Caso vignette: le spiegazioni del Corriere della Sera

Caso vignette: le spiegazioni del Corriere della Sera

Stamattina, sul web, social network in primis, sono comparse e si sono diffuse a macchia d’olio pesanti accuse di decine di fumettisti e illustratori italiani al Corriere della Sera, accusato di aver utilizzato, senza averne l’autorizzazione e senza averla chiesta, decine di vignette dedicate alla tragedia di Parigi e postate dai propri autori sui social nelle ore che hanno seguito la strage nella redazione del settimanale satirico, per farne un instant book dedicato a Charlie Hebdo.

Le accuse degli autori, riprese in mattinata da Andrea Coccia nel suo blog su Linkiesta, ma anche da Wired, Comicsblog e, nel primo pomeriggio, da Luca Sofri sul Post, hanno causato un’ampia ondata di indignazione sul web. In seguito al clamore e alle proteste, nel primo pomeriggio il Corriere della Sera ha preso posizione pubblicando una nota in calce all’articolo con cui aveva lanciato l’operazione.

Anche il direttore del Corriere, Ferruccio De Bortoli, è intervenuto: lo ha fatto sia pubblicamente — con una dichiarazione su twitter — sia privatamente, contattando i direttori dei giornali che avevano sollevato la questione, compreso il nostro.

De Bortoli ha voluto ribadire la versione dei fatti del giornale che dirige. In sintesi: che l’operazione è finalizzata a raccogliere fondi per Charlie Hebdo e per le famiglie delle vittime; che il Corriere non ci guadagna nulla e che, per la necessità di concludere in fretta l’operazione, il Corriere non è riuscito ad avvisare tutti i vignettisti coinvolti prima di pubblicare l’instant book. De Bortoli ha anche ribadito la buona fede del suo giornale e la volontà di rispettare il diritto d’autore di tutti i disegnatori coinvolti.

Contemporaneamente, ai disegnatori che non erano stati avvisati e che hanno lanciato la protesta è stata inviata una mail da via Solferino che li informava del progetto e chiedeva scusa per il ritardo, ribadendo anche a loro la buonafede dell’operazione.

Scrive il Corriere:

L’urgenza di rispondere in tempi rapidi per dare massimo sostegno alla libertà di stampa e solidarietà alla redazione di Charlie Hebdo potenziando la raccolta fondi, non ci ha permesso di rintracciare e contattare tutti gli aventi diritto già prima della pubblicazione (ieri sera avevamo raggiunto un terzo delle comunicazioni), pur essendo consapevoli che ogni singola proprietà intellettuale, come è una vignetta, necessiti di un’autorizzazione per la sua pubblicazione. Anche per questo abbiamo inserito nella parte iniziale del libro la “nostra disponibilità verso gli aventi diritto che non siamo riusciti a reperire”.

Scusandoci per il ritardo nell’invio di questa comunicazione, rimane per noi importante spiegare a tutti il senso di questa iniziativa e contare sul sostegno suo come su quello di tutti gli altri autori per mantenere alta l’attenzione sul senso della tragedia avvenuta a Parigi.

La reazione di Roberto Recchioni non si è fatta attendere. L’autore della lettera aperta al Corriere di stamattina — una delle micce che ha innescato la polemica — ha infatti pubblicato sulle pagine del suo blog una dura risposta, intitolata “Io non voglio”, di cui pubblichiamo di seguito uno stralcio:

Adesso, Signor De Bortoli, io vorrei farle capire una cosa semplice:

io NON VOGLIO soldi da lei. E non voglio nemmeno che lei mi riconosca la proprietà di qualcosa che è già mia.

Io NON VOGLIO essere associato in alcuna maniera al suo libro che trovo orribile sia dal punto di vista tecnico, sia dal punto di vista ideologico.

NON VOGLIO che una mia vignetta, realizzata e diffusa gratuitamente sul web venga commercializzata da una operazione benefica di cui non conosco i dettagli.

NON VOGLIO, soprattutto, che una mia vignetta sia contenuta in un volume che si dice dalla parte di Charlie Hebdo e poi censura le vignette della rivista stessa e degli autori morti nella strage perché non adatte alla linea del giornale.

In poche parole, signor De Bortoli, per rispondere alla mail che lei ha fatto inviare agli autori DOPO l’uscita del volume, chiedendo il loro consenso (mail che, comunque, a me non è mai arrivata): IO NON VOGLIO.

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