Il fronte è ampio, le posizioni molto diverse. Per contarsi si sono riuniti mercoledì scorso nella sala Berlinguer di Montecitorio. Sono i 140 esponenti della minoranza democrat. Cuperliani, Dalemiani, Bersaniani… Il ricorso alle vecchie correnti non aiuta a fare chiarezza. La galassia dei parlamentari del Partito democratico che si oppongono al Patto del Nazareno è una realtà difficile da sintetizzare. Ci sono intransigenti come l’ex viceministro Stefano Fassina e dialoganti alla Roberto Speranza, capogruppo a Montecitorio. Moderati e inflessibili.
Insomma, tutt’altro che un blocco di granito. «È un gruppo eterogeneo, anche troppo» racconta Pippo Civati, uno dei principali critici. «Molti di quelli che erano presenti alla riunione ancora devono decidere da che parte stare». Ecco il punto. Su 140 esponenti della minoranza, molti sono ancora “indecisi”. Al fianco dello zoccolo duro degli antirenziani, convivono parlamentari che finora hanno sempre votato secondo le indicazioni del partito. Persino esponenti di governo. Una realtà composita, che però potrebbe giocare un ruolo decisivo quando la settimana prossima il Parlamento in seduta comune sarà chiamato a eleggere il nuovo presidente della Repubblica.
Ma qual è la minoranza Pd? Si fa presto a dire bersaniani. I parlamentari direttamente legati al vecchio segretario rappresentano ormai posizioni diverse. Assieme ai dialoganti coesiste un’anima più intransigente. È quella del deputato Davide Zoggia, ma anche del collega Alfredo D’Attorre. Uno che ha recentemente consigliato a Renzi «di fidarsi un po’ più del suo partito e un po’ meno di Verdini». A Palazzo Madama sono stati i protagonisti della difficile partita contro l’Italicum. Esponenti dem come Miguel Gotor, Federico Fornaro, Maurizio Migliavacca. Parlare di sabotatori sarebbe scorretto. Dopotutto al Senato i democrat con il record di presenze in Aula sono proprio tre bersaniani: Fornaro, Carlo Pegorer e Giuseppe Cucca.
I lettiani vanno avanti in ordine sparso. Tra i critici del segretario Renzi c’è sicuramente Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio di Montecitorio. Ormai uno dei più aperti oppositori del premier. Alla riunione di mercoledì scorso c’erano anche Marco Meloni e il senatore Francesco Russo. Mancava, invece, Francesco Sanna. Il deputato sardo vicinissimo a Enrico Letta, ormai uscito dai radar di Palazzo.
La Babele della minoranza dem prosegue. Nella sala Berlinguer di Montecitorio è stata avvistato un piccolo gruppo di irriducibili dalemiani. Sono rimasti in pochi. Tra loro, indicano i colleghi, ci sono Andrea Manciulli e Enzo Amendola. Componente dopo componente, il fronte antinazareno si amplia. C’è la Sinistra Dem di Gianni Cuperlo, sfidante di Renzi alle ultime primarie. È stato lui a difendere «la battaglia di democrazia» dei senatori che si sono opposti all’Italicum. Stefano Fassina, bersaniano, ormai fa quasi partita da solo. Ieri è arrivato ad accusare Renzi di aver guidato i 101 franchi tiratori che due anni fa hanno impallinato Romano Prodi verso il Quirinale. Una opposizione estrema al segretario, simile a quella di Pippo Civati. Il deputato lombardo, per sua stessa ammissione, ormai è pronto a non candidarsi più con il Pd. Con lui ci sono una decina di parlamentari, tra cui la senatrice Lucrezia Ricchiuti.
A Palazzo Madama la minoranza può contare anche su Walter Tocci, che qualche tempo fa ha rassegnato le dimissioni in polemica con il Jobs Act. Senza dimenticare l’ex vicepresidente del Senato Vannino Chiti, tra le personalità più influenti nel gruppo che ha provato a fermare la legge elettorale. Alla riunione della minoranza era presente anche la presidente dell’Antimafia Rosy Bindi. «Il Patto del Nazareno? È una prigione – ha recentemente spiegato – Se si deve fare un presidente della Repubblica funzionale a quel patto, io sono contraria». Con lei il piccolo gruppo di parlamentari cui fa riferimento (da Nerina Dirindin al Senato, ad Anna Margherita Miotto alla Camera).
Strano a dirsi, ma nella minoranza Pd ci sono anche esponenti di governo. Tre, quelli presenti all’incontro di Montecitorio. I sottosegretari Sesa Amici (ai Rapporti con il Parlamento) e Luciano Pizzetti (Riforme). Con loro il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico, che al Senato ha votato contro l’emendamento Esposito indicato dal segretario per agevolare il percorso dell’Italicum. Mancano, invece, i popolari di Beppe Fioroni. Si tratta di una sessantina di parlamentari recentemente avvistati con il vicesegretario Lorenzo Guerini in un ristorante al centro di Roma. Una cena di corrente assieme ad alcuni esponenti di Area Dem in vista della corsa al Colle, raccontano. Tutti insieme per sostenere la candidatura al Quirinale di Sergio Mattarella.