Confartigianato, Confindustria, Cna, l’associazione dei costruttori Ance, i giovani imprenditoti della Confapi, Rete Imprese Italia, Alleanza delle Cooperative, le farmacie, i professionisti, tutti contro lo split payment. Chiunque lavori con le pubbliche amministrazioni in questi giorni sta alzando la voce, a livello nazionale e nelle mille propaggini locali, con petizioni, ricorsi alla Corte Costituzionale e lettere alla Commissione europea, contro un meccanismo che toglie liquidità alle imprese in un momento di credit crunch e le costringe a ottenerla andando a bussare alle porte delle banche.
In breve, lo split payment è il meccanismo che prevede che alle imprese che lavorano con la pubblica amministrazione i pagamenti vengano effettuati al netto dell’Iva. È uno strumento gemello del reverse charge, ossia l’inversione dell’Iva, che coinvolge i pagamenti tra privati in determinati settori, tra cui l’edilizia, le pulizie e la grande distribuzione. In entrambi i casi l’obiettivo è quello di combattere l’evasione fiscale, anche se chi contesta la legge pensa che gli effetti reali siano sovrastimati. Nel caso dello split payment a essere coinvolte sono le pubbliche amministrazioni nazionali e locali, comprese le Asl e le università.
Per essere più chiari, una pubblica amministrazione invece di pagare a un’azienda fornitrice 100 euro più 22 euro di Iva, si limita a pagare 100, versando l’Iva al fisco. Le aziende, che hanno magari acquistato prodotti e servizi per 50, hanno già pagato l’Iva (11 euro). Per riaverla devono farne richiesta all’Erario. L’effetto finale è nullo, ma può passare diverso tempo prima che il dovuto venga incassato. Secondo alcune denunce arrivate negli scorsi giorni, può passare un anno e mezzo.
Il meccanismo potrebbe però anche cambiare, di fronte alle cannonate che stanno arrivando da più fronti. Le ultime in ordine di tempo: il 13 febbraio il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha annunciato il ricorso alla Corte Costituzionale per impugnare la norma che lo introduce, cioè la legge di Stabilità 2015 (legge 190 del 23 dicembre 2014, articolo 1 comma 629 lettera b).
Mercoledì 18 è stata la volta delle imprese dell’Ance di Cuneo: il presidente Filippo Monge ha inviato una lettera al commissario Ue agli Affari economici e finanziari Pierre Moscovici, chiedendo che «gli organismi comunitari competenti non diano il loro benestare all’introduzione dello split payment». L’appiglio, ha spiegato Monge al Sole 24 Ore, è dato dal fatto che la legge di Stabilità subordinava l’efficacia della misura al rilascio di una apposita autorizzazione da parte del Consiglio dell’Unione europea. Tuttavia, aggiunge Monge, un emendamento predisposto dal governo ha anticipato l’efficacia della musira, che è effettivamente entrata in vigore dal primo gennaio 2015».
Secondo Mauro Colombo, direttore generale di Confartigianato Imprese Varese, «c’è un senso logico nel fare ricorso alla Corte Costituzionale – dice a Linkiesta –: c’è infatti un pagamento su qualcosa che non è stato realizzato: prima di iniziare a produrre un ciclo economico si chiede all’azienda di farsi carico di un’imposta che normalmente ricadrebbe solo sui consumatori finali».
L’ufficio studi di Confartigianato ha calcolato che lo split payment peserà sulle imprese per costi pari a 230 milioni di euro all’anno. «Il calcolo è presto fatto – si legge in una nota -: 155 milioni sono i maggiori oneri finanziari connessi al credito che si genera in capo alle imprese e che sarà rimborsato dall’Agenzia delle entrate sei mesi dopo la richiesta; 55 milioni sono quelli legati alla mancata liquidità nel periodo che intercorre tra il precedente incasso dell’Iva e il suo versamento; 21 milioni sono gli oneri burocratici connessi alla pratica dell’istanza di rimborso».
Secondo Confartigianato il dirottamento dell’Iva sulle vendite alla Pa introdotto con l’ultima Legge di stabilità presenta un extra costo di 1.224 euro per ogni impresa che lavora con il settore pubblico. «Ogni quattro euro di recupero di evasione si carica un costo di un euro sulle imprese fornitrici della Pa».
«L’obiettivo è sempre quello: combattere l’evasione fiscale. Obiettivo importante, condivisibile ma con qualche neo che le imprese, quelle virtuose e quelle che pagano le tasse, proprio non vogliono – ha dichiarato il presidente di Confartigianato Imprese Varese, Davide Galli -. Lo Split payment (pagamento diviso) è l’ennesimo punto a sfavore per quelle imprese che ancora oggi non vedono i venti del cambiamento e che, per stare in piedi, hanno sempre più bisogno di liquidità».
L’Ance ha chiesto semplicemente di ritirare il provvedimento, perché si va ad aggiungere ai ritardi strutturali dei pagamenti della Pa, che secondo l’associazione dei costruttori sono denunciati da tre quarti delle imprese. Allo stesso tempo Cna, Lapam Confartigianato, Confesercenti e Confcommercio chiedono di accelerare i tempi dei rimborsi per quelle imprese che applicano il reverse charge e lo split payment, eliminando, contemporaneamente, tutti gli ostacoli burocratici che ancora intralciano il pieno utilizzo in compensazione dei crediti Iva. «La legge dice che i pagamenti dovranno arrivare entro tre mesi, ma ancora non ci sono decreti attuativi», aggiunge Colombo di Confartigianato Varese. «È stata promessa una corsia preferenziale a chi è sottoposto al regime di split payment e reverse charge – dice a Linkiesta Luigi Mendolesi, consigliere nazionale dell’ordine dei commercialisti con delega alla fiscalità -. Sappiamo che nella pratica però i tempi sono lunghi, il mondo delle imprese è giustamente preoccupato». Per Mendolesi è realistico che passi anche un anno e mezzo per i rimborsi. «La sensazione – aggiunge – è che la finalità maggiore del provvedimento sia far quadrare i conti: lo Stato ha preventivato di incassare circa 900 milioni di euro da split payment e reverse charge». Oltre al recupero dell’evasione, c’è il beneficio della liquidità: «come le aziende stanno avendo dei danni, così lo Stato avrà un beneficio».
Tra le novità del Milleproroghe c’è un primo tentativo del governo di attenuare l’impatto negativo prodotto dallo split payment: viene elevato fino al 31 dicembre 2015 dal 10% al 20% dell’importo contrattuale l’anticipo del prezzo in favore dell’appaltatore. Ma, visto il tenore delle proteste e il peso politico che stanno acquistando, c’è da scommettere che servirà ben altro per farle finire. «Non ci sono modifiche sostanziali possibili sui provvedimenti – conclude Mendolesi -. O l’Iva viene versata al cedente del bene o servizio o non viene versata. Non ci sono mediazioni, salvo rimborsi velocissimi, che non sembrano probabili».