L’arte di compilare il menù sta nel creare un elenco sensato delle pietanze, disporlo in modo gradevole, con scrittura chiara e font accattivanti e – soprattutto – comporlo con furbizia, adescando il cliente e facendogli ordinare cose costose. Il punto è sempre quello: vendere. Non basta che siano entrati e siano seduti: devono ordinare, e ordinare bene.
Questo sito ha preso a cuore la situazione e dopo varie indagini nel settore ha stilato una lista di trucchi che i ristoratori mettono in atto nel momento in cui scrivono il menù. Può essere anche vista come una guida al menù perfetto. Dipende, come sempre nella vita, da che parte siete.
I menù limitano le opzioni
Più sono le scelte, e maggiore è l’ansia che si crea. Per evitare questo “paradosso della scelta”, nei menù non vengono mai messi più di sette piatti per ogni genere. Di più è troppo. Il cliente, preso dalla confusione, sceglierà di prendere ciò che già conosce (e non è sempre un male), ma non gradirà il suo stato d’animo. Un ristoratore furbo non supererà i tre/quattro piatti per tipo di portata. Poca scelta suggerisce (per chissà quale ragione poi) che la qualità sia alta.
Manipolano i numeri
Cosucce, robe da nulla. Ma dal punto di vista psicologico hanno effetto. Ad esempio, tolgono il segno della moneta: non starai spendendo 12.00 €, ma 12. 00, o meglio ancora, 12. La dissociazione tra il numero e la moneta, anche se inconscia, è un requisito necessario. Ancora meglio funziona il trucco di scrivere in parole le cifre. Dodici euro.
Un altro trucco è non dividere pietanze-prezzi in due colonne, come capitava all’inizio, quando a ogni piatto corrispondeva un prezzo e i due elementi erano collegati da righe di puntini. La cosa più efficace è questa formattazione.
I trucchi dei prezzi relativi
Checché ne dica Ratzinger, tutto è relativo. Anche i prezzi: il trucco, vecchio come il mondo, è di far sembrare una verdurina a 25 euro una delizia economica e non un furto a mano armata come è in realtà. Basta mettere al suo fianco un altro piatto (che so, un filetto), a 45 euro, o 50. Il valore della verdurina, al confronto, sembrerà quasi umile.
Ma senza esagerare: se si rimane intorno a un budget comprensibile (ogni categoria di ristorante ha il suo: quelli meno cari intorno ai 12-15 euro, gli altri dai 30-40, altri anche di più), mettere cifre un filo più alte suggerisce (non si capisce bene nemmeno qui perché) che la qualità sarà migliore. Invece che 35 euro costa 38? Sarà più buono. Invece che 12 costa 16? Sarà cucinato con molta più cura. E allora si ordinerà, pensando e aspettandosi di mangiare qualcosa di diverso dalla vecchia zuppa.
Giocano con i tuoi occhi
Proprio come nei supermercati: ci sono posizioni, sulla carta del menù, che valgono di più rispetto ad altre. Sono quelle che saranno visti di sicuro, su cui gli occhi del cliente saranno costretti a posarsi. In alto a destra, per esempio. E lì finiscono i piatti più cari. Gli antipasti e le insalate sono a sinistra, spesso anche in basso. Sono le leggi del menù.
Ce ne sono tante altre. Parlano di colori e di manipolazione dei sentimenti. Si può trovare qui qualche suggerimento in più, per non farsi gabbare dai ristoratori.