L’elemento fondamentale della comicità, dice chi se ne intende, non è la battuta in sé, non è l’argomento di cui parla e non è nemmeno il contesto in cui ci viene raccontata o mostrata. È il tempo. Da qui la frase, dedicata a un tal comico o a un talaltro, “ha proprio i tempi comici perfetti”, che rende onore a una capacità che il più delle volte è un istinto ed è difficilissimo da costruire.
Se ci riflettiamo bene può sembrare un paradosso che l’arte dell’ironia — che è tanto arte da meritarsi perfino una musa, Talia (ogni assonanza con Italia è da considerarsi casuale, all’epoca di italie in giro non ce n’erano) — pur basandosi sulla creazione dell’umorismo per mezzo della collisione tra contenuti, abbia come valore centrale, per molti versi unico, qualcosa che è ben al di là di qualsiasi contenuto, ovvero il tempo.
Una delle prove di questa curiosa dinamica ce la fornisce la storia recente del cartone animato e, in particolare, Family Guy, ovvero i Griffin, la serie creata nel 1999 da Seth MacFarlane, che proprio sul tempo e sulla reiterazione della battuta fonda una parte importante del suo umorismo.
Lo stesso vale anche per Avery Monsen e Jory John, autori della serie umoristica a fumetti All My Friends Are Dead — che negli Stati Uniti e in Inghilterra ha avuto negli ultimi tre anni un successo disarmante. La prima parte è stata pubblicata nel 2014 in italiano da Baldini & Castoldi con il titoloTutti i miei amici sono morti, e ne è appena uscita una seconda, intitolata Tutti i miei amici sono ancora morti e irresistibile come la prima.
La comicità del duo americano è perfetta, ed è perfetta anche in quell’arte che non manca a Seth MacFarlane e ai suoi personaggi. Parlo esattamente di quell’istinto per il tempo comico che trasforma una bella battuta di una battuta irresistibile. Certo, i personaggi di Monsen e John sono assolutamente improbabili — si passa da un dinosauro a uno spazzolino, da un medico legale sfigato che riesce ad avere rapporti quasi solo con cadaveri, fino alla povera Morte, incapace di farsi degli amici senza uccidere tutti — il sottotesto è sempre di una cattiveria atroce e gli argomenti sono quelli tipici dell’umorismo nero: la morte, l’esistenza, la solitudine.
E se ognuna delle situazioni che i due creano riesce a fare ridere un sacco, non è solo per quella potentissima arma che è l’umorismo nero, cinico, graffiante e cattivissimo. E non è nemmeno per l’assoluto non-sense di alcuni dei suoi protagonisti. No, o meglio, non solo. Perché è soprattutto per merito di quel leggero prolungamento del tempo che il lettore dedicherebbe a una pagina semplice, come quelle di Tutti i miei amici sono ancora morti, che la comicità del duo colpisce più a fondo. Ed è proprio per quella specie di still, per quella divisione delle battute in più vignette sostanzialmente identiche, che la battuta diventa irresistibile.
E infatti:
O ancora: