A Milano sta arrivando un’altra onda anomala di profughi. Arrivano in treno, soprattutto dalla Sicilia, ma anche dalla Puglia, dalla Calabria, provenienti dal porto in cui sono sbarcati. In gruppo, o alla spicciolata, in modo spontaneo. Le cifre sono le seguenti: dal 18 ottobre del 2013, da quando cioè è stata avviata la missione Mare Nostrum, ad oggi sono arrivati 59.590 migranti di cui 40.667 siriani e 14.671 eritrei (e 14mila minorenni). Dall’inizio del 2015 ad oggi, invece ne sono arrivati 5.587, di cui 2.432 siriani e 2.012 eritrei. Solo negli ultimi tre giorni 559, di cui 404 eritrei e 155 siriani.
La fuga da guerra e fame
Sono soprattutto gli eritrei, ora, a sbarcare in Sicilia. Sono quasi tutti giovani, senza famiglia. Fuggono dal servizio di leva permanente, o dalla fame
Il nuovo esodo della nuova emergenza umanitaria sta cambiando i connotati. Sono soprattutto gli eritrei, ora, a sbarcare in Sicilia. Sono quasi tutti giovani, senza famiglia, e raccontano sempre la stessa storia. E cioè che fuggono dal servizio di leva permanente del regime militare, che li sequestra, sottraendo presente e futuro ad intere generazioni, segregandoli nelle caserme. Oppure, che scappano alla fame. E infatti, a guardarli mentre fanno la fila per ricevere il pasto nel centro di accoglienza di via Aldini, a Quarto Oggiaro, gestito dalla Fondazione Progetto Arca, dove oggi ce ne sono 350, si nota immediatamente che si tratta di giovani denutriti, e molto affamati.
Una ventina di profughi siriani e una quindicina di profughi eritrei passano la notte alla Stazione Centrale di Milano, 8 maggio 2015 (foto Ilaria Sesana)
Un altro film, rispetto all’esodo siriano dell’anno scorso, quando a scendere della navi era l’élite di un Paese, dilaniato dalla guerra civile. Con le famiglie, molta disponibilità economica e una professione da offrire ai governi dei Paesi ai quali volevano chiedere rifugio, in Nord Europa. Ora invece l’umanità dolente di questo nuovo esodo, ci mostra un volto affamato e silenzioso.
A guardarli in fila per ricevere il pasto nel centro di accoglienza di via Aldini si nota immediatamente che si tratta di giovani denutriti, e molto affamati
Gli eritrei parlano poco della loro traversata nel deserto, fino alla Libia. Con il terrore di trovare sul loro cammino i miliziani dello Stato Islamico. Tutti raccontano sempre la stessa storia. Come un ragazzo di 28 anni, accolto nel centro di accoglienza della Fondazione Progetto Arca, a Quarto Oggiaro, che spiega a Linkiesta.it di essere arrivato in Sicilia il 4 maggio, di non ricordare il porto in cui è sbarcato, dopo 24 ore di viaggio in mare. Racconta di avere avuto paura, in Libia, per gli scontri fra milizie armate, di aver temuto di incontrare le milizie dell’Isis. Spiega di aver pagato i trafficanti duemila dollari, grazie ai soldi pagati da suo fratello, che vive in Nord Europa. La macchina comunale dell’assessorato alle Politiche Sociali del Comune si è messa in moto, creando un hub mobile, fra la stazione centrale e l’ex Cie, l’ex centro di identificazione ed espulsione, riconvertito in un centro di accoglienza, per ricevere i profughi.
Il volto dei trafficanti
Gli eritrei parlano poco della loro traversata nel deserto, fino alla Libia. Con il terrore di trovare sul loro cammino i miliziani dello Stato Islamico. Tutti raccontano sempre la stessa storia
Dietro il volto denutrito dell’esodo eritreo – che provocherà qualche fastidio ai visitatori di Expo, in cerca di una Milano europea e poco interessata al tema dell’esposizione universale della lotta alla fame nel mondo – esiste, però, un aspetto ignoto, conosciuto da pochi. Perché nel backstage dei porti di approdo, si trova anche l’altra faccia della fame o della paura dipinta sul volti di questi ragazzi arrivati a Milano. E infatti la direzione distrettuale antimafia di Catania ha emesso diverse ordinanze di custodia cautelare, fra il 2014 e il 2015, per associazione a delinquere nei confronti di bande di trafficanti eritrei. Che, mescolandosi fra i profughi, hanno beffato i salvatori, per lucrare sul traffico di esseri umani. Per creare organizzazioni, che dal Sudan hanno condotto migliaia di eritrei fino al Nord Europa. Con basi in Sudan, in Libia, a Roma e a Milano.
L’arrivo di profughi eritrei non è un fenomeno recente. Nella foto uno sbarco a Lampedusa nel 2008 (Mauro Seminara/AFP/Getty Images)
Con l’aiuto di basisti che, dalla Sicilia, hanno organizzato fughe dai centri di accoglienza di profughi, ai quali era stata data l’indicazione precisa di non farsi fotosegnalare dai poliziotti siciliani, per non chiedere rifugio in Italia, cioè al primo Paese europeo di approdo, come previsto dalla convenzione di Dublino. Per poi affidarsi a scafisti di terra, basisti, passeurs per raggiungere i paesi europei (infatti solo a Milano, le richieste dello status di rifugiato sono state solo 262 fino ad ora). Ed è successo più volte al centro di accoglienza di Mineo, vicino a Catania, che siano stati avvistati finti profughi eritrei, in cerca di clienti. La squadra mobile di Catania ha persino scoperto che sequestravano gli adolescenti, in scantinati, per ottenere un’ulteriore tranche del pagamento da parte delle famiglie.
La squadra mobile di Catania ha persino scoperto che i trafficanti sequestravano gli adolescenti, in scantinati, per ottenere un’ulteriore tranche del pagamento da parte delle famiglie
I basisti, in collegamento con i trafficanti eritrei in Libia, controllano le liste dei migranti arrivati e si scambiano notizie su quelli che non ce l’hanno fatta, affogati e sommersi. E nelle intercettazioni riportate nelle ordinanze di custodia cautelare, i trafficanti parlano, con liste alla mano, di tutti quelli arrivati o che mancano all’appello, dispersi nel Canale di Sicilia. A riprova, che dall’interno dei centri di accoglienza ottengono informazioni precise. E alcuni basisti-trafficanti chiedono lo status di rifugiato in Italia per lavorare con più agilità, nei centri d’accoglienza. Oppure vanno a prendere i loro clienti ai binari dei treni, in stazione centrale, a Milano per “ospitarli” in case sicure, prima del viaggio verso il Nord Europa. Anche se gli eritrei sono poveri e restano più lungo in Italia, in centri di accoglienza, che scoppiano.
L’altra faccia della medaglia
Questa faccia della medaglia, il risvolto più ignoto dell’esodo eritreo, non serve a supportare la tesi leghista e lepenista, ossia che i profughi vadano respinti, anzi. Ma dimostra che dietro le storie, tutte simili, raccontate dai profughi, c’è un’altra storia. Di un business, che non si ferma ai disgraziati scafisti, ultimo anello della catena dell’organizzazione del traffico degli esseri umani su cui il premier Matteo Renzi ha puntato abilmente i suoi sermoni mediatici per distrarre l’attenzione dal vero problema, rimasto insoluto. Ossia la gestione dei rifugiati, che nessuno vuole. Lasciati per insipienza e incapacità in mano dei trafficanti, anche nel nostro Paese. Soprattutto se sono eritrei, spesso contadini e non “dottori”, come i siriani.
Profughi eritrei passano la notte alla Stazione Centrale di Milano, 8 maggio 2015 (foto Ilaria Sesana)
Esiste un’altra storia nella storia di questo nuovo esodo, che non può essere trascurato, limitandosi a recitare frasi retoriche sulla lecita e necessaria pietas verso chi scappa per raggiungere l’Europa. Un’Europa, che si volta dall’altra parte, a Bruxelles, e fa finta di non vedere i volti denutriti dei profughi e quelli pasciuti dei trafficanti, che scorazzano fra la Sicilia e Milano, città imbuto del nuovo esodo, che dall’inizio dell’anno ha portato in Italia 34mila migranti, appena (ri)cominciato.