La Commissione elettorale centrale del Kazakistan, alle 10 di mattina del 27 aprile ora locale, ha annunciato i risultati delle elezioni presidenziali nel Paese tenute il giorno precedente. Affluenza: 95,22 per cento degli aventi diritto. Risultati: 97,7 per cento per il presidente uscente Nursultan Nazarbayev.
Nazarbayev è il padrone della politica locale da prima ancora che nascesse il Kazakistan indipendente: con un curriculum identico a quello di Islam Karimov nel vicino Uzbekistan, è diventato segretario del Partito comunista della Repubblica Sovietica Kazaka nel 1989, poi primo presidente dello stato indipendente nel 1991. Finora è rimasto l’unico, riconfermato in tutte le otto elezioni tenute da allora in poi.
Il “leader della nazione”
A dire il vero, la costituzione kazaka stabilisce (all’articolo 42) che nessuno può mantenere la carica presidenziale per più di due mandati consecutivi. Ma un emendamento introdotto nel 2007, e alcune leggi degli anni successivi, hanno escluso Nazarbayev in quanto “primo presidente e leader della nazione”. Oltre a questo, in tutti i casi dal 1991 ad oggi Nazarbayev non ha aspettato la scadenza formale del suo mandato – in questo caso, alla fine del 2016 – e ha indetto nuove elezioni. Quasi senza fare campagna elettorale, è stato rieletto ogni volta con percentuali bulgare.
Grande alleato di Mosca, ma in grado di mantenere ottimi rapporti anche con la Cina, Nazarbayev descrive il Kazakistan come «un paradiso» e il suo governo come «una dittatura illuminata». I media filorussi hanno descritto le ultime elezioni come «trasparenti e democratiche». Molto meno generoso è stato il giudizio della missione dell’Osce nel Paese, che nel suo rapporto preliminare pubblicato ieri ha elencato le molte deficienze della democrazia kazaka.
In effetti, non si può dire che il dibattito politico nel Paese sia particolarmente vivace. L’opposizione interna, colpita duramente dalla repressione e organizzata in movimenti non riconosciuti a livello ufficiale, non ha presentato nessun candidato. Sui media kazaki c’è stata poca o nulla discussione prima dell’appuntamento elettorale.
Gli altri due sfidanti alle presidenziali, un dirigente sindacale e un membro del partito comunista locale praticamente sconosciuti prima del voto, hanno ricevuto lo 0,7 e l’1,6 per cento. Uno di loro, il comunista Turgun Syzdykov, includeva tra i punti del suo programma il sostegno a Nazarbayev. L’altro sembra non aver fatto campagna elettorale.
Ma il sostegno unanime a Nazarbayev nasconde la tolleranza zero del regime nei confronti di ogni opposizione interna. Commenti critici al governo sono inesistenti sui media – quelli che provano ad avanzarne vengono chiusi: l’ultimo ha resistito fino a circa un anno fa – e gli oppositori vengono molto spesso incarcerati con accuse inconsistenti, come denunciano da anni le associazioni per i diritti umani. Tra il 2005 e il 2007, all’apice della repressione, diversi membri dell’opposizione sono stati uccisi in circostanze mai chiarite.
L’Occidente chiude un occhio
Se la Russia di Putin è uno storico alleato del Kazakistan, i rapporti con l’Occidente sono ugualmente molto buoni. Vengono curati con attenzione: negli ultimi dieci anni il Paese ha lanciato una campagna di promozione a livello internazionale, forse anche in risposta al ritratto non proprio idilliaco che ne faceva il comico Sasha Baron Cohen nel film Borat (2006). Tra le varie iniziative, nel 2011 l’ex primo ministro britannico Tony Blair è stato nominato consigliere del governo, ufficialmente per promuovere riforme «politiche ed economiche».
Di riforme se ne sono viste poche, ma il suo ruolo nel Paese asiatico gli ha attirato numerosissime critiche. Non ha aiutato, pochi mesi fa, la pubblicazione di una lettera del 2012 in cui Blair consigliava Nazarbayev su come gestire la comunicazione dopo il massacro di una decina di manifestanti da parte della polizia nella città petrolifera di Zhanaozen, nel sudovest del Paese.
I paesi occidentali chiudono un occhio sullo scarsissimo rispetto dei diritti umani e il facile sospetto è che le considerazioni economiche abbiano la meglio sulle preoccupazioni etiche. L’italiana Eni ha grandi interessi in Kazakistan e i politici italiani, da Vendola a Berlusconi, non hanno risparmiato parole di lode per il Paese.
Da parte sua, Nazarbayev può contare sui risultati economici migliori di tutta l’Asia centrale, grazie alla ricchezza di risorse naturali. All’inizio degli anni Duemila la crescita media è stata per diversi anni intorno al dieci per cento, e nonostante i problemi di corruzione e di accentramento della ricchezza in mano a poche famiglie gli effetti si sono fatti sentire anche nella popolazione. Il Kazakistan ha le seconde riserve di petrolio dell’ex Urss, dopo la Russia, e l’enorme giacimento di Kashagan, scoperto nel 2000 nel mar Caspio, sta cominciando a venire sfruttato solo adesso.
La concretezza dei successi economici degli ultimi anni, e il comando indiscusso del leader, sono ben esemplificati dalla nuova capitale del Paese dal 1997, un ex villaggio nella steppa battuta dal vento voluta dal presidente, costruita molto rapidamente e chiamata Astana (“la capitale”). I suoi palazzi scintillanti provano a far dimenticare che l’origine del nome dell’insediamento precedente, Akmola, sia «il cimitero bianco».
Il dilemma della successione
Negli ultimi tempi, le condizioni economiche sono peggiorate a causa della caduta del prezzo del petrolio e della crisi del rublo, che ha reso le merci provenienti dalla Russia molto più convenienti. Probabilmente per questo motivo Nazarbayev ha voluto assicurarsi un nuovo mandato quinquennale, in modo da eliminare la preoccupazione – relativa – della legittimazione elettorale prima di affrontare i tempi difficili.
Ma la vera domanda che si apre dopo la rielezione di Nazarbayev è, paradossalmente, chi verrà dopo di lui.
Il “leader della nazione” (Elbasy) ha 75 anni e sembra in buona salute. Negli ultimi anni ha ripetuto con una certa insistenza ai ricercatori kazaki di lavorare sulla «medicina contro l’invecchiamento, il ringiovanimento naturale, l’immortalità», ma a meno di scoperte sensazionali anche per Nazarbayev il tempo farà il suo corso. Non si sa che cosa accadrà dopo e non ci sono molti indizi per capirlo neppure per i kazaki, visto che Nazarbayev non ha dato alcuna indicazione su chi possa essere il suo successore.