediato, per apire se le nostre idee piacciono o meno», spiega l’altro Andrea. «Il problema è che non basta. Anche se la tecnologia ha abbassato molto i costi per al produzione, per creare un video come i nostri – e sono brevi – ci vogliono comunque otto giorni di lavorazione pieni. E non si fanno gratis». Gli attori, che sono amici, «sono tutti professionisti: hanno studiato alla Paolo Grassi, hanno lavorato con Paolo Rossi. Sono molto bravi, e vanno pagati». Lo stesso discorso vale per tutte le altre spese, «come le location». E allora che si fa?
«Resta la televisione. Anche se non è facile arrivarci e non è facile restarci. Il web non è sufficiente: l’Italia non ha ancora trovato un modello per rendere sostenibile una produzione strutturata sul web come la nostra. I click non bastano e non servono nemmeno». Forse un Netflix? «Ma quello ha un mercato globale. Manca la formula per l’Italia, ed è difficile da trovare».
Quello che è certo, spiega l’attore Massimiliano Loizzi, uno dei volti più celebri del Terzo Segreto di Satira, «è che la satira, dagli anni ’80 in poi, è entrata in crisi. I comici, tutti, dai Gatti del Vicolo dei Miracoli a Benigni e Troisi riuscivano a trovare spazio in televisione, avevano un accesso molto più libero». Adesso, «dopo gli anni ’90 si è imposto un tipo di comicità diverso, quella di Zelig, del tormentone. E il pubblico si è abituato: vuole quella». Esiste allora «una censura per la satira, ma non è una questione politica: è una questione di qualità. Non è il pensiero che è rifiutato, ma la forma». Per questo motivo il web «è l’unico mezzo dove c’è la vera libertà».
Una serata istruttiva, senza dubbio, tra web e tv, e soprattutto, teatro. Conclude Loizzi, con un certo ottimismo perentorio: «Il teatro non avrà mai crisi davvero, non morirà. È la televisione che rischia. Il teatro, finché ci saranno tre persone, una che racconta e due che ascoltano, sarà vivo. In ogni spazio, in ogni momento. Tre persone, e una storia». E a vedere questa scena, forse, è proprio così: