Provate a chiedere a chi sta affogando come vede il futuro e avrete nel migliore dei casi come risposta un insulto. Ma chi è riuscito ad aggrapparsi a una zattera o meglio ancora a toccare terra, vuole capire che ne sarà di lui. Per questo il settore del mobile sta cominciando a porsi delle domande su quale direzione prendere nei prossimi anni. L’associazione di categoria di riferimento, FederlegnoArredo, dice che nel 2015 il fatturato aggregato crescerà dell’1,5 per cento, trainato dal +5% delle esportazioni. Può sembrare poco, ma sarebbe un cambio di segno dopo una lunga serie di anni negativi e di estenuante attesa di una ripresa. L’anno scorso è stato da far saltare i nervi, con un inizio positivo, spinto dalle buone performance della fine del 2013, ma un finale piantato sulle gambe. A conti fatti il fatturato del settore è calato di 2,7 punti percentuali, a causa di una domanda interna in discesa del 4,1% nonostante il bonus mobili (fino al 50% per spese fino a 10mila euro), che pure ha limitato i danni, e quello degli 80 euro di sconto Irpef.
La prudenza è quindi d’obbligo, ma tra gli stand del Salone del Mobile l’ottimismo è tornato
La prudenza è quindi d’obbligo, ma tra gli stand del Salone del Mobile, brulicante di persone e baciato da un sole di aprile che induce a pensieri positivi, anche ad agende chiuse i titolari delle aziende non allargano più le braccia sconfortati. Molta selezione è già stata fatta, raccontano, ora chi è rimasto sul mercato deve raccogliere i cocci. Se si chiede di immaginarsi il loro 2020, le risposte sono simili a quelle che ha collezionato una recente indagine di Altagamma con Bain: serviranno sempre più aggregazioni, perché con il sistema del “contract” bisogna presentarsi ai committenti con proposte chiave in mano che coprano una serie di prodotti molti diversi. Si affermerà ancor di più il modello distributivo del monomarca, a scapito di quello multimarca. Si andrà verso una personalizzazione sempre più accentuata, resa possibile da quella Industria 4.0 che vede insieme produzione industriale, artigianato e ibridi esemplificati dalle stampanti 3D.
Il mobile come mezzo di comunicazione
Daniele Lago, «Quando fai qualcosa di davvero innovativo, non sai dove puoi arrivare. Se sei davvero “monello”, la tua guida è solo il fiuto»
La risposta più onesta è quella che dà Daniele Lago, amministratore delegato dell’omonima azienda. «Il designer è quello che guarda lontano. La “disobbedienza civile” che pratichiamo per fare innovazione implica un ragionamento su dove dobbiamo arrivare. Ma quando fai qualcosa di davvero innovativo, non sai dove puoi arrivare. Se sei davvero “monello”, la tua guida è solo il fiuto». Nel caso della società veneta l’intuizione è duplice: cambiare radicalmente il modello della distribuzione e puntare sulla tecnologia, allo scopo di creare una community, o una membership. Il primo punto era stato annunciato l’anno scorso e si è realizzato durante il 2014. Attraverso una “visione olistica” che coinvolge diverse professionalità dell’azienda, ai punti vendita monomarca e agli shop in shop nei multimarca sono stati affiancati locali, alberghi e appartamenti completamente arredati con mobili della società. Sono occasioni di comunicazione, ma anche di vendita.
Daniele Lago, ad dell’omonima azienda
La tecnologia invece oggi è rappresentata soprattutto da etichette Nfc che rendono possibile leggere sullo smartphone le informazioni sulla produzione. Ma domani, aggiunge Lago, «i mobili potranno dire molto di più. Raccontare quali ospiti si sono seduti a un tavolo, oppure mettere in relazione tutti quelli che appartengono alla community e che vogliono scambiarsi ricette o altre informazioni». «Nel futuro che immaginiamo – continua -, le persone avranno sempre più possibilità di dialogare, ma serviranno abilitatori». Perché, se la tecnologia cambia, «il design è uguale cultura e uguale significato».
Lago: «Vedo ancora tanti compartimenti stagni e l’attenzione a sfornare troppi prodotti. Oggi è più importante creare un sistema»
Oggi questa visione olistica dei mobili per Lago è ben poco condivisa. «Vedo ancora tanti compartimenti stagni e l’attenzione a sfornare troppi prodotti – dice Lago -. Oggi è più importante creare un sistema». La società è arrivata al punto di non presentare al Salone del Mobile neanche un prodotto nuovo. Solo i nuovi format distributivi, i tag Nfc e il ciclo di incontri Network Calling che spiegano la filosofia aziendale.
Futuro Contract
Se lo scorso anno avevano fatto scalpore le acquisizioni di aziende italiane da parte di gruppi stranieri, il 2015 è stato contrassegnato da operazioni tra italiani
Le barriere dei compartimenti stagni evocati da Lago hanno però cominciato a cadere. Se lo scorso anno avevano fatto scalpore le acquisizioni di aziende italiane da parte di gruppi stranieri – su tutte Poltrona Frau, comprata dalla statunitense Haworth – il 2015 è stato contrassegnato da operazioni tra italiani. Boffi, società globalizzata da 66 milioni di fatturato, ha acquisito il 100% di De Padova – storico marchio del design da 7,7 milioni di ricavi -. La vicentina Zordan ha rilevato il 70% di Marzorati Ronchetti, azienda di Cantù specializzata nella lavorazione del metallo. Nel 2014 Faram è stata comprata dal milanese gruppo Aliante. Esperti del settore dicono che quest’anno non abbiamo ancora visto niente e che grandi colpi sono alle porte.
Oltre alle acquisizioni ci sono le aziende che decidono di mettersi insieme. Con reti di impresa o partnership diversamente definite
Oltre alle acquisizioni ci sono le aziende che decidono di mettersi insieme. Con reti di impresa o partnership diversamente definite. Il Contract Design Network è un esempio. Nel 2009, di fronte ai colpi della crisi, 11 imprese tra Veneto, Lombardia e Belgio decidono di mettere insieme le competenze. C’è chi fa sedie per uffici, chi tribune, chi tecnologie per teatri e sale di concerti, e poi pannelli fonoassorbenti, sistemi per la comunicazione multimediale, tende, pavimenti sopraelevati, illuminazione. Il risultato dell’unione è che sono state vinte commesse, come quella per il Musiktheater di Linz, che sarebbero state inavvicinabili dai singoli soggetti.
Tra i concetti che tornano più spesso c’è quello del contract, l’appalto dato in blocco a un’azienda per coprire una serie di versanti differenti. «Ma al di là del contract, quello che è importante è che le aziende si attrezzino per fare cose sempre più diverse», dice Marco Predari, presidente di Assufficio, associazione che fa parte di FederlegnoArredo.
Il lavoro che cambia
De Lucchi: «Nel lavoro del futuro non ci sarà un ufficio. È molto più probabile che il lavoro sia più produttivo quando le persone camminano»
Il campo presidiato da Predari, quello del lavoro, è quello su cui ci sono più riflessioni sul futuro. Il Salone del Mobile 2015 ha dedicato al tema una sezione speciale, chiamata Workplace 3.0, con circa 300 aziende ospitate. A dominare la sezione è l’installazione “La Passeggiata” curata dall’architetto Michele De Lucchi, che ha firmato anche il Padiglione Zero di Expo 2015 e il nuovo complesso di Autogrill in piazza del Duomo, di prossima inaugurazione. Si tratta di una doppia passerella sopraelevata, sotto la quale ci sono quattro ambienti dedicati al lavoro di domani, fatto da “uomini liberi” che non saranno legati a uffici. «Tutto parte dai filosofi ateniesi, che insegnavano passeggiando e furono non a caso chiamati peripatetici – ha detto De Lucchi -. Penso che nel lavoro del futuro non ci sarà un ufficio. È molto più probabile che il lavoro sia più produttivo quando le persone camminano e creano relazioni, opportunità di incontro, che in un ambiente chiuso». Gli uffici diventano così luoghi in cui – come già si vede da anni nella Silicon Valley – l’informalità è maggiore. Nell’installazione di De Lucchi ci sono due tapis roulant per fare ginnastica, mentre un’impiegata lavora a maglia, per staccare dalle attività intellettuali.
Stampante 3D nell’installazione “La Passeggiata” curata dall’architetto De Lucchi al Salone del Mobile 2015 (foto Fabrizio Patti / Linkiesta)
Per capire come sarà l’ufficio del 2025 è in corso una ricerca tecnica che coinvolge designer, ricercatori umanistici, esperti di tecnologia del Cnr
Secondo Predari i fronti su cui si sta lavorando di più sono quelli dell’acustica – perché in open space sempre più compressi l’isolamento dal rumore è fondamentale – e all’illuminazione. Per capire come sarà l’ufficio del 2025, aggiunge, è in corso una ricerca tecnica che coinvolge designer, ricercatori umanistici, esperti di tecnologia del Cnr che predicono le forme dei computer dei prossimi anni. Nel mondo dello “smartworking” e del lavoro precario, aggiungono dagli stand, vengono progettate scrivanie pieghevoli da tirare fuori all’occorrenza all’arrivo di collaboratori saltuari.
I nuovi designer e le stampanti 3D
E il lavoro nell’arredamento? Anche in questo caso l’installazione di De Lucchi dà un’interpretazione lucida di quel che sta accadendo. Tre postazioni ospitano, rispettivamente, un banco di artigiano, una stampante tessile avanzata e una stampante 3D che produce prototipi.
Insegnare la convivenza tra componente manuale e progettazione per stampanti 3D è la priorità delle esperienze di formazione che stanno nascendo
Insegnare la convivenza tra componente manuale e progettazione per stampanti 3D è la priorità delle esperienze di formazione che stanno nascendo. E che sono ancora limitate. FederlegnoArredo fa parte di una fondazione che gestisce diverse scuole professionali, tra la Brianza e Bergamo, e un Its, istituto tecnico superiore. «Nei primi anni ci concentriamo sui lavori manuali, poi passiamo alla programmazione», dice Giovanni Albetti, responsabile del Polo Formativo di FederlegnoArredo. «I ragazzi sono impregnati dei software, ma molti devono scoprire da zero la manualità, perché non ci sono occasioni e nessuno dice loro che questi lavoro sono una cosa bella».
L’installazione “La Passeggiata” curata dall’architetto De Lucchi al Salone del Mobile 2015 (foto Fabrizio Patti / Linkiesta)
Nelle aziende, spiega Angelo Bucci, docente dello Ued, scuola del design di Pescara, «c’è ancora troppa mancanza di spinta alla ricerca. Ci sono nuovi materiali che sono usati ancora come i vecchi». Le stampanti 3D e l’autoproduzione, aggiunge, rappresenteranno senza dubbio il futuro, perché «spostare un file non costa nulla». La produzione viaggerà su due livelli: quello dei prodotti accessibili per tutti, obiettivo del design, e quello dei prodotti artigianali, nei quali le stampanti 3D avranno un ruolo principale.
Zanatta, Istituto Marangoni: «chi oggi ha dubbi sulla funzionalità delle stampanti 3D deve pensare a com’erano i pc Olivetti negli anni Ottanta»
Secondo Massimo Zanatta, direttore dell’Istituto Marangoni di Milano, istituzione storica che vanta una percentuale di studenti internazionali pari al 70% e quattro sedi nel mondo (oltre a Milano, Parigi, Londra e Shanghai), chi oggi ha dubbi sulla funzionalità delle stampanti 3D deve pensare a com’erano i pc Olivetti negli anni Ottanta. Anche se non elimineranno il lavoro degli artigiani e la necessità di “saper fare con le mani”, la modellizzazione grafica in 3D è stata messa al centro del laboratorio sulla trasformazione della materia dell’istituto.
Di certo la personalizzazione della produzione è un trend fortissimo, nei mobili come nella pelletteria, occhialeria, calzature e abbigliamento, spinto dal rapporto diretto con i clienti che si genera online. «Di sicuro non è però qualcosa di facile da gestire – dice Claudio Feltrin, Ceo di Arper -. Noi abbiamo un ampio catalogo e teniamo da parte risorse ed energie per il servizio di personalizzazione. Le aziende devono essere attrezzate e bisogna dire che le aziende italiane, con la loro flessibilità, riescono a farlo meglio delle altre».
L’e-commerce non appassiona
Nel futuro dell’arredamento i modelli distributivi cambieranno nel senso del monomarca. Ma sull’e-commerce gli animi si scaldano poco. «Può funzionare per alcuni oggetti piccoli, non per grandi formati o prodotti complessi come le cucine», dice Roberto Snaidero, presidente di FederlegnoArredo, con un pensiero molto condiviso da parte dei mobilieri sentiti al Salone. «Mentre per i vestiti mi aspetto che nel futuro il 70% dei prodotti sarà venduto online, penso che nell’arredamento non si supererà il 30%», dice Feltrin di Arper.
Il rischio, in questo caso, è che questa sottovalutazione si paghi. Il caso di Berto Salotti, raccontato da Linkiesta, suggerisce quanto spazio ci sia per le vendite online, a patto di essere pronti a cambiare radicalmente la propria struttura amministrativa, produttiva e di comunicazione. «La nicchia si allarga, è sempre meno un loculo – dice il Ceo Filippo Berto -. Non sottovaluterei la possibilità che entrino marketplace esteri, che potrebbero rappresentare per il settore quello che negli anni passati è stata l’Ikea». Ci sono operatori come Made.com che stanno investendo milioni per entrare nel mondo del mobile venduto online, anche in Italia. Non si fermeranno a piccoli oggetti.