La sentenza della Corte di Strasburgo che ha “assolto” l’ex superpoliziotto Bruno Contrada ha riacceso il dibattito sul reato di concorso esterno in associazione mafiosa, fattispecie che non è fissata nel codice ma vive nella giurisprudenza grazie alle sentenze della Corte di Cassazione degli anni ’90. E’ un principio che ha fissato la stessa Corte dei Diritti dell’uomo sul caso Contrada, spiegando che fino al 1994, sentenza Demetry, il reato non «era sufficientemente chiaro». Eppure c’è un altro ricorso di un condannato per lo stesso reato che potrebbe nei prossimi anni scatenare nuove polemiche. Si tratta di Marcello Dell’Utri, l’ex senatore di Forza Italia e socio di Silvio Berlusconi, condannato per lo stesso reato nel periodo che varia dal 1974 al 1992: il senatore e i suoi legali stanno aspettando notizie dall’Europa dopo aver avviato il ricorso nel 2014, quando Dell’Utri si trovava latitante a Beirut. Secondo l’avvocato di Contrada, Giuseppe Lipera, sentito dal Fattoquotidiano.it, «i casi sono molto simili». Al momento i legali dell’ex dirigente Fininvest restano in silenzio. Del resto il ricorso per l’ex Sisde scattò nel 2007. Ci sono voluti quasi otto anni. Dell’Utri quindi potrebbe scontare la sua condanna e poi solo nel 2011 avere risposte in merito. Anche la revisione del processo? Al momento c’è solo la richiesta di Renato Brunetto che dopo la Cedu ha chiesto al presidente Sergio Mattarella di concedere la grazia al politico palermitano.
Carlo Federico Grosso, tra i più noti penalisti italiano e professore all’Università, legge la sentenza della Corte proprio in questa chiave: «È stato stabilito che il reato di concorso esterno non era sufficientemente definito in quello spazio di tempo in cui Contrada ha ricevuto la condanna. Il concorso esterno non è un reato, il concorso è l’applicazione del concorso eventuale di reato e l’applicazione del reato associativo: si tratta di un’interpretazione giurisprudenziale». A questo punto, secondo Grosso, sulle possibili revisioni dei processi in Italia si dovrà valutare caso per caso. Ma la strada è difficile. «Rispetto al concorso va capito se l’applicazione della Cassazione è sufficientemente definita. A mio parere la Cassazione ha elaborato di principi di determinazione della sua rilevanza penale. L’approdo è la sentenza Mannino, quella sentenza ha specificato in maniera sufficientemente dettagliata quali sono i requisiti per poter applicare il concorso eventuale al reato associativo. Dal quel momento non c’è più una situazione di incertezza ma abbiamo qualcosa di sufficientemente preciso».
Grosso non contesta la sentenza europea. «Io non la contesto, è tutto un problema che riguarda quel caso concreto. La domanda da farsi adesso è se tutti condannati per il concorso esterno potranno chiedere la revisione dei processi. Direi proprio di no, perché quantomeno le condanne di concorso esterno dopo la Cassazione sono chiare. Bisognerà vedere caso per caso». E rispetto alla possibilità di inserire il reato di concorso esterno nel codice, come auspica il giurista Giovanni Fiandaca, l’avvocato di Torino spiega che si tratta «di un argomento di cui si discute da lungo tempo sul fatto se sia opportuno cristalizzare la norma codicistica. Il problema è che si porrebbe un problema di irretroattività della legge, con tutto quello che ne comporta, ma indubbiamente i termini sarebbero definiti». Per capire se la sentenza della Corte di Strasburgo avrà effetti sull’ordinamento italiano bisognerà aspettare il 18 giugno, quando il tribunale di Caltanissetta affronterà le richieste dei legali di Contrada. Qui il dibattito giuridico è molto complesso su come possano impattare queste sentenze nel nostro ordinamento: i tempi sono lunghi. E Dell’Utri difficilmente potrà uscire prima dal carcere.