Aggiornamento: #Goodnews Il 13 aprile 2015 la Soprintendenza ai beni archeologici calabrese ha ordinato lo stop dei lavori nel parco archeologico di Capo Colonna, ma solo dopo «che la stesura di magrone su rete elettrosaldata è stata completata su tutta l’estensione del sagrato nei giorni scorsi». La sospensione è stata fissata fino alla festa della Madonna di Capocolonna, prevista per il 17 maggio, quando migliaia di fedeli si riuniscono sul sagrato, dove da poco sono stati ritrovati i resti del foro romano.
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Un parcheggio al centro del parco archeologico. Con tanto di permesso da parte del ministro dei Beni culturali. A Capo Colonna, accanto all’antica città di Kroton, dove Pitagora creò la sua scuola di scienza, sono partiti i lavori per coprire con una colata di cemento i resti del foro romano appena scoperti. Serviva uno spiazzo per reggere il peso dei fedeli in pellegrinaggio alla chiesa della Madonna di Capo Colonna. E per ospitare gli invitati dei matrimoni scenografici che si celebrano sul promontorio a picco sullo Ionio.
Dopo due interrogazioni parlamentari e le proteste da parte dei cittadini, che avevano visto le betoniere solcare il parco mentre di solito i visitatori sono obbligati a camminare sulle passerelle di legno, il ministero guidato da Dario Franceschini ha inviato i suoi ispettori per valutare l’impatto dei lavori. Ma la relazione, che secondo gli archeologi del posto sarebbe molto critica, è sparita nel nulla. Ora, per evitare altre proteste, il cantiere è presidiato dalla Digos. La festa patronale della Madonna è il 17 maggio e per quella data tutto deve essere pronto.
(Le betoniere nel parco archeologico)
Il progetto di intervento (del 2013), denominato “Spa 2.4 Capo Colonna”, prevede l’«ampliamento delle conoscenze della realtà archeologica e messa in sicurezza delle strutture archeologiche riportate in luce». Finanziato con 2,5 milioni di euro di fondi Fas, quelli per le aree sottoutilizzate. Oltre alla pavimentazione in cotto dell’area antistante la chiesa, i soldi verranno utilizzati per il rifacimento dell’impianto fognario, l’esproprio di alcuni terreni, il restauro di una villa e per le coperture dei resti archeologici all’interno di un parco da anni abbandonato all’incuria. Solo il 30% dei reperti è stato portato alla luce, e gli ultimi sbiaditi pannelli informativi per i turisti risalgono agli anni Novanta.
“L’area avrebbe bisogno di interventi, ma cementificare i beni antichi non è il miglior modo per conservarli”
«L’area avrebbe bisogno di interventi, ma non di questi interventi», dice l’archeologa crotonese Margherita Corrado, portavoce dell’associazione culturale Sette Soli, che da mesi protesta contro il progetto del parcheggio. «Cementificare i beni antichi non è il miglior modo per conservarli».
Durante i primi lavori per la pavimentazione della piazza, sono stati rinvenuti i resti dell’antico foro romano, posto proprio sul promontorio, al centro del parco. «È il cuore dell’antica città. Invece di valorizzarlo e inserirlo nel percorso archeologico, lo coprono con una colata di cemento. In questo modo l’area sparirà per sempre». Ma non è l’unico dubbio degli archeologi sul progetto. «Di solito le coperture per la conservazione dei reperti archeologici sono fatte in modo leggero, per essere facilmente inserite nel contesto del parco. Qui invece per coprire i mosaici delle terme è prevista una tettoia di acciaio come quelle di un Autogrill. Non solo è una bruttura, ma l’inserimento dei pali che reggono la copertura metallica prevede degli scavi che potrebbero essere pericolosi». Le associazioni hanno segnalato alla magistratura il rischio di danneggiamenti, e la Procura di Crotone ha anche aperto un fascicolo d’indagine.
(I resti del foro romano prima della colata di cemento)
La Soprintendenza calabrese, dove da poco si è insediato Francesco Di Gennaro, prima ha ammesso che lo spiazzo sarebbe stato adibito a parcheggio solo per i residenti nel parco – una sola famiglia – e gli addetti ai lavori. Poi, come ha fatto anche il sindaco di Crotone Peppino Avallone, ha negato che ci fosse proprio l’idea di farne un parcheggio. Ma la cosa non convince. «Il massetto di cemento con una rete elettrosaldata presuppone che da lì debbano passare mezzi pesanti», dice Margherita Corrado. «Tutti gli interventi sono stati pensati per gonfiare i costi e spendere di più. Avevano tanti soldi a disposizione e non sapevano cosa farne».
A febbraio gli ispettori sono arrivati in Calabria da Roma, consegnando dopo qualche giorno l’esito al ministero. Da lì in poi della relazione non si sa più niente.
Nel mese di gennaio, dopo che le betoniere avevano gettato il primo strato di cemento, un gruppo di cittadini organizzatisi poi nel comitato “Salviamo Capo Colonna” aveva protestato presidiando giorno e notte i quaranta ettari del parco. La ditta napoletana che si è aggiudicata i lavori non aveva esposto i cartelli per l’avviso dei lavori, così le forze dell’ordine non avevano potuto sgomberare i cantieri, multando anche la soprintendenza per la mancanza. Il 26 gennaio il ministero dei Beni culturali ha sospeso il cantiere in vista di una ispezione e a febbraio sono arrivati, da Roma, gli ispettori. L’esito del sopralluogo è stato consegnato al ministero qualche giorno dopo. Da lì in poi, della relazione non si sa più niente. «Sappiamo che l’esito della relazione è molto critico nei confronti del lavoro sul piazzale», dice Margherita Corrado. «Il 13 febbraio abbiamo chiesto al ministero l’accesso agli atti senza ricevere risposta, e ora ci siamo rivolti al Tar».
La questione è finita in Parlamento con due interrogazioni al ministro Franceschini, la prima presentata da due esponenti Cinque stelle calabresi, Nicola Morra e Paolo Parentela, la seconda da un gruppo di parlamentari del Pd, compreso l’ex ministro dei Beni culturali Massimo Bray. Sul caso è intervenuta anche Maria Carmela Lanzetta, ex ministra calabrese agli Affari regionali appassionata di archeologia, che ha scritto a Franceschini chiedendo di intervenire.
(Le proteste dei cittadini a Capo Colonna, che hanno bloccato a metà i lavori di copertura. Sullo sfondo la chiesa della Madonna di Capo Colonna)
La risposta del ministero alla prima delle interrogazioni è arrivata il 5 marzo scorso. «La soluzione progettuale adottata», si legge, «consente per un verso di conservare il dato archeologico nella sua oggettiva consistenza storica» e anche «di rendere fruibile l’area di superficie, divenuta, fin dal medioevo, sagrato della Chiesa della Beata Vergine di Capo Colonna». E in ricordo del foro romano, viene assicurato che «il tracciato planimetrico delle strutture romane individuate verrà riproposto graficamente sulla pavimentazione del sagrato e le fasi dell’insediamento, nonché la storia degli scavi, verranno illustrati su pannelli didattici». In pratica, sulla pavimentazione resteranno i disegni del foro.
“Il tracciato planimetrico delle strutture romane individuate verrà riproposto graficamente sulla pavimentazione del sagrato”. In pratica, sulla pavimentazione resteranno i disegni del foro
«Abbiamo proposto al ministero un tavolo tecnico con gli archeologi», racconta il Cinque stelle Paolo Parentela, «ci è stato detto che i lavori non sarebbero ripartiti fino alla conclusione del tavolo». Invece durante le feste di Pasqua i camion hanno portato sul posto le prime coperture in acciaio. E l’8 aprile, con il via libera del ministero e la protezione delle forze dell‘ordine, le betoniere hanno completato l’ultima colata di cemento utile per far partire la pavimentazione. La festa della Madonna si avvicina.
(Lavori in corso nel parco di Capo Colonna)