Elezioni in Spagna: l’ascesa di Podemos é la fine del bipartitismo

Elezioni in Spagna: l’ascesa di Podemos é la fine del bipartitismo

Un tracollo per il Partito Popolare del premier Mariano Rajoy, che non riesce a conservare la maggioranza assoluta in nessuna delle undici regioni in cui governava dal 2011, e ottiene così il suo peggior risultato locale dal 1991. Un successo storico per il movimento anti-austerità Podemos, simboleggiato soprattutto dalla vittoria della militante dei movimenti per la casa Ada Colau nelle elezioni municipali di Barcellona.

La geografia politica spagnola è stata rivoluzionata dal voto amministrativo di ieri, in cui 36 milioni di cittadini sono stati chiamati a rinnovare tredici governi regionali e più di 8000 municipalità

La geografia politica spagnola è stata rivoluzionata dal voto amministrativo di ieri, in cui 36 milioni di cittadini sono stati chiamati a rinnovare tredici governi regionali e più di 8000 municipalità. Doveva essere, nelle aspettative della vigilia, un voto per archiviare definitivamente il bipartitismo che ha dominato il sistema politico del paese dalla fine della dittatura, ma la tornata elettorale di ieri è stata soprattutto un segnale di allarme per il centrodestra in vista delle elezioni nazionali previste a fine anno, mentre il Partito Socialista può sperare in una collaborazione tra forze di sinistra che potrebbe andare al governo in molte regioni e comuni.

La vittoria della militante dei movimenti per la casa Ada Colau nelle elezioni municipali di Barcellona è un successo storico

Che sarebbe stata una notte di cambiamenti per la politica spagnola lo si è capito verso le 23 di ieri, quando il sindaco uscente di Barcellona, il nazionalista catalano Xavier Trias, ha concesso la vittoria alla sua principale sfidante, la quarantunenne Ada Colau, candidata della coalizione civica di sinistra Barcelona en Comù, sostenuta anche da Podemos. Colau si è aggiudicata il 25% dei voti e undici consiglieri, solo uno in più rispetto a Trias. Un risultato impensabile fino a poco tempo fa, che rispecchia gli sconvolgimenti politici, e i gravi problemi economici, della Spagna degli ultimi anni. Colau, infatti, ha iniziato la sua attività politica come militante e portavoce della Piattaforma per le vittime dei mutui, nata per opporsi agli sfratti seguiti all’esplosione della bolla immobiliare dopo la crisi economica del 2008. In molti casi ha partecipato a occupazioni di banche come forma di protesta, e molte foto la ritraggono mentre viene portata via da agenti di polizia durante le dimostrazioni.

Nel frattempo, a Madrid, nessun esponente del Partito Popolare si affacciava, nella serata di ieri, a commentare i risultati nella sede nazionale in calle Génova. Un segnale che qualcosa non stava andando come previsto. E infatti, proprio nella capitale è arrivato il risultato peggiore: dopo un testa a testa durato tutta la sera, Esperanza Aguirre, Presidente del Partito Popolare, ex ministra e per dieci anni alla guida della amministrazione regionale di Madrid, è arrivata prima, ma aggiudicandosi solo un seggio in più rispetto ai venti ottenuti dalla ex giudice Manuela Carmena, candidata della coalizione di sinistra Ahora Madrid, di cui fa parte Podemos. Carmena ha commentato i risultati dichiarando che «la maggior parte dei madrileni ha votato per il cambiamento». La frase lascia intendere che una coalizione con il Psoe, che ha ottenuto nove seggi nella capitale, potrebbe essere a portata di mano: la sinistra unita riuscirebbe, così, a raggiungere la maggioranza nel consiglio municipale, sottraendo al Partito Popolare una sua roccaforte storica.

I conservatori arretrano pesantemente anche a livello regionale, perdendo quattro maggioranze assolute e tre governi di coalizione

I conservatori arretrano pesantemente anche a livello regionale, perdendo quattro maggioranze assolute e tre governi di coalizione. Il Partito Popolare può rimanere al potere in quattro regioni: Madrid, Castiglia e Leon, La Rioja e Murcia, ma solo se il movimento centrista Ciudadanos, che come Podemos è arrivato alla ribalta nella politica spagnola negli ultimi anni, deciderà di garantire il suo appoggio. In Aragona, Asturie, Cantabria, Valencia, Estremadura e Castilla-La Mancha potrebbero invece formarsi coalizioni di governo della sinistra. Un risultato simile porterebbe alleanze dei partiti progressisti al potere in grandi città come Valencia e Siviglia, dove i socialisti hanno ottenuto un buon risultato.

Il leader del Psoe Pedro Sanchez ha infatti chiesto ai rappresentanti locali del partito di «assumersi la responsabilità di formare governi progressisti». Durante la campagna elettorale Psoe e Podemos, pur non sbilanciandosi, non hanno mai escluso la possibilità di formare coalizioni. Ma il tentativo potrebbe non essere facile, come dimostra il precedente dell’Andalusia, dove dopo il voto regionale di marzo i socialisti non sono stati ancora in grado di formare un governo con l’appoggio di Podemos o Ciudadanos.

A livello nazionale il Partito Popolare si è confermato al primo posto, ma ha perso dieci punti percentuali e due milioni e mezzo di voti rispetto al 2011

A livello nazionale il Partito Popolare si è confermato al primo posto, ma ha perso dieci punti percentuali e due milioni e mezzo di voti rispetto al 2011, mentre il Psoe ne ha persi 700mila, ed è ora sotto di due punti rispetto ai conservatori. Fare un bilancio nazionale per Podemos è più difficile, visto che i candidati non si sono presentati usando il nome del movimento, ma la formazione politica guidata da Pablo Iglesias può sicuramente esultare per gli exploit locali di tutte le coalizioni che ha scelto di appoggiare. Un po’ al di sotto delle aspettative, invece, il risultato ottenuto da Ciudadanos, che ottiene il 7% dei voti a livello nazionale, ma nei sondaggi più recenti sembrava poter andare molto meglio. I centristi, però, eleggono per la prima volta loro rappresentanti in tutta la Spagna, e in molte regioni costringeranno i conservatori a negoziazioni non facili, visto che il Partito Popolare ha spesso definito Ciudadanos «una brutta copia del Psoe».

L’affluenza, rispetto alle scorse amministrative, è aumentata di poco in tutta la Spagna, con picchi notevoli a Barcellona e Madrid. Un segnale che in molti hanno collegato a una diffusa voglia di cambiamento in arrivo dagli elettori.

I leader di Podemos hanno commentato i risultati di ieri affermando che il voto segna «la fine del bipartitismo in Spagna».

I leader di Podemos hanno commentato i risultati di ieri affermando che il voto segna «la fine del bipartitismo in Spagna». Nel 2011, infatti, popolari e socialisti si erano aggiudicati, insieme, il 65% dei voti, mentre ora non vanno oltre il 52%. Durante la campagna elettorale, il premier Rajoy aveva rivendicato i successi del suo governo, e soprattutto la ripresa dell’economia spagnola, che quest’anno dovrebbe registrare tassi di crescita maggiori rispetto a tutti gli altri grandi paesi dell’Eurozona. Ma la disoccupazione è ancora alta, e gli elettori hanno certamente fatto pesare anche i numerosi casi di corruzione di cui negli ultimi tempi sono stati protagonisti molti storici esponenti dei popolari.

È ancora molto presto per dire se i risultati di ieri si ripeteranno nel voto nazionale di fine anno. Il primo ministro Rajoy, pur tra molte difficoltà del suo partito, ha sempre mostrato un’incredibile capacità di resistenza politica, sopravvivendo anche a due sconfitte da candidato premier durante l’era Zapatero. Secondo le prime proiezioni nazionali effettuate sui dati di queste elezioni amministrative, nessuno dei due principali partiti riuscirebbe ad aggiudicarsi una chiara maggioranza in Parlamento. E forse, con il voto di ieri, per la politica spagnola è davvero iniziata “l’era delle alleanze”.

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