Nel corso degli anni Novanta, le autorità portoghesi si trovarono a dover affrontare il problema del consumo di droga, in particolare eroina. João Goulão, oggi a capo del Sicad, l’ente governativo portoghese per le tossicodipendenze, ha raccontato che le droghe arrivarono in Portogallo in quantità massicce dopo la fine della dittatura, nel 1974.
Da un lato, erano uno dei simboli della ritrovata libertà; dall’altro, la gioventù portoghese aveva molta poca esperienza nel campo, e l’arrivo dell’eroina in grandi quantità e a basso prezzo dal Pakistan e dall’Afghanistan, negli anni Ottanta, portò a una diffusione molto rapida anche rispetto agli altri Paesi europei.
Le droghe diventarono presto un problema di scala nazionale. Intorno al 1995, il numero dei tossicodipendenti in Portogallo era stimato intorno a 100 mila persone, su una popolazione di dieci milioni. L’approccio delle autorità portoghesi era tipicamente repressivo: il possesso e l’uso di droga poteva portare all’arresto e a sentenze carcerarie. Il governo promuoveva spot sulla Tv nazionale che avevano il chiaro fine di spaventare lo spettatore, paragonando la dipendenza alla malattia mentale e mostrandola come una via sicura verso il crimine.
Ma la questione delle dipendenze stava assumendo le dimensioni di un’emergenza e le misure di polizia non sembravano in grado di arginarlo, come dimostravano in modo drammatico i quartieri dove il consumo di droga era endemico. Il più famoso era ai margini della zona di Lisbona chiamata Casal Ventoso, da cui i media mostravano periodicamente immagini di persone che facevano uso di eroina in strada – e di tanto in tanto vi morivano. Era chiaro che bisognasse fare qualcosa.
Fu istituita una commissione di undici esperti, incluso Goulão, allora direttore di una clinica nell’Algarve, per studiare il fenomeno. Nel 1998, questa concluse che il modo migliore per ridurre l’impatto sociale ed economico del problema stesse nella decriminalizzazione del possesso e del consumo di droga (venne considerata anche la legalizzazione, ma non era possibile a causa di diversi trattati internazionali).
Il principio era semplice: non trattare più chi faceva uso di droga come un criminale. Il governo del socialdemocratico António Guterres approvò le considerazioni della commissione e avviò il processo legale per metterle in pratica.
Il principio era semplice: non trattare più chi faceva uso di droga come un criminale
Il 1° luglio 2001 entrò in vigore in Portogallo una legge che da allora decriminalizza tutte le droghe, dalla cannabis fino a cocaina ed eroina. Il possesso per uso personale e il consumo restano illegali, ma non costituiscono reato. Sono invece illeciti amministrativi, mentre il traffico di droga continua a essere un’attività criminale.
Gli oppositori alla legge – approvata nell’ottobre precedente dal parlamento – avevano dipinto scenari apocalittici. Paulo Portas, leader del Partito Popolare di orientamento conservatore, disse: «Ci saranno aerei pieni di studenti diretti in Portogallo per fumare marijuana e prendere ben di peggio, sapendo che non li metteremo in galera. Promettiamo sole, mare e qualsiasi droga preferiate». La legge passò grazie alla maggioranza parlamentare del governo di centrosinistra.
Nessuno tra i maggiori partiti portoghesi chiede oggi che, sulla decriminalizzazione, si torni indietro
A distanza di anni, nessuna forza politica – eccetto qualche movimento di estrema destra – chiede che si torni indietro (Portas attualmente è vice-primo ministro in un governo conservatore). Il motivo è molto semplice: dati alla mano, il nuovo approccio sembra aver funzionato bene, anche se intorno ad esso si è sviluppato un certo dibattito.
Il successo, ad ogni modo, sembra evidente non tanto per quanto riguarda il numero di quanti fanno uso di droghe, ma soprattutto a proposito del numero di malattie sessualmente trasmissibili, delle morti legate alla droga e di quanti hanno accesso e ricorrono a trattamenti per la cura dalle dipendenze.
Come funziona la legge portoghese
Il Portogallo rimane l’unico Paese dell’Unione Europea con una legge che decriminalizza esplicitamente tutte le droghe. Il cambiamento centrale riguarda il modo in cui viene trattato l’uso e il consumo: invece di essere considerato un reato da trattare in tribunale e che può portare a condanne al carcere, lo si tratta come un illecito amministrativo – diciamo come parcheggiare in divieto di sosta – rimuovendolo completamente dall’ambito penale. Cosa che non fa, invece, l’approccio della cosiddetta “depenalizzazione”, comune in molti altri Paesi europei, che si limita ad escludere la possibilità di condanne al carcere ma mantiene strumenti punitivi tipici dei reati.
Le Commissioni hanno l’obbiettivo principale di individuare un percorso riabilitativo e l’eventuale bisogno di assistenza medica
Con la nuova legge, chi viene trovato in possesso di droghe in quantità considerate dalla legge “per uso personale” deve comparire entro tre giorni davanti alla locale Commissione per la dissuasione dalle dipendenze dalla droga. Le quantità, pari al consumo medio individuale per dieci giorni, sono circa un grammo di eroina, due di cocaina e 25 grammi di marijuana o cinque di hashish. Niente più impronte digitali, registrazione da parte della polizia, udienze davanti a un giudice.
Istituite con la legge del 2001 e composta da un medico, un assistente sociale e da un avvocato, le Commissioni hanno l’obbiettivo principale di individuare un percorso riabilitativo e l’eventuale bisogno di assistenza medica. Sono l’unico ente che può valutare i casi di detenzione e consumo di droga ed eventualmente comminare sanzioni.
Le multe infatti sono ancora possibili, ma di fatto solo come ultima istanza, nel caso di consumatori abituali: di fatto, vengono comminate più o meno nel 15 per cento dei casi. In tre quarti dei casi, la commissione reputa la situazione non a rischio e si limita a un ammonimento verbale, con cancellazione della vicenda nell’arco di pochi mesi se non ci sono recidive.
Chi compare davanti alla commissione si impegna di solito a sostenere qualche tipo di percorso di cura, anche se non è legalmente obbligato a seguirlo. Come ha scritto un rapporto del 2009 del Cato Institute statunitense, «ogni passaggio del processo è strutturato in modo da togliere enfasi o eliminare ogni nozione di “colpa” dall’uso di droga ed enfatizzare invece i suoi aspetti sanitari e di trattamento».
Questo approccio porta chi fa uso di droga ad avere molto meno timore nel rivolgersi alle strutture pubbliche che offrono assistenza sanitaria: prima della decriminalizzazione, molti avevano paura ad accettarne l’aiuto temendo l’arresto o l’apertura di procedimenti legali contro di loro.
Nel 1998, il numero di persone che comparvero davanti a un tribunale per il semplice uso di droga fu più o meno pari a quello delle persone accusate di spaccio (circa 2.500). Quello stesso anno, il 60 per cento degli arresti connessi alla droga era per uso o possesso, piuttosto che per vendita o detenzione ai fini di spaccio. La condanna sociale che si accompagnava a un processo per droga era altissima e impediva, in concreto, che molti cercassero l’aiuto delle strutture sanitarie.
Gli effetti della legge
Dopo la decriminalizzazione delle droghe il Portogallo ha ottenuto diversi risultati notevoli, anche se in qualche misura controversi. Tra il 2001 e il 2006, l’uso di droga tra i giovani di età tra i 13 e i 18 anni è calato per quasi tutte le sostanze considerate. I dati di una nuova ricerca nazionale riferiti al 2012 hanno dimostrato che il trend è proseguito anche negli anni successivi.
L’uso di sostanze da parte dei portoghesi rimane al di sotto della media europea, anche se, al di fuori della fascia anagrafica considerata – quella spesso considerata più a rischio – ci sono stati aumenti in percentuale per gran parte delle sostanze e dei gruppi anagrafici.
C’è stato parecchio dibattito intorno a questi numeri, con i sostenitori e gli oppositori della legge che hanno dipinto i suoi risultati come «un clamoroso successo» o «un disastroso fallimento». In una rassegna delle posizioni contrarie pubblicata nel 2012 sulla Drug and Alcohol Review, due studiosi hanno concluso che per quanto riguarda il consumo di droga c’è stato comunque «un beneficio netto positivo per la comunità portoghese».
Ma più importante è notare che i servizi per il sostegno sanitario legato alle droghe sono migliorati rapidamente in termini di risorse e di persone che vi hanno fatto ricorso. Molte risorse sono state liberate grazie al fatto che meno persone comparivano davanti ai tribunali o venivano incarcerate e i servizi di assistenza sono l’ambito in cui gli effetti positivi dell’approccio portoghese si sono fatti più visibili.
È importante precisare che gli eventuali benefici della decriminalizzazione non si possono slegare dalle iniziative di sanità pubblica e dai maggiori investimenti in strutture e programmi di sostegno che hanno accompagnato l’introduzione della legge del 2001.
Tra il 1999 e il 2003, il numero di portoghesi in terapia sostitutiva passò da poco più di seimila a quasi quindicimila, grazie anche a un nuovo programma nazionale per la distribuzione di metadone. La percentuale di persone in carcere per reati connessi alla droga è calata dal 44 per cento nel 1999 al 24 per cento nel 2013 – mentre la quantità di sostanze sequestrate dalle autorità è leggermente aumentata, segno del fatto che il contrasto al traffico di droga è rimasto simile prima e dopo la decriminalizzazione (il Portogallo è uno dei due principali punti di accesso per la cocaina in Europa).
Nel frattempo, sono diminuiti i nuovi casi di Hiv e Aids, grazie anche a campagne di sensibilizzazione e a programmi per la distribuzione di siringhe sterili.
Nel 1999, il Portogallo aveva la percentuale più alta d’Europa di casi di Hiv tra tossicodipendenti che facevano uso di droghe per via venosa. Il numero di nuovi casi di Hiv connessi alla droga è calato del 17 per cento tra il 1999 e il 2003, ed è diminuito in numeri assoluti da 1575 nel 2000 a solo 78 nel 2013, secondo i dati del Sicad portoghese. Nello stesso periodo, i nuovi casi di Aids sono passati da 626 a 74. Le morti legate all’uso di eroina, in aumento costante dalla fine degli anni Ottanta, sono scese da 281 nel 2000 a 133 nel 2006 e a 16 nel 2012.
Oggi il dibattito intorno alle soluzioni migliori per contrastare l’abuso di sostanze stupefacenti ha ricevuto un nuovo stimolo dalla legalizzazione della marijuana in diversi stati americani: ma non si può evitare di notare che da noi poco o nulla si muove, nonostante la bocciatura della Fini-Giovanardi più di un anno fa. Il caso del Portogallo dimostra che un approccio alle droghe centrato sulla cosiddetta riduzione del danno – che non considera l’utilizzatore un criminale e che si concentra sul rendere disponibile assistenza, se desidera utilizzarla – produce risultati concreti.