Come “una bomba atomica”. E’ questo l’effetto della candidatura al Quirinale di Sergio Mattarella tra deputati e senatori di Forza Italia. Nel giorno della “caduta” a Silvio Berlusconi non resta che leccarsi le ferite. Quel che filtra è la “rabbia” e il “fastidio” per la scelta di Matteo Renzi, che rischia di portare al Colle di fatto un oppositore dell’ex Cavaliere, soprattutto per quanto riguarda il potere televisivo di Mediaset, come dimostrano le dimissioni da ministro nel 1990 dopo l’approvazione della legge Mammì: «Ci ha tradito, questo Renzi ci ha preso in giro», racconta un virgolettato dell’ex presidente del Consiglio. Ma c’è chi mormora che il leader di Forza Italia potrebbe persino bluffare, perché già d’accordo da tempo con Renzi su come sarebbe andate le votazioni per il nuovo presidente della Repubblica. Mattarella di fatto è stato un nemico del berlusconismo prima che Berlusconi scendesse in campo, ora potrebbe non essere un problema, dando continuità alla linea di Giorgio Napolitano. Sarà. Di certo i berlusconiani doc come pure i fedeli del dissidente Raffaele Fitto non l’hanno presa bene.
Anzi proprio i fittiani chiedono la testa di «tutti quelli che ci hanno portato fino a qui. E sono tanti», dice uno di loro. «Vogliamo l’azzeramento totale nel partito e nei gruppi parlamentarii», ordina in primis Fitto . E i nomi sono noti, in particolare quelli del famoso “cerchio tragico”, da Francesca Pascale a Mariarosaria Rossi fino a consigliere politico Giovanni Toti. Nella black list c’è pure Denis Verdini, il garante del Patto del Nazareno. Il macellaio fiorentino non parla con i cronisti. Anzi sfugge via per i corridoi di Montecitorio. E a chi osserva ironico che alla fine il Nazareno dopo tre giorni risorge lui risponde con un laconico «Non si sa». Giuseppe Galati è categorico: «Siamo davanti all’epilogo del patto del Nazareno e dunque di fronte al fallimento di una linea politica portata avanti per mesi dalla parte del partito che finora lo ha guidato».
Sono schegge di una giornata che termina persino con una battuta di Ignazio La Russa: «Renzi a Berlusconi ha detto a Silvio di stare sereno». Come accadde con Enrico Letta, un anno fa. Sul tappeto restano le macerie di un giovedì 29 gennaio che rimarrà negli annali di Forza Italia. Berlusconi aveva già detto no a Renzi nelle consultazioni di martedì scorso, quando il segretario del Pd gli aveva proposto Mattarella. Quando la notizia gli è arrivata in mattinata, raccontano sempre gli sherpa forzisti, sarebbe trasalito. Poi, portato a miti consigli dalla figlia Marina Berlusconi e dai mediatori Gianni Letta e Fedele Confalonieri, avrebbe persino pensato di votare al primo turno per Mattarella. Infine una soluzione a metà: scheda bianca ma rispetto per la candidatura di questo “Scalfaro 2.0”, come lo definì qualche giorno fa con alcuni parlamentari.
Berlusconi sembra messo in un angolo, ma a ben guardare la sua giornata non è stata neppure troppo drammatica. Prima uno shopping per “pensare”, poi un arrivo sorridente alla riunione con i grandi elettori alla Camera, quindi la considerazione finale: «Il rapporto con Renzi – ha detto – si è fermato a metà» perché da una parte «abbiamo evitato di avere al Colle i segretari del Pd» ma dall’altro «non abbiamo ottenuto un nome condiviso». E poi davanti alla platea Berlusconi ha sentenziato: «E’ stato Renzi a tradire e non noi, ora vediamo se Mattarella riescono ad eleggerselo soltanto con i loro voti». La speranza è che dentro il Partito Democratico possa cambiare qualcosa, che magari i franchi tiratori si facciano sentire come accadde con Romano Prodi nel 2013.
Ma i pompieri democratici questa volta sono tanti. Non c’è solo Pier Luigi Bersani, c’è soprattutto Enrico Letta, il grande tradito: «Il clima è molto diverso rispetto a due anni fa, è tutta un’altra cosa. Riusciremo a fare una cosa che non riuscimmo a fare due anni fa e questo è il segno che la legislatura si è evoluta». Non solo. Letta jr spiega persino di impegnarsi per convincere gli esponenti di Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano. Ecco, Alfano. Il ministro dell’Interno è uno degli altri grandi sconfitti di questa partita. L’unica cosa che gli rimane è il ritrovato dialogo con Berlusconi. Dentro Ncd c’è imbarazzo. Perché di fatto Mattarella è un cattolico. I ciellini rumoreggiano perché lo vedono come uno di sinistra, ma non è detto che alla fine qualche voto possa arrivare.
Maurizio Lupi, uno di loro, la vede così: «Non lo voteremo ma sarà presidente di tutti, come nel 2006 accadde per Giorgio Napolitano». La chiave forse sta qui. Per capire le ricadute sul patto del Nazareno forse è ancora presto. Per quelle su Forza Italia anche. Ma se sul prmo è Giovanni Toti, ai microfoni di Rai News24, a tranquillizzare: «Il patto del Nazareno non riguarda il Quirinale. Quindi, togliamolo dal tavolo. Riguarda riforme costituzionali e legge elettorale, e ritengo che il patto sia ancora in vita», sul secondo c’è chi attende la resa dei conti. E a vacillare è soprattutto il cerchio tragico.