L’uomo che fu l’algoritmo

L’uomo che fu l’algoritmo

Alle persone istruite ma non informate la parola “algoritmo” potrebbe sembrare un adattamento da una parola greca. Dal momento che l’algoritmo ha a che fare con i numeri, non sarebbe strano se “-ritmo” c’entrasse con il greco “ryhtmos”, (mentre su “algo-” non ci si concentra molto). Ebbene, si sbaglierebbero. Istruite sì, ma non abbastanza. “Algoritmo” proviene dall’arabo, e non da una parola, bensì da un nome, quello di Muhammad al-Kwarizmi, uno dei primi capi della Casa della Saggezza di Baghdad, vissuto all’inizio del IX secolo.

Kwarizmi curò la traduzione delle grandi opere matematiche greche e indiane in arabo, da cui trasse diversi insegnamenti, tra cui i metodi per la risoluzione di equazioni. Non è un caso, insomma, se “algoritmo” sia la latinizzazione del suo nome e “algebra” sia quella del suo libro più famoso, “al-Jabr”. Insomma, un personaggio che ha fatto la storia.

Il suo contributo più importante, a quanto pare, è stata la difesa e la diffusione del sistema numerico indiano, al quale Kwarizmi seppe dare il giusto valore. Era perfetto per efficienza e semplicità, molto duttile e facile da imparare. È quello che usiamo tutti ancora oggi, per capirsi, ed è formato da nove cifre numeriche, dall’1 al 9, più lo 0, che ha una storia tutta sua. Il passaggio della sua conoscenza al mondo occidentale avviene nel XII secolo, con Abelardo di Bath e Fibonacci.

Da quel momento il titolo (che, completo, è Al-Kitab al-Mukhtasar fi Hisab al-Jabr wa’l-muqabala), diventa il sinonimo della disciplina, l’algebra. E il suo nome passa a indicare l’algoritmo. Studiava i numeri e si occupava di astronomia, ma non sapeva che, diversi secoli dopo, il suo nome sarebbe stato in grado di conquistare il mondo. Anche se nessuno lo avrebbe riconosciuto.

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