«L’attività di governo non può che compiacere il Papa e la sua Chiesa». Parola di Silvio Berlusconi, ex presidente del Consiglio, 6 giugno 2008. Bisogna partire da qui, dall’influenza del Vaticano e della chiesa cattolica in Italia, per raccontare i pesi e i contrappesi della battaglia che inizia per eleggere il nuovo presidente della Repubblica. Perché, mai come in questi giorni, l’attivismo dei politici cattolici si sta avvertendo nelle stanze del potere romano. L’obiettivo, nemmeno troppo segreto, è riportare al Quirinale un presidente di fede, dopo più di vent’anni di laicismo: l’ultimo che si ricorda fu Oscar Luigi Scalfaro. In questa battaglia si consuma il vecchio scontro tra socialisti e democristiani, ben rappresentato dalla sfida a due tra Giuliano Amato e Sergio Mattarella. Allo stesso tempo avanza un’altra battaglia, quella appunto tra le varie sigle cattoliche, con i gruppi ciellini in guerra con la vecchia ala sinistra della Dc, con i mezzo i consigli di vescovi e cardinali amici dell’uno e dell’altro schieramento.
Qui bisogna fare un inciso. C’è una fotografia di martedì 26 gennaio che racconta bene quello che sta accadendo in queste ore concitate per la politica italiana. È martedì sera a Roma. Tra Partito Democratico e Forza Italia c’è la convinzione di poter trovare una quadra su Amato, il dottor Sottile, l’ex braccio destro di Bettino Craxi. In poche ore, però, la situazione cambia. Si dice che diversi esponenti cattolici dem, quasi come sherpa tibetani, siano andati a fare visita in fretta e furia da Renzi. Obiettivo: ribaltare la situazione. «Dobbiamo votare Mattarella». Il premier ci pensa su. Qualcosa cambia davvero. Si mormora che ci sia stato un intervento anche di Lorenzo Guerini, ex democristiano, sorta di nuovo Gianni Letta 2.0 del renzismo, mediatore politico con un piede in Vaticano. Sta di fatto che due giorni dopo è «Sergiuzzo» il nuovo candidato del premier. Per bruciarlo? Non è chiaro. Questo si potrà sapere solo nei prossimi giorni. Ma sta di fatto che al momento è Mattarella, il moroteo, molto di sinistra, su cui pioverebbero anche i voti di Sel di Nichi Vendola, il nome su cui convergere. Guerini lo ha pure ammesso pubblicamente: «Si parte con Mattarella e si arriva con Mattarella».
Del resto, i cattolici non hanno lavorato a caso in questi giorni. Perché c’è un’altra istantanea di questi giorni che vale la pena ripescare dai cassetti. E’ quella che ha immortalato Renzi durante le consultazioni politiche, quando il segretario del Pd ha fatto una domanda: «Ma se fosse un candidato di centrodestra voi lo votereste?». Ecco, centrodestra. Un nome anche qui già ci sarebbe. Si parla di Pierferdinando Casini, il leader dell’Udc, il genero di Caltagirone, quello che negli anni ’’80 veniva chiamato lo «sfondo» di Arnaldo Forlani, erede della dinastia Dc, da sempre abituata a baciare l’anello papale. Casini è stato avvistato mercoledì 28 gennaio nei pressi di palazzo Chigi. Ha avuto un incontro con Renzi. L’ex presidente della Camera continua a rimanere in silenzio. Come peraltro Mattarella.
In pubblico tutti stanno zitti. Ma in segreto c’è un gran parlare. Non a caso in queste ore si fa sempre più centrale il ruolo del ministro dell’Interno Angelino Alfano e della truppa di grandi elettori di Alleanza Popolare. Si tratta di una settantina di deputati e senatori che potrebbero diventare l’ago della bilancia per l’elezione del presidente della Repubblica. Renzi, infatti, vorrebbe puntare su di loro per riuscire a far eleggere Mattarella alla quarta votazione. Ma il veto di Berlusconi sul giudice della Corte Costituzionale continua a farsi sentire («E’ uno Scalfaro 2.0»). E da quel che trapela dagli alfaniani di ferro nessuno «ha la minima voglia di rompere con il Cavaliere» con cui il delfino è tornato dopo diverse diatribe. Non solo Su Mattarella ci sarebbe pure il veto dell’area ciellina, che pesa sia dentro Ncd, con Roberto Formigoni e Maurizio Lupi, sia tra le fila renziane, basti pensare ai rapporti di Renzi con la Compagnia delle Opere in Toscana, in mano a Paolo Carrai cugino di Marco, «l’uomo che sussurra» al segretario del Pd.
In sostanza, lo scontro potrebbe presto consumarsi proprio in quest’area, perché lo stesso premier si sarebbe convinto di portare alla presidenza della Repubblica un cattolico praticante. E nel caso dovesse saltare Mattarella, arriverebbe come rincalzo appunto Casini, che Berlusconi ha già inserito nella sua rosa. Le variabili sono tutte politiche. Con Sergiuzzo a tremare sarebbe il Patto del Nazareno, mentre il Pd resterebbe più che mai unito. Con Casini il patto rimarrebbe integro, come le riforme, ma i democratici sarebbero in frantumi. E a quel punto a Renzi converrebbe più di una preghiera.