Roberto Pennisi è magistrato di lungo corso, sostituto procuratore della Direzione Nazionale Antimafia, per cui da anni si occupa di redigere nel rapporto annuale il capitolo dedicato alle ecomafie e ai crimini ambientali, da 35 anni in magistratura tra nord e sud Italia non ha mai risparmiato appunti e critiche alla normativa ambientale, e nemmeno ad alcuni colleghi. Negli anni si è occupato di criminalità organizzata, in particolare di ‘ndrangheta come procuratore a Reggio Calabria e recentemente è stato applicato a Brescia, in vista della neonata sezione della Direzione Investigativa Antimafia bresciana. Non a caso proprio in territorio bresciano il problema dell’inquinamento ambientale tiene banco tra nuovi inquinamenti e soprattutto bonifiche incompiute.
Da quando lo scorso 19 maggio la legge sugli ecoreati, attesa da oltre vent’anni, è uscita dal parlamento pronta per essere pubblica in Gazzetta Ufficiale si sono sollevate lodi e qualche critica come quella del pm del processo Eternit Raffaele Guariniello, «Chi dice che con questa legge il processo Eternit si sarebbe salvato dice una cosa sbagliata», e di Sergio Costa, generale del corpo della Forestale.
In una delle ultime relazioni della Direzione Nazionale Antimafia Pennisi scriveva a chiare lettere: «Si abbia cura, una buona volta e finalmente, di introdurre nella legislazione penale il delitto di disastro ambientale configurandolo in maniera chiara e definita nella sua fattispecie, con meno avverbi e più verbi, a tal fine utilizzando la pregevole giurisprudenza maturata nel tempo nonostante l’assenza di una specifica disposizione legislativa»
Insomma, delitto inserito nella legge sui cosiddetti “ecoreati”, è soddisfatto?
Certo, sono soddisfatto non poco perché oggi si dispone di uno strumento di giustizia penale che prima mancava, e che oggi consente di spaziare, attraverso le indagini relative al nuovo delitto, in ogni campo delle condotte umane che siano tali da determinare gli eventi previsti dal nuovo 452 quater c.p. (disastro ambientale, nda).
Nella medesima relazione aggiungeva, «Si abbia l’ardire, anche, di prevedere la “aggravante ambientale”, per tutti i reati, ed in particolare quelli contro la pubblica amministrazione, l’amministrazione della giustizia, l’ordine pubblico, l’incolumità pubblica, fede pubblica, economia, industria e commercio». L’hanno ascoltata anche qui
La “aggravante ambientale” si tratta di una novità rivoluzionaria, della cui portata ci si renderà conto attraverso la applicazione giudiziaria, che adegua finalmente la nostra legislazione ordinaria ai precetti costituzionali ed agli insegnamenti della Consulta in tema di ambiente, e proietta la legislazione italiana ai vertici tra quelle dei Paesi della Unione Europea. Essa servirà a contrastare in maniera globalizzata gli attacchi all’ambiente da qualsiasi parte essi provengano, cioè ogni qualvolta una condotta di qualsivoglia tipo costituente reato, da chiunque posta in essere, si riverberi sull’ambiente.
Come giudica il provvedimento appena uscito dalle Camere, in particolare riguardo l’applicabilità della normativa
Il mio giudizio è sostanzialmente positivo. Non si può pretendere la perfezione in una costruzione legislativa attesa da decenni e che ha avuto un iter sofferto. Penso che la luce che comincia a vedersi grazie alle nuove norme possa definirsi quella dell’alba, non del tramonto. E la applicabilità delle norme dipende dalla volontà e dall’impegno di chi è tenuto a farle rispettare. E non è certamente con le critiche e le recriminazioni che si intraprende un cammino. E sono certo che eventuali difetti saranno eliminati dalla capacità dell’apparato giudiziario di adeguare le norme alle realtà che le indagini disvelano. Basti pensare al lavoro che si è fatto anche in assenza di una norma che prevedesse specificamente il delitto di “disastro ambientale”.
Penso che la luce che comincia a vedersi grazie alle nuove norme possa definirsi quella dell’alba, non del tramonto. E l’applicabilità delle norme dipende dalla volontà e dall’impegno di chi è tenuto a farle rispettare
Nel provvedimento sembrano esserci alcuni termini comunque ambigui, che potrebbero spazio a interpretazioni diverse. Mi riferisco per esempio ai termini “significativo”, “misurabile” e “abusivamente” nel contesto dell’inquinamento ambientale.
Vale ciò che ho detto prima. E aggiungo che, giustamente, si è svincolata la condotta da qualsiasi riferimento alla “violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative poste a tutela dell’ambiente” (come originariamente previsto dal Disegno di Legge), opportunamente essendosi preferito utilizzare l’avverbio “abusivamente”, quale termine contenente l’essenza di ogni violazione che determini la illiceità della condotta. Oggi, come dicevo prima, si possono reprimere seriamente condotte nocive per l’ambiente, qualunque sia la loro natura, ed in qualsiasi ambito o settore siano svolte. Per il resto confido nella capacità degli organi di giustizia di dare un senso ai vari “significativo”, “misurabile”, e i termini che citava nella domanda.
Roberto Pennisi, sostituto procuratore presso la Direzione Nazionale Antimafia
Si fa chiarezza sulle forme del disastro ambientale, ma il sistema della prescrizione è migliorato o si esulta solo per gli aumenti di pena?
Gli aumenti di pena sono apprezzabili non in quanto tali, ma perché allungano i termini di prescrizione e consentono il ricorso a strumenti di investigazione che solo i gravi reati permettono.
Servirà per contrastare quelle centrali “affaristico-imprenditorial-criminali nazionali e transnazionali”, come lei stesso le aveva definite, nel campo dei crimini contro l’ambiente? Come scriveva “il tema dei rifiuti si inserisce in quello più complessivo dell’Ambiente, nei cui confronti la criminalità sferra attacchi che vanno ben oltre il settore dei rifiuti”
Può contribuire ai superiori scopi. E bisogna tener presente che, mentre prima le strategie di attacco a quelle centrali passavano solo attraverso l’unico delitto serio finora esistente, cioè quello previsto dall’art. 260 D.lgs. 152/06 (Attività organizzate per il traffico illecito dei rifiuti, nda), oggi esse possono prescindere dal tema dei rifiuti ed estendersi ad ogni tipo di condotta che determini alterazioni dell’ambiente.
In termini di prevenzione, che poi è fondamentale nel settore ambientale, la situazione lascia molto a desiderare. Depotenziare il Corpo Forestale dello Stato ridonderà negativamente anche sul piano repressivo. Di ciò avrebbero serio motivo di lamentarsi i critici della nuova legge
A livello preventivo, ragionando con il Testo Unico Ambientale in mano, sono stati compiuti passi avanti?
No, o pochissimo. In termini di prevenzione, che poi è fondamentale nel settore ambientale, la situazione lascia molto a desiderare. Basti pensare che oggi si mira a depotenziare (inglobandola in altra struttura di polizia) l’unica vera Forza di polizia ambientale che esiste in Italia, cioè il Corpo Forestale dello Stato. Il che ridonderà negativamente anche sul piano repressivo quando, invece, al cospetto della nuova legislazione, il detto Corpo avrebbe dovuto potenziarsi e rafforzarsi. Di ciò avrebbero serio motivo di lamentarsi i critici della nuova legge.