L’ultimo atto dell’Italicum si apre con un sms, spedito a tutti i deputati del Partito democratico alla vigilia delle prime votazioni in Aula sulla legge elettorale. «Martedì dalle ore 11.30 presenza obbligatoria senza eccezione alcuna. Annullare ogni impegno e missione». Dalla sostituzione degli esponenti della minoranza in Commissione Affari Costituzionali allo spettro della fiducia in Aula, il percorso parlamentare si accende. Questione di giorni, con Ettore Rosato che annuncia: «l’Italicum sarà approvato entro una settimana». Il vicecapogruppo del Pd alla Camera scommette pure che nel suo partito a votare contro la legge saranno «meno di cinque tra cui Civati, Fassina, D’Attorre». In realtà il fronte della dissidenza è più vasto, in continua fibrillazione. I cuperliani ribadiscono che «il voto di fiducia sarebbe uno strappo gravissimo» e proprio sul tema si segnalano indecisi e trattativisti all’interno di una minoranza dalle mille sfumature.
Intanto le opposizioni serrano i ranghi e si attrezzano per un eventuale sgambetto al premier. Solo un centinaio gli emendamenti depositati dai gruppi parlamentari ma Forza Italia, Sinistra Ecologia e Libertà, Movimento 5 Stelle e Lega Nord hanno presentato otto pregiudiziali di incostituzionalità, tra questioni di merito e metodo, che verranno votate nella mattinata di martedì nell’aula di Montecitorio. «A noi sembra che dopo la famosa sentenza numero 1 del 2014 della Corte Costituzionale l’Italicum ricada negli stessi tranelli, aggirando gli ostacoli», spiega a Linkiesta una deputata di Sel.
Forza Italia ha chiesto il voto segreto su due pregiudiziali. «Speriamo – chiosa il capogruppo Renato Brunetta – che questo sia un vero segnale a Renzi e al suo governo indeciso». E annuncia battaglia nel caso l’esecutivo metta la fiducia. Le pregiudiziali delle opposizioni se la prendono con quella che definiscono «la riproposizione del vecchio Porcellum» e puntano il dito contro il premio di maggioranza assegnato alla lista, il ballottaggio, i capolista bloccati, le candidature multiple, la compressione della rappresentatività parlamentare. La richiesta, su tutti i documenti firmati dai deputati dei gruppi in questione, è quella di «di non procedere all’esame della proposta di legge».
Frecce avvelenate, accuse, rimpalli. In Aula, dove lunedì è cominciata la discussione generale sull’Italicum, Maria Elena Boschi cita il poeta Jose Saramago. Luigi Di Maio avrebbe definito i deputati Pd «miserabili», mentre il capogruppo di Fratelli d’Italia Fabio Rampelli evoca la storia: «Renzi va alla guerra ma rischia una Waterloo». Nel giorno in cui Corrado Passera si imbavaglia davanti a Montecitorio contro l’Italicum, le opposizioni misurano le forze in campo. Se dalle fila del Movimento 5 Stelle sono pronti a «proteste scenografiche», dentro Forza Italia berlusconiani e fittiani si ricompattano sul no all’Italicum. Un armistizio contro il Nazareno che sconta un’unica incognita, quella dei parlamentari vicini a Denis Verdini, il cui approdo al Pd è stato bollato dal vicesegretario Guerini alla stregua di un’ipotesi «fantasy». Intanto un colpo di scena arriva a sinistra, dove il deputato di Sel Antonio Matarrelli annuncia che voterà sì all’Italicum. «Il testo della legge in discussione sembra rispondere con sufficiente pienezza alle esigenze, è lecito manifestare soddisfazione». L’ultimo atto dell’Italicum potrebbe essere anche il più doloroso.