Uno dei personaggi più simbolici del ’900, della rivoluzione armata, del sogno del comunismo. Ernesto Che Guevara, medico argentino tramutato in guerrigliero, a 87 anni dalla sua nascita, rimane un’incona mondiale, che guida la rabbia delle giovani generazioni su bandiere e magliette.
È anche l’emblema del ribelle inglobato dal sistema, che lo ha trasformato in un brand, il marchio “del vero rivoluzionario”. Chiacchierato, discusso, de-mitizzato. La sconfitta del Che, dopo la Bolivia, sembra destinata a non finire. L’ultima, in ordine di tempo, è l’idea del sito Go Andes, che utilizza la storia dei suoi viaggi per il Sud America (dove, secondo i suoi resoconti, si forma la sua coscienza di classe e il senso della necessità della rivoluzione) per promuovere quei luoghi per le vacanze degli occidentali/capitalisti/in crisi di idee.
Insomma, dopo la guerriglia fallita, la quasi-fine del comunismo a Cuba, la stampa delle magliette di pseudo-ribelli ecco la pubblicità turistica. È il destino di un’icona, in un mondo, questo, dove ha vinto il capitalismo. Per ora.