«Come siamo diventati tutti disfattisti da salotto»

«Come siamo diventati tutti disfattisti da salotto»

Come la pensano gli italiani lo si può comprendere anche dalle lettere ai giornali. C’è un sito, in Italia, che, quotidianamente, pubblica le lettere più interessanti, www.carodirettore.eu, nato per iniziativa dell’Azienda di soggiorno e turismo di Bolzano. Linkiesta ne propone qualcuna, rimandando al sito i lettori che vorranno avere un panorama ancora più vasto di ciò che gli italiani scrivono ai giornali, quotidiani e periodici.

La Repubblica 10 aprile

Vi spiego perché si preferisce essere disfattisti

Caro Corrado Augias, la sua rubrica si è occupata della nostra “porca rogna dell’autodenigrazione” (così Gadda). È un tema di rilievo, provo a contribuire trascrivendo in sintesi quattro vantaggi di comunicazione offerti da questa pratica diffusa ma deleteria.

1) Il disfattismo è potente: fa leva su emozioni primarie (rabbia, paura, disgusto). Chiede poco in termini di impegno analitico e dialettico, rende molto in termini di coinvolgimento e memorabilità.

2) È conveniente e confortevole: permette di giudicare da una posizione di forza, senza far proposte che, a loro volta, potrebbero essere giudicate. Tra una critica e l’altra, ci si riposa.

3) È spettacolare: la rissa cattura l’attenzione e l’invettiva diverte. Dicendone di tutti i colori si diventa popolari e si rimediano inviti ai talk show.

4) È autoassolutorio: dissolve ogni responsabilità individuale nello stigma collettivo. «Se tutti sono incapaci e disonesti, che volete da me? È colpa di un sistema perverso e immutabile».

Smontare il disfattismo è difficile, ma leggerne i meccanismi è, credo, un buon primo passo. Forse lo si può fare anche senza sentirsi ciecamente filogovernativi, no?

Annamaria Testa, Milano

A furia di tagliare hanno tagliato anche il passaporto di mia figlia 

Sono un cittadino italiano residente all’estero in Repubblica Domenicana, vi sto scrivendo perché mi trovo in una situazione incredibile: vorrei fare il passaporto a mia figlia, però mi è praticamente impossibile. Come voi sapete in Repubblica Dominicana è stata chiusa l’ambasciata italiana, e a questo punto è iniziato il nostro calvario. Io e la mia compagna italiana abbiamo avuto una figlia a Santo Domingo, ma siamo cittadini italiani quindi vorremmo farle il passaporto italiano. Quindi iniziamo a fare le pratiche ma ci rendiamo conto che in realtà non si può fare nulla. Allora mi metto in contatto con il console e mi dice di rivolgermi all’ambasciata competente Panama. Ma come andiamo a Panama se mia figlia non può uscire dal Paese, perché non ha il passaporto? Riassumendo mia figlia italiana non ha diritto ad avere il passaporto.

Fabio Massimo Ronchetti, Santo Domingo

Vorrei fare lo sciopero del sorriso, ma…

L’amore cola a picco nella classifica dei sentimenti, l’amicizia è affidata ai social network e magari, mentre una persona cara è scomparsa, ci si trova a contare i “like” per un aforisma pubblicato sulla sua bacheca. Ovunque prevalgono il compromesso, l’invidia, il disincanto, la disillusione, l’esibizionismo, che a loro volta generano oligarchia, illegalità, solitudine e spregio dei diritti. Una guerra planetaria di soldi e di potere uccide esseri umani poveri e impotenti. Per tutto questo e per il molto altro che non si può elencare in una lettera, vorrei intraprendere, da questo momento, uno sciopero del sorriso. Ma sarebbe un sacrificio durissimo per chi ritiene, come me, che il sorriso sia una delle poche peculiarità che distinguono il genere umano dagli altri esseri viventi.

Paolo Izzo

Corriere della Sera 10 aprile

Macchè scatola nera, mettiamoci due fotocamere sulle auto

Più che la scatola nera, se tutte le auto fossero dotate di due fotocamere (una davanti e una dietro) che registrano in “continuo” gli ultimi 30/60 secondi del viaggio, finirebbero dubbi e misteri su tutti gli incidenti stradali. E’ una soluzione da pochi euro (20/30 al massimo) del tutto ininfluente sul prezzo finale del veicolo.

Franco Milletti, Carpi (Mo)

Il Fatto Quotidiano

Se il giornale borghese aizza contro i rom

Non sono di sinistra e in edicola alterno il Fatto Quotidiano al Tempo perché, nei rispettivi campi, dicono cose un po’ diverse. Beh, il 2 aprile sono stata colta di sorpresa da questo titolo del Tempo: “Le persone perbene in piazza a Roma contro i Rom. Sale la rabbia in ogni quartiere. I Romani si mobilitano”. Capisco i cattivi umori, ne abbiamo tutti. Ma un giornale borghese che vuole trasformare le famiglie in centri sociali, mi pare un fatto nuovo.

Silvia

La Stampa 10 aprile

Migrazione di rappresentanza dalla politica alla magistratura

È in atto una migrazione di rappresentanza. Da anni è sempre meno il Parlamento a farsi carico delle domande dei cittadini e sempre più la magistratura. La pessima legge elettorale del Porcellum non è stata revocata dalla politica, ma dalla Corte Costituzionale, attivata da un semplice avvocato e da un giudice che ha ritenuto fondata la questione. Anche la clamorosa sentenza sulle torture di Genova è venuta dalla magistratura (europea) a cui si era rivolto il semplice cittadino Arnaldo Cestaro, visto che il Parlamento da anni tiene bloccata la norma che dovrebbe istituire il reato di tortura. Contro la corruzione la politica concede una legge controvoglia e dopo anni, annacquata dal divieto di usare l’arma delle intercettazioni contro i corrotti delle milioni di aziende non quotate in Borsa. Così i cittadini vedono nell’Anticorruzione di Cantone (ex magistrato) l’unica istituzione in grado di rappresentare il bisogno di onestà. I politici si sono accorti di questa «migrazione di rappresentanza» e hanno reagito contro i giudici. Solo così si spiega la rapida approvazione del provvedimento intimidatorio che estende la responsabilità civile dei magistrati oltre le previsioni fisiologiche già in vigore. Insomma, bloccata la politica si sta affermando l’idea che il deficit di rappresentanza non ha bisogno di nuovi partiti, ma di nuovi ricorsi. 

Massimo Marnetto  

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