La maledizione dell’Expo 2015 non ha fine. A meno di quarantacinque giorni dall’inaugurazione una nuova inchiesta della magistratura si abbatte sull’esposizione universale, dopo gli arresti e gli scandali dello scorso anno. Questa volta a indagare per corruzione e altri delitti contro la pubblica amministrazione è la procura di Firenze, che con l’operazione “Sistema” – coordinata dal procuratore Giuseppe Creazzo e il Ros – vuole fare luce sull’affidamento dei lavori per le grandi opere in Italia degli ultimi dieci anni. E gli inquirenti inseriscono tra le opere sospette pure il Palazzo Italia di Expo 2015, una delle opere connesse a uno dei padiglioni più in difficoltà e in ritardo in vista del 1° maggio, quello italiano, dove da poco è cambiato il management (Stefano Gatti ha preso il posto di Cesare Vaciago come direttore generale tra qualche polemica, ndr), opera espositiva già travolta dall’arresto dell’ex responsabile unico Antonio Acerbo nel 2014.
Su Padiglione Italia intervenne anche Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità Nazionale per l’Anticorruzione, che più nei mesi scorsi aveva chiesto una “riorganizzazione”
Del resto, su Padiglione Italia (in cui lavorano anche società come Italiana Costruzioni, Mantovani e Italcementi) intervenne anche Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità Nazionale per l’Anticorruzione, che più nei mesi scorsi aveva chiesto una “riorganizzazione”. Cosa che è avvenuta, con l’impegno da parte dell’amministratore delegato di Expo Giuseppe Sala di velocizzare i lavori. Ma le beghe interne del passato come i problemi degli ultimi tempi stanno continuando a creare ritardi e polemiche. Il padiglione del paese ospitante rischia di essere quello più in ritardo rispetto agli altri, con il rischio di una figuraccia per l’Italia. Non solo. Ora con il nuovo arresto di Ercole Incalza – per 14 anni mega dirigente del ministero delle Infrastrutture in pensione da appena tre mesi ma ancora influente – c’è il rischio che a essere scoperchiato sia in particolare il mondo delle infrastrutture del nord Italia che gira intorno all’attuale ministro Maurizio Lupi, grande amico di Incalza: i due, ciellini entrambi, d’estate sono spesso insieme al Meeting di Rimini. La procura smentisce che ci sia il coinvolgimento di politici nell’inchiesta, ma le indagini continuano e tra gli indagati compare pure Vito Bonsignore, ex europarlamentare di Forza Italia ora in Ncd, dominus e con il suo gruppo imprenditoriale coinvolto nella costruzione della Orte-Mestre, guarda caso altra infrastrutture finita nelle carte dell’inchiesta di Firenze.
Secondo l’accusa, Stefano Perotti avrebbe negli ultimi anni vinto diversi appalti grazie al sodalizio con Incalza e il collaboratore Sandro Pacella. Gli ultimi due avrebbero ricevuto tangenti, in quanto consulenti, in percentuale tra l’1 e il 3% tramite la Greenfield System, società di Perotti. Il pm Creazzo ha parlato di un volume di affari di almeno 25 miliardi di euro, con percentuali di presunte mazzette al momento non quantificabili. E dalle indagini è emerso come Perotti abbia influito pure sulla gestione degli appalti di palazzo Italia. Arriva anche qui, sui cantieri di Rho, l’inchiesta “Sistema” della Procura di Firenze. Poco più di 25milioni di euro, esclusi gli oneri fiscali, tanto era l’importo complessivo previsto per i lavori per la realizzazione di Palazzo Italia. Il 16 dicembre 2013 arrivò l’annuncio dei vincitori della gara d’appalto: l’Associazione Temporanea di Imprese Italiana Costruzioni e il Consorzio Veneto Cooperativo (Coveco).
Ora con il nuovo arresto di Ercole Incalza – per 14 anni mega dirigente del ministero delle Infrastrutture in pensione da appena tre mesi ma ancora influente – c’è il rischio che a essere scoperchiato sia in particolare il mondo delle infrastrutture del nord Italia che gira intorno all’attuale ministro Maurizio Lupi, grande amico di Incalza
I lavori di realizzazione iniziarono il 15 gennaio 2014, e il cronoprogramma prevedeva la conclusione 14 mesi dopo, il 31 marzo 2015. «Sono convinto – diceva il Responsabile Unico del Procedimento di Padiglione Italia Antonio Acerbo – che il Sistema Italia anche in questa sfida saprà dimostrare al mondo le proprie grandi capacità». Di certo a oggi c’è che il Sistema Italia ha visto lo stesso Acerbo finire in manette accusato di corruzione e turbativa d’asta nell’inchiesta sulla “cupola” degli appalti Expo e Palazzo Italia lontanissimo dall’essere completato entro il 31 marzo 2015. Ora Acerbo compare anche nell’inchiesta grandi opere insieme con un monsignore, l’ex delegato pontificio per la Basilica del Santo a Padova, Francesco Gioia. Sarebbe stato il prelato, secondo le carte, ad attivarsi come «tramite» per dare «una mano» in relazione all’appalto «Palazzo Italia» dell’Expo. Il 19 ottobre del 2013, una settimana dopo la firma da parte dell’allora manager di Expo Antonio Acerbo del bando per l’aggiudicazione dei lavori di «Palazzo Italia», monsignor Gioia (che non è indagato) «premettendo di essere insieme a uno dei fratelli Navarra» della società “Italiana Costruzioni”, che vincerà la gara, «prospetta a Stefano Perotti», professionista arrestato lunedì, «la necessità di “dargli una mano” presentandolo a un non meglio specificato “responsabile”, avendo cura di evidenziare che tale operazione non va fatta per telefono». Monsignor Gioia, tra l’altro già indagato per un presunto abuso edilizio effettuato a Padova, dice a Perotti nella telefonata intercettata: «Sono qui con un … uno dei fratelli Navarra (…) dobbiamo dargli una mano … per introdurli lì presso il responsabile». Dalla risposta fornita da Perotti, si legge negli atti, «si comprende che la presentazione richiesta dal monsignor Gioia ha attinenza con delle gare d’appalto». Perotti, che secondo l’accusa avrebbe turbato la gara dell’Expo assieme ad Acerbo e ai fratelli Navarra, risponde spiegando che «va bene anche se ho sempre delle riserve perché sono appalti difficili quelli dal punto di vista economico»
Nella precedente inchiesta su Expo, che riportò alla ribalta nomi della prima Repubblica come Gianstefano Frigerio e Primo Greganti, il nome di Incalza emergeva nell’ambito di alcune intercettazioni telefoniche, in particolare tra lo stesso Frigerio e l’ex uomo di vertice di Infrastrutture Lombarde Antonio Rognoni. Per un «casino sulla Pedemontana» con i fondi bloccati al Cipe, Frigerio chiedeva una «riunione a Roma con Lupi, Maroni e con quelli che ci stanno lavorando, anche con Ercole Incalza». Gli investigatori del Ros riportano come sullo stesso Palazzo Italia abbia influito in modo illecito uno dei nomi al centro dell’inchiesta della procura di Firenze, proprio Perotti, che a Milano con la sua Spm dirige i lavori per la riqualificazione dell’ex quartiere storico della fiera di Milano per la realizzazione del nuovo polo urbano CityLife e i lavori per la linea 5 della metropolitana meneghina. Fonti qualificate fanno sapere a Linkiesta che a tre settimane dall’inaugurazione Palazzo Italia è al 55% per quanto riguarda lo stato di avanzamento lavori. Da Padiglione Italia smentiscono, ritenendole percentuali troppo basse. Ma i ritardi ormai non sono più una novità.