Spagna: Podemos può mirare al governo, ma non lo può fare da solo

Spagna: Podemos può mirare al governo, ma non lo può fare da solo

«Vittoria di Podemos in Spagna» battevano già dopo i primi exit pool le agenzie di stampa la sera del 24 maggio. E questo sarà, più o meno, il titolo dei principali giornali italiani, ed europei, il giorno seguente. Che Podemos abbia conseguito un buon risultato in questo turno di amministrative è fuori di dubbio. Ma per capire il trionfo delle candidate a sindaco delle liste alternative nelle città di Barcellona e Madrid ci vuole un supplemento di informazione. E di analisi.

I numeri dicono che Podemos può aspirare a governare il paese, ed a cambiarlo, ma non correndo in solitaria

Dopo le elezioni europee del maggio scorso, questo appuntamento elettorale costituiva il primo banco di prova per misurare il potenziale elettorale del “movimento” in vista delle politiche di novembre. I numeri dicono che Podemos può aspirare a governare il paese, ed a cambiarlo, ma non correndo in solitaria. C’è un’evidente differenza, infatti, tra il risultato che il partito ottiene nelle regioni e quello che, insieme ad altre forze e movimenti, attraverso le cosiddette coalizioni di “unidad popular”, consegue nei principali centri del paese.

Il 10–12 per cento che in media Podemos prende da solo alle regionali è molto lontano dal 25 per cento e dal 31 per cento che la “coalizione” si aggiudica rispettivamente a Barcellona ed a Madrid, per intenderci. Ma il discorso vale anche per altri centri, come La Coruna, Cadice e Saragozza, dove le percentuali oscillano tra il 25 ed il 30 per cento. Insomma, nel voto regionale Podemos si piazza ovunque terzo, dopo il Partido popular e il Psoe, mentre nelle grandi città quest’ultimi sono generalmente surclassati dal blocco di “unidad popular”.

Parlare solo di Podemos, a proposito dei cambiamenti politici che attraversano la Spagna, e dei risultati delle elezioni del 24 maggio, è sbagliato e fuorviante

Ecco perché parlare semplicemente di Podemos, a proposito dei cambiamenti politici che attraversano la Spagna, e dei risultati delle elezioni del 24 maggio, è sbagliato e fuorviante. Il movimento degli Indignados è stato un laboratorio di esperienze politiche e di pratiche sociali che non si esauriscono nell’esperimento di Podemos.

Negli ultimi anni la Spagna ha conosciuto, sopratutto a livello metropolitano, un fiorire di movimenti dal basso, di nuove esperienze di cittadinanza attiva, che hanno innovato le forme della partecipazione politica e dato un impulso nuovo alla lotta per i diritti e per il rinnovamento del paese. Per certi versi, queste esperienze costituiscono il lascito più genuino del movimento degli Indignados, perchéne interpretano maggiormente lo spirito anti-sistema, la carica dirompente verso i partiti e la politica tradizionale. E ad essesi deve in gran parte il successo, clamoroso, delle liste alternative a Barcellona, a Madrid ed in altri centri importanti del paese.

Ganemos e Podemos hanno in comune la stessa lettura della crisi, lo stesso giudizio sulla classe politica che da decenni si alterna alla guida del paese

Semplificando, parliamo dei “Ganemos” (dal verbo ganar, vincere), assemblee di cittadini (Asambleas de ciudadanos), organizzate per quartieri e rioni (barrios), anch’esse figlie delle grandi mobilitazioni sociali degli anni scorsi contro l’austerità, che nelle città raggruppano singoli cittadini e movimenti sociali, collettivi, associazioni culturali. Con Podemos hanno in comune la stessa lettura della crisi, lo stesso giudizio sulla classe politica che da decenni si alterna alla guida del paese. Cosa li divide? La dimensione e le modalità dell’agire politico. Se Podemos ha come teatro della sua azione politica la dimensione nazionale e privilegia molto il rapporto con i media, i Ganemos si distinguono per il lavoro politico e sociale che svolgono a livello locale, metropolitano, strettamente a contatto con la società ed i suoi problemi.

Podemos ha una dimensione nazionale e privilegia il rapporto con i media, i Ganemos si distinguono per il lavoro politico e sociale che svolgono a livello locale

In questo quadro si inserisce il “laboratorio” Barcellona. Qui la vittoria se l’è aggiudicata la coalizione guidata da una figura simbolo delle lotte per la casa: Ada Colau, classe 1974, coautrice del libro Vidas Hipotecadas ed ex portavoce della Plataforma de Afectados por la Hipoteca (Pah), associazione nata sull’onda della crisi immobiliare del 2008, distintasi in questi anni per azioni di disobbedienza civile e resistenza passiva contro gli sfratti.

Il raggruppamento che la candidava, oltre a Podemos ed al Ganemos (“Guaynem”, in Catalano) locale “Barcelona En Comù”, comprendeva anche altre forze politiche come ICV (Iniciativa per Catalunya Verds), i verdi catalani, e Izquierda Unida. È bene ricordare comunque che il “Guanyem Barcelona”, nasce prima delle elezioni europee, con l’obiettivo di creare uno schieramento largo, di partiti e movimenti, in vista delle elezioni amministrative. Podemos, in quel frangente, ancora era un progetto in embrione. E infatti la sua adesione al cartello che candiderà Ada Colau alla carica di sindaco avverrà molto più tardi, dopo aver scartato l’ipotesi di presentarsi autonomamente a livello comunale. Stessa storia, grosso modo, a Madrid, dove la coalizione “Ahora Madrid” ha candidato, con successo, Manuela Carmena, giuslavorista, ex giudice che in questi anni ha legato il suo nome alle lotte per la riforma della magistratura e della polizia, per i diritti dei lavoratori.

Sarà possibile replicare su scala nazionale, alle prossime elezioni di novembre, lo schema che è stato collaudato nelle grandi città? Non sarà facile. Ma è una strada obbligata, se si mira al governo del paese.

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