Non c’è niente da fare. Per vedere i primi concreti tagli ai rimborsi elettorali dovremmo aspettare ancora due anni- Perché per anche adesso i rimborsi continuano ad essere di gran lunga più alti rispetto a quanto i partiti realmente spendono in campagna elettorale. E così capita, ad esempio, che il Partito Democratico, alle politiche del 2013, abbia speso poco più di dieci milioni (10.004.610,42 euro) ma, dal 2013 e fino al 2016, intascherà più del doppio. Esattamente 23.652.539,63 euro.
È quello che emerge dalla corposa relazione consegnata proprio in questi giorni ai Presidenti delle Camere Laura Boldini e Piero Grasso, riguardante i “consuntivi delle spese e relative fonti di finanziamento riguardanti le formazioni politiche che hanno sostenuto la campagna elettorale per il rinnovo della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica del 24 e 25 febbraio 2013”. I magistrati contabili, d’altronde, nelle considerazioni conclusive del rapporto, lo dicono chiaramente: “L’esame dei rendiconti – si legge – ha evidenziato anche per le elezioni politiche in questione le criticità dell’ormai ventennale applicazione del sistema dei rimborsi elettorali disciplinato nella legge n. 515/1993 in cui, più che prevedersi un meccanismo volto a garantire l’uguaglianza della competizione politica nella fase elettorale, si è finito per annullare la correlazione tra spese elettorali effettivamente sostenute dai partiti e rimborsi statali erogati alle formazioni politiche”. Deo gratias la legge è stata modificata dal governo Letta (l’ultimo atto concepito da quell’esecutivo, peraltro, prima che venisse scalzato da quello targato Matteo Renzi). Peccato, però, che entrerà a pieno regime solo dal 2017. Quando, cioè, si saranno esauriti i pagamenti dei rimborsi elettorali.
Ed ecco allora che per quanto riguarda l’attuale legislatura, i partiti continuano ad incassare più di quanto abbiano concretamente speso in campagna elettorale. Prendiamo, ancora, il PdL-Forza Italia: per le politiche 2013 il partito di Silvio Berlusconi ha speso in totale circa 12 milioni di euro, ma nelle casse finirà molto di più, ovvero 18 milioni 849 mila euro. Stesso discorso anche per gli altri partiti che siedono in Parlamento. Se infatti la Lega Nord ha sborsato per la campagna elettorale 2,7 milioni, non solo copriranno quanto speso ma godranno di un surplus di circa un milioni di euro. Ancora meglio per Sinistra Ecologia Libertà: per le politiche il partito di Nichi Vendola ha mantenuto i costi bassi spendendo “solo” 859 mila euro, ma ora entreranno nelle casse oltre 2 milioni di euro. E così anche i partiti più piccoli e meno rappresentati come il Centro Democratico (84.276 euro spesi e 200.267 incassati), Sudtiroler (320.526 euro spesi e 455.569 incassati). Anche Il Megafono, la lista parallela al Pd messa su dal governatore siciliano Rosario Crocetta, godrà di un fondo che supera abbondantemente quanto speso in campagna elettorale: 256 mila euro entreranno nelle casse della lista a fronte di 23 mila euro sborsati.
Insomma, nonostante la progressiva riduzione dei rimborsi, anche per questa legislatura entrare in Parlamento non è solo indice di un successo politico, ma anche una garanzia, per i partiti, di incassare fiumi di denaro pubblico. In totale, secondo i magistrati, sono stati versati fino ad ora, per le politiche 2013, oltre 40 milioni di euro, ma le erogazioni saliranno ancora arrivando quasi a toccare quota 53 milioni. Domanda: quanto hanno speso i partiti che oggi ritroviamo presenti in Parlamento e che, dunque, godranno del finanziamento pubblico? Circa 35,5 milioni di euro. Molto meno, dunque, rispetto a quanto incasseranno.
Ed ecco allora lo spaventoso conto complessivo: in rimborsi elettorali, dal 1993 (anno della legge tramite cui è stato istituito il funzionamento dei rimborsi, appunto) ad oggi, a fronte di quasi 727 milioni di spese accertate dei vari partiti che si sono succeduti, i finanziamenti erogati hanno toccato quota 2 miliardi 480 milioni 702 mila euro. Parliamo, pertanto, di uno spaventoso più 241%.
Come detto, però, grazie al decreto legge del governo Letta del 28 dicembre 2013, si dirà stop al finanziamento pubblico ai partiti e via libera a nuove forme di finanziamento, tra cui le donazioni spontanee da parte di persone fisiche e giuridiche. Parliamo del cosiddetto “due per mille”, ovvero la quota dell’imposta Irpef che ognuno, liberamente, può donare a questa o quella forza politica. Peccato però che, secondo quanto riferito da Ugo Sposetti a fine anno in commissione Bilancio di Palazzo Madama, il due per mille sia stato un clamoroso flop. I contribuenti che hanno deciso di finanziare i partiti, infatti, sono stati solo 16.518. Se consideriamo che l’ultimo screening fatto dall’Agenzia delle Entrate per il cinque per mille, parla di oltre 14 milioni di contribuenti che hanno effettuato una scelta in riferimento all’ente da “premiare”, capiamo l’enormità del fallimento.
E, ovviamente, a fronte di un numero così risicato di contribuenti, anche le cifre di cui godranno i partiti sono altrettanto risicate. Al Partito Democratico (il più foraggiato) andranno circa 199 mila euro, alla Lega 28 mila, a Forza Italia 24 mila e a Sel 23. E via via tutti gli altri, per un totale di 325 mila euro. Briciole in confronto al piatto ricco dei rimborsi.