Intesa Sanpaolo, il più grande gruppo bancario italiano, avrebbe evaso il fisco italiano per 731 milioni di euro, nel periodo che va tra il 2004 e il 2013, con il rischio che, calcolando anche il 2014, la cifra possa arrivare a toccare il miliardo. È scritto nel bilancio consolidato del gruppo, pubblicato pochi giorni fa. La notizia è nota sin dallo scorso anno, quando scoppiò Luxleaks, inchiesta condotta da una rete internazionale di giornalisti che denunciò una serie di concessioni fiscali segrete del governo del Lussemburgo ad aziende multinazionali tra il 2002 e il 2010. Tra le aziende italiane coinvolte c’era già Intesa Sanpaolo oltre a Unicredit, Banca Marche e Banca Sella, Finmeccanica e Fiat. Del caso ne ha parlato Servizio Pubblico su La7 giovedì 26 marzo. Ma oltre alla Guardia di Finanza e all’Agenzia delle entrate, ci sarebbe già un fascicolo sulle scrivanie della procura di Milano, in particolare del capo del pool per i reati economici Francesco Greco, che starebbe valutando i possibili rilievi penali. Del resto, è notizia di lunedì 23 marzo che proprio a Milano sono state chiuse le indagini, in vista di una possibile richiesta di rinvio a giudizio, nei confronti di tre manager di Apple per una presunta evasione fiscale.
L’ipotesi è il mancato versamento dell’Ires per un totale di circa 879 milioni di euro in 5 anni, dal 2008 al 2013. Secondo l’indagine, coordinata proprio da Greco e dai pm Adriano Scudieri e Carlo Nocerino, i profitti realizzati in Italia dalla multinazionale sarebbero stati contabilizzati dalla società che ha sede in Irlanda, Paese dove la pressione fiscale è più favorevole. La vicenda è per certi versi molto simile a quella di Intesa. Tutto ruota intorno a Eurizon Sa, società di gestione del risparmio di Ca’ de Sass, che ha sede in Lussemburgo. Come si legge nella nota integrativa del gruppo «in data 10 febbraio 2015 il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Milano ha notificato a Eurizon Capital S.A. – Lussemburgo un PVC (Processo verbale di constatazione ndr) con il quale, in relazione agli anni d’imposta dal 2004 al 2013, è stata contestata la mancata dichiarazione, ai fini Ires, di redditi per circa 731 mln complessivi, sulla base della presunta residenza fiscale in Italia della società per la asserita presenza nel territorio dello Stato della sede dell’amministrazione e dell’oggetto principale. In particolare i verificatori hanno formulato detta contestazione, sulla scorta della documentazione acquisita nell’ambito di una verifica, ancora in corso di svolgimento, nei confronti di Eurizon Capital Sgr».
La chiave per capire la questione è la parolina «esterovestizione». È una prassi molto comune e secondo le aziende che spesso si ritrovano a superare questi conteziosi con il fisco, più che mai “regolare”. In pratica si sceglie una residenza fiscale in un Paese diverso dall’Italia per beneficiare di un regime fiscale più favorevole nonostante la società residente all’estero conduca nel territorio italiano la propria attività principale cioè abbia in Italia la sede della propria amministrazione. In Lussemburgo le tasse sui redditi sono più basse. Continua la nota integrativa: «In merito si ritiene che la contestazione sia assolutamente infondata. Ciò in considerazione della correttezza dei comportamenti tenuti dalla controllata – che opera in Lussemburgo fin dal 1988 con una struttura composta da oltre 50 dipendenti altamente qualificati dedicati principalmente alla gestione, commercializzazione e amministrazione di fondi comuni di investimento di diritto lussemburghese ed è soggetta a vigilanza da parte delle autorità regolamentari lussemburghesi – sempre improntati al pieno rispetto delle disposizioni tributarie nazionali e del trattato contro le doppie imposizioni tra Italia e Lussemburgo».
Interpellato da Linkiesta, il gruppo Intesa Sanpaolo ha tenuto a precisare la sua posizione con una nota: «In merito a quanto riportato nella nota integrativa del bilancio consolidato 2014 del Gruppo Intesa Sanpaolo, Parte E – Informazioni sui rischi e sulle relative politiche di copertura e relativamente alla notifica ricevuta da Eurizon Capital SA da parte della Guardia di Finanza in data 10 febbraio 2015, il Gruppo Eurizon ribadisce la correttezza del proprio operato avendo sempre adottato comportamenti rispettosi delle disposizioni tributarie nazionali e del trattato contro le doppie imposizioni tra Italia e Lussemburgo. Si sottolinea infatti che Eurizon Capital SA opera in Lussemburgo fin dal 1988 con una struttura composta da oltre 50 dipendenti altamente qualificati dedicati principalmente alla gestione, commercializzazione e amministrazione di fondi comuni di investimento di diritto lussemburghese. La società rappresenta quindi un’importante realtà all’interno del Gruppo Eurizon ed è soggettata alla vigilanza da parte delle autorità regolamentari lussemburghesi che verificano costantemente l’attività svolta, nonché l’adeguatezza della struttura organizzativa in loco. Il Gruppo Eurizon ha già tempestivamente avviato con l’Agenzia delle Entrate le interlocuzioni necessarie a chiarire la propria posizione, convinta di dimostrare la piena legittimità della propria condotta».