Niente decreto, nei prossimi giorni arriverà il disegno di legge. La riforma della scuola tiene banco a partire dalla stabilizzazione dei docenti precari. Ma tra le linee guida discusse da Ministero e Palazzo Chigi c’è anche il capitolo dedicato alle scuole paritarie, con l’ipotesi di uno sgravio fiscale sulle rette pagate dalle famiglie. «È il modo con cui lo Stato riconosce che quanto è stato speso per l’educazione dei figli ha un valore» spiega il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi. L’idea è quella di un fondo da 60-70 milioni di euro. Da anni foriero di divisioni politiche, il dibattito sugli istituti privati torna in auge. «La scuola è una, le paritarie sono parte del sistema, accolgono 1,2 milioni di studenti e fanno risparmiare lo Stato». Che spende 6.800 euro per ogni iscritto alla pubblica, contro i 500 versati a chi frequenta le paritarie. E il contributo pubblico destinato alle scuole private è sceso dai 534 milioni di euro del 2008 agli attuali 470. Resta il carico di polemiche su standard didattici e diplomifici. «La priorità è il controllo – rilancia Toccafondi – abbiamo aumentato il numero degli ispettori regionali e sono arrivate richieste di revoca per alcune scuole».
Perché, tra i mille problemi della scuola, bisogna inserire le paritarie?
Bisogna partire dalla realtà. Il mondo delle paritarie è costituito da 1,2 milioni di studenti che frequentano 13 mila scuole in cui sono occupate 100mila persone tra personale docente e non docente. Le paritarie sono l’altra faccia della medaglia della scuola italiana: il sistema istruzione si poggia su due gambe e se uno cede viene giù tutto. Pensi se da domani 1,2 milioni di studenti dovessero bussare allo Stato chiedendo nuove scuole, mense e insegnanti. Non dimentichiamoci che le paritarie fanno risparmiare lo Stato.
Come si articola lo sgravio fiscale previsto per le famiglie che iscrivono i figli alle paritarie?
È importante prevedere aiuti alle famiglie tramite lo strumento della detrazione. Si portano dal commercialista le ricevute della scuola e lo Stato riconosce una detrazione del 19%. Ma soprattutto riconosce che quanto è stato speso per l’educazione dei figli ha un valore. Il modello su cui stiamo lavorando è quello della finanziaria del governo Prodi del 2005 che aveva previsto un fondo per la detrazione delle rette degli asili nido, con un risparmio annuo tra i 120 e i 150 euro per ogni famiglia. Noi vorremmo estendere la misura a scuole elementari, medie e superiori. Ma non parliamo solo di paritarie, l’idea è quella di portare a detrazione anche il “contributo volontario” richiesto ogni anno dalle scuole statali ai genitori per coprire i costi del materiale didattico.
L’Unione degli Studenti protesta. La scuola pubblica cade a pezzi e il governo pensa alle scuole private.
Dimenticano che da mesi stiamo cercando soldi ovunque per ristrutturare e costruire nuovi istituti. La scuola è una sola e il tema della parità non esclude gli investimenti sulla statale. Basti pensare al miliardo di euro stanziato nella legge di stabilità del 2015 e ai tre miliardi a regime dal 2016.
La questione dei fondi alle paritarie sconta resistenze in primis nel Pd. Non teme che Renzi, spinto dalle polemiche, possa fare un passo indietro?
In politica bisogna mettere in conto tutto, ma in queste ore è maturato un buon dialogo con la presidenza del Consiglio. Non mi pare ci siano problemi. Ho letto molte posizione laiche ma sacrosante sulla scuola, a partire da quelle dei dem Berlinguer e Malpezzi. Poi, se salterà qualcosa, sarò io a chiedere spiegazioni su un eventuale “perché no”. Serve un esercizio di realismo: le paritarie non sono scuole confessionali o per ricchi, realizzano una libertà di scelta educativa per molte famiglie. Bisogna conoscere le esperienze, come quelle di istituti gestiti da cooperative di insegnanti o di genitori, ma anche le storie di famiglie che fanno i salti mortali per pagare le rette. Oggi fortunatamente vedo una maggiore maturità nel dibattito pubblico, più conoscenza di queste scuole e sempre meno ideologia.
Le paritarie sono una realtà. Ma lo sono anche i cosiddetti diplomifici e gli istituti privati che non garantiscono standard didattici adeguati. Come vi muovete?
I diplomifici sono i peggiori nemici della parità scolastica. Il primo tema dev’essere proprio il controllo delle scuole paritarie. Anche per questo motivo nel sistema di valutazione sulle scuole è stato inserito il monitoraggio sulle paritarie. Con un’ulteriore circolare abbiamo reso impossibile fare l’esame di maturità in province diverse da quella in cui si è frequentata la scuola. E ora proseguiamo con le ispezioni. Fino all’anno scorso c’erano pochi ispettori, ne abbiamo assunti 55 e con questa riforma ne arriveranno altri 80. Inoltre le linee guida del Miur agli uffici scolastici regionali prevedono maggior controllo per le paritarie. E sono già arrivate richieste di revoca per alcune scuole.
Bastano questi strumenti? Nell’esperienza comune emergono scandali e situazioni anomale. Un po’ come le scuole che offrono diversi anni in uno.
C’è sempre da lavorare. Le scuole con due o tre anni in uno spuntano come funghi, così come quelle online. C’è un mercato con una richiesta significativa. Il nostro compito ovviamente è di controllare il sistema. Ma ci vorrebbe uno scatto culturale per capire che l’importanza dell’esperienza dello studio va al di là della conquista del foglio di carta chiamato diploma. Quei cinque anni e quelle cinquemila ore trascorse a scuola non sono tempo buttato.