Viva la FifaChi è Cristiano Giuntoli, il rivoluzionario che cambierà il calcio italiano

Chi è Cristiano Giuntoli, il rivoluzionario che cambierà il calcio italiano

Questa storia comincia con due giocatori che fanno su e giù tra dilettanti e terza serie. Quel sottobosco nel quale spesso e volentieri finisci intricato per sempre e dal quale solo qualche volta emergi verso stadi più nobili. Mehdi Kabine è un calciatore marocchino del 1984, che ha costruito la propria carriera tra Eccellenza, Serie D e C. San Polo Gemeaz, Belluno, Arzachena, Manzanese, Sacilese, Pro Sesto. La grande occasione arriva quando, nel 2010/11, segna 10 gol in 30 gare con la Sacilese. Il Carpi, che fa la C1, lo prende. Le cose non vanno subito bene: tre gol in 19 gare al primo anno, che ripeterà nel secondo. Ma nel 2012/13, sono gol molto più pesanti.

Il Carpi arriva fino alla finale playoff per andare in Serie B. Di fronte nella doppia sfida c’è il Lecce, nobile decaduta. In porta i salentini hanno Massimilano Benassi, che in carriera ha giocato partite di altro livello. Kabine lo infilerà due volte, tra andata e ritorno: il Carpi è per la prima volta tra i cadetti. Un marocchino diventa eroe in mezzo alla Pianura Padana. Ma a fine anno, il suo contratto non viene rinnovato. Secondo il direttore sportivo dei biancorossi, Cristiano Giuntoli, il giocatore non viene giudicato adatto alla categoria che la squadra sta per affrontare.

Alla Governolese, in Promozione, la coppia gol è formata da Lasagna e Paldetti. Il primo, in particolare, segna raffiche di gol e non ci vuole molto perché Kevin (anche i nomi aiutano a farsi notare) cominci a farsi strada, mentre Paldetti resta a giocare nei campi vicino al Mincio, nella bassa mantovana. Cerea, Este, poi il trasferimento che sembra fatto al Lumezzane, che però preferisce poi puntare sui prestiti dalla Serie A. Cristiano Giuntoli, che nel frattempo lo aveva tenuto d’occhio, lo prende per 75mila euro. Fa subito un assist all’esordio in B contro il Crotone, ma diventa famoso per la doppietta in 16 minuti al Vicenza. Sembra una storia come tante, ma dietro c’è qualcosa di più. Qualcuno in più.

Giuntoli è uno di quei calciatori che una volta finita la carriera si mette a studiare per dare il meglio da dirigente

Cristiano Giuntoli è un uomo di polso. Dicono che la riconoscenza nel calcio non esiste e il concetto è stato applicato anche nel caso di quel piccolo Carpi che sgomitava per diventare grande ma scaricava Kabine. Tutte uguali, le squadre: quando non servi più, devi andare e fare posto. Poi magari trovi in giro una pertica di 186 centimetri per 80 chili e lo trasformi da bomber anonimo ad atleta vero. Meno gol, più fisico adatto alla categoria. Io prendo ragazzi gratis dai dilettanti. «Li scelgo grossi e pesanti, oppure piccoli e agili: in un’orchestra servono i tromboni e i violini. Ma soprattutto li scelgo affamati. Chi più della gioventù che gioca nelle serie inferiori può esserlo? La nostra parola d’ordine è sacrificio»: più che una dichiarazione, un manifesto. E mai abbattersi. Nemmeno se a colpirti è la natura. Nel 2012, il Carpi sfiora per la prima volta la B, perdendo la finale playoff contro la Pro Vercelli. Una promozione che sarebbe stata un balsamo, per una zona colpita dal terremoto. La squadra però non riesce nell’impresa, ma nessuno si arrende, nemmeno Giuntoli, rimasto fuori dalla casa presa in affitto.

Qualcuno dice che Giuntoli metta bocca persino su come regolare l’erba del campo di allenamento

Carpi è stata la sua svolta. Buon giocatore tra i Dilettanti, Giuntoli è uno di quei calciatori che una volta finita la carriera si mette a studiare per dare il meglio da dirigente. Frequenta Coverciano e non solo perché è toscano: qui prende il patentino B da allenatore. Si laurea a Firenze, all’Isef. Da qui, ecco l’importanza di parte atletica e alimentazione. Dei calciatori controlla tutto, da come si allenano a cosa e dove mangiano. Qualcuno dice che metta bocca persino su come regolare l’erba del campo di allenamento. Se però chiedi in giro chi è Cristiano Giuntoli, tutti ti dicono la stessa cosa: che è uno che gira per i campi, guarda i giocatori, li osserva direttamente e non lavora per sentito dire. E che uno così era destinato a fare carriera.

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MESSAGGIO PROMOZIONALE

«Dove vogliamo arrivare? L’obiettivo di partenza era la salvezza, ora, però, non poniamo limiti alla provvidenza». Col cavolo, la provvidenza c’entra poco. Come ricorda il libro La Grande storia del Carpi. 1903-2013 dal prato del mercato alla Serie B, è nel 2012 che scatta l’intuizione giusta. All’Inter arriva Stramaccioni, che come spesso accade porta con sé il proprio staff. Tra quelli che restano senza squadra c’è Andrea Nuti, preparatore atletico che ha lavorato con José Mourinho nella mitica stagione del Triplete. Nuti è anche ex quattrocentista olimpionico: diciamo che del suo lavoro ne sa. Giuntoli lo convince a scendere di due categorie, per preparare la sua squadra a reggere carichi di lavoro più pesanti. A Carpi c’è l’ambiente giusto per lavorare. La squadra è fallita ed è stata rifondata nel 2000, grazie all’intervento di alcuni imprenditori locali.

In questo pezzo di Emilia a tirare l’economia ci sono le maglierie e una di queste è in mano a Stefano Bonacini: se almeno una volta avete indossato un capo marchiato Gaudì, lo ha fatto lui. Bonacini è uno che si è fatto da solo. A 22 anni, dopo aver fatto l’operaio con turni di notte, si mise a vendere campionari di maglie in giro con la sua auto, che in poco tempo divenne una Mercedes bianca. Poi le provvigioni calarono, così si mise in proprio e ripartì da un vecchio furgone postale per fare le prime consegne. Una cultura del lavoro trasmessa al club e sposata in pieno da Giuntoli e quindi da Nuti. Il primo gli trova i talenti, il secondo li prepara. Lasagna è solo l’ultimo esempio: prima di lui ci sono Riccardo Gagliolo, che prima di arrivare voleva smettere, o Jerry Mbakogu, preso a parametro zero dal fallimento del Padova.

Così arriva la promozione in A, con 2,5 milioni di euro di budget per gli stipendi dell’intera rosa, altro che provvidenza. Da qui, il salto a Napoli. Altro ambiente potenzialmente giusto. Dal presidente che ha sempre dimostrato voglia di investire al tecnico, che come Lasagna e Mbakogu si è fatto le ossa nei campi dei dilettanti. Con Maurizio Sarri, Giuntoli condivide l’attaccamento al lavoro. Più volte l’allenatore che ha salvato l’Empoli alla sua prima stagione in A in carriera ha ricordato la sua provenienza operaia, la stessa di Castori, allenatore della promozione nella massima serie del Carpi.

A Napoli l’obiettivo è quello di modulare il lavoro fatto negli anni in provincia in un ambiente che negli anni recenti ha vinti due coppe Italia e che vuole diventare stabilmente grande. Ma che nelle ultime due stagioni ha fatto il passo più lungo della gamba. La presenza in panchina di uno come Rafa Benitez ha permesso al club di prendere gente importante come Reina, Callejon e Higuain, ma i risultati sono in pratica stati identici a quelli di Mazzarri, con una sola Supercoppa italiana in più vinta ma senza un secondo posto in campionato e gli ottavi di Champions.

A Napoli hanno programmato le cose in maniera diversa. Prima, bisogna stabilizzarsi in Italia, e poi si punta all’Europa. Giuntoli ci ha già messo del suo, portando a Castelvolturno tre pilastri del suo lavoro. Il primo: contratto annuale all’allenatore. Si lavora di anno in anno, la conferma va meritata sul campo. Secondo: solo giocatori che hanno fame. Il paradigma ha la faccia e i piedi di Mirko Valdifiori, una vita da mediano nelle serie inferiori prima del doppio azzurro di Empoli e Nazionale. Terzo: gli uomini fidati. A Napoli lo staff prevede un collaboratore tecnico come Giandomenico Costi, che nel 2009, da dirigente del Carpi, lo aveva chiamato nello staff.

E poi la maniacalità nel lavoro, certo. Negli ultimi giorni, sul campo del ritiro estivo di Dimaro, si è visto volare spesso un drone. Nessuna spia avversaria: serve a Sarri per vedere meglio i movimenti della squadra dall’alto. «Nel calcio si può perdere, ma allora si parlerà di non-vittoria. La parola sconfitta non deve fare parte del nostro vocabolario». Da Carpi a Napoli, Giuntoli è pronto a rivoluzionare il nostro calcio. Che ne ha tanto bisogno. 

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