Smartphone, tablet, la grande famiglia dei wereables (gli oggetti indossabili e connessi, come per esempio FitBit o iWatch) e tutti i dispositivi smart in circolazione stanno trasformando il modo in cui le persone vivono, lavorano, giocano, si connettono ed interagiscono. Stanno contribuendo a connotare la rivoluzione digitale come un fenomeno principalmente mobile per almeno due motivi: non solo i dati di diffusione di questi dispositivi non accennano ad arrestarsi ma il mobile trascina con sé anche un intero universo di applicazioni e servizi che generano nuovi dati e nuove intelligenze in grado di elaborarli.
E cosa determina tutto questo? L’emergere del “contesto” (vedi Robert Scoble e Shel Israel) come elemento chiave con il quale nuovi prodotti e servizi hanno imparato ad interagire sempre più per fare leva sulla nostra capacità di orientarci e di prendere decisioni.
Ci sono circa 7 miliardi di SIM al mondo – una per ogni persona sulla terra.
Come dimostra l’azienda di consulenza BCG nel report pubblicato a metà Marzo 2015 , stiamo parlando di numeri enormi. Ci sono circa 7 miliardi di SIM al mondo – una per ogni persona sulla terra. Più di un terzo di queste SIM sono associate ad uno smartphone. La crescita delle vendite di questi oggetti è stimata intorno al 18% nel 2015, guidata dai paesi emergenti come Cina, India e Indonesia. La penetrazione della connessione internet su mobile è raddoppiata, dal 18% del 2011 al 36% oggi. Nel 2017 si stima che l’accesso a internet da mobile supererà la connessione da desktop, raggiungendo il 54% di penetrazione del mercato. A quel punto, il mobile conterà per circa il 60% della spesa di Internet.
Telefoni o tablet, non solo portano con sé una crescente potenza di elaborazione in grado di macinare enormi quantità di dati e di informazioni nelle nostre tasche ma trainano un intero ecosistema di applicazioni e servizi che, integrato con i sensori e le funzionalità dei singoli dispositivi, ci consentono – letteralmente – di controllare in remoto la nostra vita.
Come ha notato Christian Hernandez, venture capitalist di White Star Capital, i supercomputer che portiamo “a spasso” si sono evoluti da dispositivi in grado di trasmettere informazioni, a veri e propri drivers che guidano e influenzano le nostre azioni, basandosi su notifiche contestuali.
Come? I dati personali che noi immettiamo online attraverso i servizi che utilizziamo (calendario o email ad esempio) – quando gliene diamo autorizzazione – vengono integrati con i dati pubblici disponibili (livello di inquinamento o dati sul traffico, per intenderci) e con i dati ricavati dall’uso che la community fa delle applicazioni (il livello della domanda delle corse di Uber, il numero di passi registrati in media da Fitbit) e ci conducono intelligentemente a compiere un’azione specifica piuttosto che un’altra.
Ne è un esempio Google Now, software di assistenza personale installato sui device Android (e scaricabile per iOs) che è in grado di guidarci negli spostamenti e non solo. Ogni mattina consultiamo live le condizioni traffico per andare a lavoro, oppure quanto tempo è necessario per tornare a casa. Arrivati in un luogo a noi sconosciuto, ci aiuta ad “orientarci” suggerendoci posti interessanti nella zona e i mezzi di trasporto pubblici disponibili, con tanto di orari. Ma anche meteo, comandi vocali, codici per tracciare la spedizione che state aspettando, tutto in un’unica app.
Attraverso gli apparecchi e i sensori che ci circondano, generiamo enormi quantità di dati, analizzati da algoritmi di autoapprendimento per ricavare conoscenza e raccomandare o auto-generare un’azione. Dati contestuali, che combinati insieme traggono la loro efficacia dall’interazione tra gli interessi dell’utente, l’ambiente nel quale è immerso e i movimenti che lo accompagnano, influenzando i nostri comportamenti. Siamo nella Age of Context, come suggeriscono Robert Scoble e Shel Israel nel libro del 2013: le tecnologie contestuali – che “capiscono” le cose su di voi e sul vostro ambiente – sono una delle ultime tendenze abilitate dalla diffusione vertiginosa dell’universo mobile.
Oggi i nostri smartphone comunicano incessantemente con tutti i punti di accesso che li circondano, interrogandoli senza sosta e macinando intelligentemente sempre più informazioni
Grazie al costo estremamente basso di storage, la capacità di memorizzazione dei dati (Deloitte ha stimato che nel 1992 il costo di storage di un Gigabyte ammontava a $569, oggi siamo intorno ai $0.03) e grazie allo sviluppo di algoritmi e modelli in grado di analizzare questi dati quasi in real time, oggi i nostri smartphone comunicano incessantemente con tutti i punti di accesso che li circondano, interrogandoli senza sosta e macinando intelligentemente sempre più informazioni. L’avanzamento e gli investimenti negli esperimenti di intelligenza artificiale sono il pezzo finale del puzzle, di quel processo che trasforma i dati in informazioni cruciali che guidano l’azione.
Se tutto questo è in grado di creare un’esperienza personalizzata e che “gioca d’anticipo”, dall’altra le nostre capacità di calcolo e di azione ne risultano modificate. Quali forme prenderà il nostro procedere per sbagli ed errori, il nostro imparare per imprevisti ed eventi casuali se l’esperienza stessa, prima ancora di accadere, è sempre più prevedibile e meno incerta?